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Africa. La guerra nel Tigrai ora diventa emergenza umanitaria

Paolo Lambruschi lunedì 16 novembre 2020

Un uomo sistema un cartellone ad Addis Abeba, durante una donazione di sangue di massa per sostenere le truppe che combattono nel Tigrai

Si intensificano gli scontri in Etiopia e si aggrava la crisi umanitaria nel 13esimo giorno del conflitto tra governo federale e quello regionale del Tigrai. Che sabato scorso si è internazionalizzato con tre razzi sparati sulla capitale dell'Eritrea, Asmara, dai tigrini Intanto sono 25 mila profughi già fuggiti dal Nord dell'Etiopia in Sudan, 5.000 solo ieri.

Nel blackout informativo che rende impossibile verificare le notizie, ieri Addis Abeba ha rivendicato la conquista della città di Alamata, 120 km a sud del capoluogo tigrino Macallé. Sulla quale secondo Il Tplf ci sarebbe stato ieri mattina un bombardamento condotto da droni.

Tace invece il regime eritreo dopo il bombardamento subito sabato sera dall'Asmara. Parla invece Desbele Mehari, che vive da molti anni a Milano ed è uno dei responsabili del movimento dell'opposizione alla dittatura Yakl (basta), che ha fonti in loco.

"Il bombardamento di sabato - spiega Desbele - ha provocato almeno due feriti. Inoltre il Tplf ha colpito anche i villaggi eritrei del sud di Senafe, Dibdib e Smejana dai quali la gente è fuggita nelle grotte in montagna. Secondo il Tplf si tratta di una risposta perché aerei e droni che hanno bombardato il Tigrai sono partiti da Assab e Massaua mentre l'aeroporto di Humera è stato colpito con armi pesanti dall'Eritrea. Inoltre diverse testimonianze descrivono il passaggio di truppe etiopi su camion e bus partiti da Massaua verso il Tigrai. Crediamo che l'attacco sia stato preparato da tempo dal premier Abiy con il dittatore Isayas Afewerki".


A nord l'Eritrea, a sud l'Etiopia. Contornata in rosso, la regione etiope del Tigrai - Google maps

Nell'area tratteggiata in rosso, la regione etiope del Tigrai

Il Ministero degli Esteri eritreo ha sempre smentito. Confermato invece l'aggravamento della crisi umanitaria nella regione settentrionale dell'Etiopia. "Dei 25 mila profughi passati in Sudan nei tre varchi di frontiera di Hamdayet, Lugdi e Abdarafi - spiega il sacerdote eritreo don Mosè Zerai che chiede uno status speciale per i suoi connazionali esuli in Tigrai -, almeno il 30% sono eritrei scappati dai 4 campi profughi nel Tigrai, che ne accoglievano circa 100 mila. La metà di questi sono minori non accompagnati che molto probabilmente proseguiranno la fuga verso la Libia in balia dei trafficanti di esseri umani.

"Proseguono anche le pressioni internazionali su Abiy Ahmed, che ha destituito il governo regionale tigrino emettendo mandati di cattura per i leader del Tplf, per una soluzione diplomatica che eviti la destabilizzazione del Corno d'Africa.

Ieri il presidente ugandese Museveni ha incontrato il governo etiope pare senza esito. In Italia il presidente della Commissione Esteri del Senato Fassino ha chiesto l'intervento dell'Ue e dell'Italia con l'invio di aiuti umanitari ai civili. Gli ha fatto eco l'ex viceministro degli Esteri Mario Giro, membro della Comunità di Sant'Egidio.