Centrafrica. Apre a Bangui il centro per bambini malnutriti voluto da papa Francesco
Apre a Bangui un centro per bambini malnutriti voluto dal Papa
Un miracolo nel cuore dell’Africa, un segno di misericordia e di pace voluto dal Papa a Bangui, capitale del Centrafrica che chiude un cammino di poco più di 3 anni e può ridare speranza a un popolo. Ieri mattina è stato inaugurato e ampliato con il sostegno fondamentale del Bambino Gesù l’unico ospedale pediatrico centrafricano. Una struttura bella, moderna ed efficiente che diventerà centro di ricerca grazie alla formazione curata dal policlinico Vaticano.
Il complesso è diviso in due. L’ala dedicata alla lotta alla malnutrizione gestita da Action contro la fame ha 80 posti letto. Quello per le altre malattie pediatriche, dallo scorso luglio gestito da Cuamm medici nel mondo, ne conta una novantina. La mortalità dei bambini sotto i 5 anni nel paese più povero dell’Africa è del 17% e sotto il 1° anno di vita è dell’11%; la percentuale di bambini che soffre di insufficienza ponderale è del 28,3%. Ogni anno la struttura cura 70mila bambini in urgenza di cui 17mila vengono ammessi per continuare le cure mediche e chirurgiche.
Il videomessaggio di papa Francesco per l'inaugurazione del nuovo ospedale
Il 29 novembre 2015 Francesco aveva voluto iniziare il Giubileo della misericordia nel Centrafrica, devastato da una guerra civile tra fazioni che controllano le riserve di diamanti, oro, uranio, petrolio e legno pregiato e che lo scorso 6 febbraio hanno siglato l’ennesimo accordo di pace a Khartoum.
Ma prima di entrare in cattedrale, Francesco aveva voluto visitare l’ospedale pediatrico, un lazzaretto dove tra rigagnoli di acqua fetida, topi e famiglie accampate venivano ricoverati i bambini di Bangui fiaccati dalla malnutrizione e colpiti da forme di malaria letali. Il Papa, commosso dalla sofferenza dei piccoli, decise di ricostruire l’ospedale semidistrutto dal conflitto e affidò l’incarico ai vertici del Bambino Gesù. Ieri mattina il complesso è stato inaugurato alla presenza del presidente della Repubblica Centrafricana Touadéra, delle autorità locali, del cardinale Krajewski, elemosiniere del Santo Padre, del nunzio apostolico De Wit Guzman, grande facilitatore del progetto e di Mariella Enoc, presidente del Bambino Gesù e del presidente del Cuamm don Dante Carraro.
«Quello in Centrafrica era un viaggio difficile – ricorda il comandante della gendarmeria vaticana Domenico Giani, l’uomo che cura la sicurezza del Papa – e qualche governo non voleva che il Papa venisse. Ma lui era deciso». «Il paese – aggiunge il nunzio del tempo monsignor Franco Coppola, oggi a Città del Messico – era scosso dal conflitto tra le fazioni, il governo non aveva forze armate. La missione Onu, la Minusca, non poteva proteggere il Papa. Fu l’allora segretario Ban Ki Mun a mandare la sua scorta e le auto, una delle quali fu usata come Papa mobile».
Era stato il direttore del complesso pediatrico professor Gaudi, che si trovava ad affrontare emergenze quotidiane a chiedere alla nunziatura di portare il Papa dai piccoli. L’infermiera italiana Ombretta Pasotti, allora con Emergency e oggi con il Bambino Gesù, sostenne la richiesta sperando fino all'ultimo che il Papa venisse. «Quando è arrivato eravamo emozionati. Ha fatto impazzire di gioia i bambini e le mamme, ha voluto salutarli tutti». Ed è rimasto colpito quando Ombretta gli disse che molti di loro, affetti da denutrizione e malaria severa, non sarebbero sopravvissuti. Ancora oggi, ha detto Francesco nel videomessaggio trasmesso per l’inaugurazione, al dolore dei piccoli «non trovo spiegazione. Solo guardo il Crocefisso e invoco l’amore misericordioso del Padre».
«La visita – racconta il nunzio Coppola – fu uno spartiacque per il paese. Il Papa ha incontrato le due fazioni in lotta e ha ottenuto una tregua di 7 mesi. È andato al “chilometro 5”, il quartiere islamico assediato, con l’imam e ha salutato la popolazione accolto da un tifo da stadio. Inoltre è stato il primo leader mondiale a fermarsi a dormire a Bangui. La gente quella notte ha dormito in strada vicino alla nunziatura per proteggerlo. È tornata a sentirsi centrafricana».
In due anni Mariella Enoc ha seguito il cantiere con 14 viaggi, spesso nei fine settimana per non togliere tempo a Roma. «Dopo la visita mi chiamò il Papa – rammenta la presidente del Bambino Gesù – e mi affidò l’incarico di rifarlo. Aveva visto due bambini condividere una bombola ad ossigeno ed era sconvolto. Mi diede 3 milioni di euro, parte dei quali da destinare agli sfollati nelle parrocchie e nel seminario. Altri 750mila li ha messi a disposizione la gendarmeria vaticana, - la metà del ricavato dal concerto di beneficenza in Vaticano di Claudio Baglioni, l’altra metà è andata ai terremotati italiani - un milione la parrocchia San Martino di Novara che aveva ricevuto una eredità mentre il Bambino Gesù si è accollato i costi della formazione e gli stipendi del personale sanitario».
L’esperienza ha consigliato di coinvolgere la manodopera locale con una gara di appalto e incaricando un architetto locale, con la sovrintendenza dell’architetto Marta Brancaleoni di realizzare il progetto. Per il cardinale Konrad Krajewski l’ospedale è un gesto di misericordia che può cambiare il corso degli eventi. «Il Papa non è mai partito con il cuore da qui. Quando siamo uniti facciamo grandi cose». Mariella Enoc è stata nominata commendatore della Repubblica centrafricana, Pasotti e Brancaleone ufficiali. È una vittoria anche delle donne.
Ora il Bambino Gesù cerca una nuova area per un altro ospedale.