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Il voto. Spagna senza una maggioranza L'esempio greco faccia riflettere

Giorgio Ferrari lunedì 21 dicembre 2015
122 seggi non danno la maggioranza. La Spagna celebra la morte del bipartitismo perfetto e scivola nella “sindrome italiana”, ovvero dei governi di coalizione. E comunque lo si rigiri, quello che il premier uscente Rajoy (perché è verosimilmente a lui che il giovane re Felipe VI riassegnerà l’incarico di formare il nuovo governo) dovrà affrontare è un notevole rebus politico ed una sorpresa amara per un Paese abituato da sempre a solide maggioranze.La frustata di Podemos invece ha azzoppato sia il Psoe sia il Partido Popular, costringendoli a una mesta quanto obbligata riflessione: che cosa non hanno capito della Spagna, che cosa hanno trascurato, quali segnali non hanno intercettato, quali passi non hanno compiuto per arginare quella che stando alle cifre è una vera e propria débâcle sia per Pedro Sanchez (che perde 20 deputati) sia per il leader del Pp (che ne perde 91 insieme alla maggioranza assoluta)?La risposta sta – in parte – nel successo di Ciudadanos, la formazione guidata dal giovane Albert Rivera (che tuttavia è crollato nelle ultime settimane dopo che lo si dava addirittura come secondo partito) e soprattutto negli ex Indignados di Pablo Iglesias, che mettono a segno un bottino di 69 deputati (stravincendo nei Paesi Baschi e in Catalogna) e solo per un soffio non hanno compiuto il temutissimo sorpasso ai danni del Psoe.Il “nuovo”, fatto spesso di sogni e di derive tra il populista e il radicale, ha fatto da grimaldello. Sia Iglesias sia Rivera sono ben determinati a cambiare la Spagna e a rottamare la vecchia politica, i vecchi partiti, i vecchi apparati. Un po’ come ha fatto Syriza in Grecia, affossando sia Nea Demokratia sia il Pasok.I FATTI Allenze difficili e rebus governo E proprio l’esempio greco deve far riflettere: la breve stagione barricadiera di Alexis Tsipras ha finito per condurre a una avvilente remissione del Paese senza che quasi nessuno dei proclami e dei progetti sia andato a buon fine. Che cosa sarà dunque della Spagna, che per la prima volta dalla fine della dittatura franchista si trova di fronte a un quesito totalmente inedito?Quando la polvere di stelle e quella gloria si saranno depositate e a gennaio Rajoy proverà ad assemblare “un governo stabile” si troverà di fronte a un rompicapo. Le alleanze possibili prefigurate fino alla vigilia infatti non sono percorribili: per arrivare alla soglia fatidica dei 176 deputati infatti non basta l’alleanza Pp-Ciudadanos, come non basta al Psoe l’alleanza con Podemos. Allo stesso modo fa tremare i polsi l’eventualità di un cartello che comprenda i piccoli partiti perché finirebbe per portare a un gabinetto di tipo israeliano, dove le minuscole formazioni ultra-religiose condizionano da sempre le maggioranze di destra e nel caso spagnolo l'appoggio di deputati dei partiti nazionalisti, catalani o baschi, con tutti i rischi, i ricatti e le tensioni che facilmenti si immaginano.Nemmeno i partiti anti-casta, Podemos e Ciudadanos, hanno i numeri necessari per formare un’alleanza di governo. Resta un’opzione, quella paradossalmente più verosimile e al tempo stesso più rassicurante per gran parte dell’elettorato spagnolo: quella di una Grosse Koalition Partido Popular-Psoe su modello tedesco (la stessa che il cancelliere Merkel ha tenuto insieme governando insieme alla Spd).