Settimana sociale. Lo sviluppo (e il lavoro) che vogliamo in 7 proposte sostenibili
Foto Siciliani
La Settimana sociale dei cattolici dedicata a "Il lavoro che vogliamo" chiude i battenti con un importante risultato interno e con la consapevolezza di aver seminato una serie di proposte operative che possono dare frutto per far crescere l’occupazione e rendere sempre più degno il lavoro.
Il presidente della Cei Gualtiero Bassetti lo ha detto concludendo, domenica 29 ottobre, la fase di dibattito a Cagliari: «Ritorniamo a casa sentendo la responsabilità di dover dare corpo ad alcune iniziative concrete, alle quali qui abbiamo dato un nome, ma che ora attendono di essere concretizzate, in un cantiere nel quale siamo chiamati a spenderci con convinzione».
Le proposte operative sono quelle illustrate durante il dibattito: 4 rivolte all’Italia (formazione più legata al lavoro; revisione aliquote Iva; Pir per le piccole imprese e riforma degli appalti) e 3 indirizzate all’Europa (inserimento dell’occupazione nello Statuto della Bce; armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali interni; investimenti infrastrutturali e produttivi). Su queste, al di là delle risposte più o meno positive arrivate nell’immediato dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e dal presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani, si potrà misurare l’ascolto da parte delle forze politiche nei programmi delle prossime elezioni.
Quel che invece è certamente cambiato è l’atteggiamento della Chiesa italiana nell’approccio ai problemi. Dall’organizzazione della Settimana a Cagliari è emerso un metodo che è quello di non fermarsi alla denuncia dei disagi ma di ascoltare tutti gli attori, raccogliere le buone pratiche che ci sono nei territori e ripartire da queste per fare proposte concrete. Un metodo che il presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro, monsignor Filippo Santoro, vuole sia applicato «in ogni diocesi, in cui si strutturi organicamente un gruppo di collegamento tra cattolici impegnati in politica, stimolato e animato dall’iniziativa degli Uffici e delle Commissioni per i problemi sociali, del lavoro, giustizia, pace e custodia del creato, riprendendo le proposte di questa Settimana». Un collegamento, tra l’altro, da cui «possono nascere anche nuove leadership».
Il tentativo è quello di raccordare, di collegare strettamente l’ascolto dei bisogni delle persone (e dei «poveri in particolare») che la Chiesa già fa, con l’operatività dei decisori politici, passando però attraverso il coordinamento con imprese, sindacati e quanti fanno nascere dal basso iniziative, a partire quindi da realtà concrete. Schema da replicare pure a livello nazionale, con «la formazione di uno strumento di coordinamento che possa incidere sulla politica nella prospettiva di una conversione culturale e di una rinnovata presenza dei cattolici nella società», ha detto ancora Santoro.
Ascolto, coinvolgimento dei laici e di tutti a prescindere dalle diverse posizioni, ripartenza dalle buone pratiche sul territorio e proposta concreta ai decisori politici, dunque. Ma senza mai dimenticare la propria identità. Il rilancio di questo impegno, la vocazione a prendersi cura dell’uomo e della realtà, per i cattolici avviene soltanto «a partire da quello che è il nostro specifico, che ci fa dire, con le parole dei martiri di Abitene, che "Senza la domenica non possiamo vivere" – ha sottolineato il cardinale Gualtiero Bassetti –. Per noi credenti significa che senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eucaristia, ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere». Ma della domenica, della festa, di un tempo di riposo sincronizzato con quello degli altri «ha bisogno anche la nostra società secolarizzata – ha sottolineato il presidente della Cei –. Ne ha bisogno la vita di ogni uomo, ne hanno bisogno le famiglie per ritrovare tempi e modalità per l’incontro, ne ha bisogno la qualità delle relazioni tra le persone. Del “lavoro che vogliamo” la domenica è parte costitutiva», non amputabile. (Francesco Riccardi)
Le sette proposte operative
Sono in tutto sette le proposte operative che la Settimana Sociale dei cattolici italiani mette dunque sul tappeto della politica. Tutte si iscrivono nella prospettiva di un patto tra le generazioni che non è volto semplicemente a creare lavoro, ma ad assicurare ai giovani un’occupazione "degna" e di "qualità". Perché per i cattolici il "lavoro che vogliamo" non è tutto uguale, come non è indifferente il modello di sviluppo. E non da oggi: «ardua cosa è segnare i precisi confini nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro» scriveva già Leone XIII nel 1891.
La prima, tra quelle indirizzate al governo, punta ad affrontare la questione attraverso un investimento sulla formazione professionale. Scommette sugli Its e tifa per il sistema duale scuola-lavoro. Il premier Gentiloni l’ha accolta, ma ora dovrà esprimersi il Parlamento, in sede di esame della legge di bilancio. Questa richiesta discende da una lettura coraggiosa dei tempi che viviamo: seppur implicitamente, propone di investire meno sull’università e più sulla «filiera formativa professionalizzante». Qualcuno si straccerà le vesti, ma sono in ballo quasi 300mila posti di lavoro che non sono stati assegnati per mancanza di offerta. Meglio un diplomato che lavora di un laureato a spasso.
La seconda proposta è quella di allargare il bouquet dei Piani individuali di risparmio alle imprese non quotate «che rispondano a precise caratteristiche di coerenza ambientale e sociale». Su questo punto, Gentiloni è stato ancor più generoso, perchè la materia è già oggetto di revisione e la richiesta di Cagliari va nella direzione su cui lavora il governo. Al di là di tale convergenza, questa richiesta ci permette di enucleare il vero filo rosso di Cagliari, rappresentato dalla sostenibilità ambientale e dalla condanna del dumping sociale. Non è un omaggio alle mode del momento, ma un’evoluzione della Dottrina Sociale, con un solido fondamento teologico e antropologico.
Non casualmente, ritorna nella terza e nella quarta proposta, laddove si chiede di riformare il Codice dei contratti pubblici e di rimodulare le aliquote Iva per le imprese; nel primo caso «potenziando i criteri di sostenibilità ambientale» e «inserendo tra i criteri reputazionali i parametri di responsabilità sociale, ambientale e fiscale, con certificazione di ente terzo»; nel secondo caso «rispettando criteri ambientali e sociali minimi», anche «per combattere il dumping sociale». Il premier si è mostrato più possibilista sulla prima misura e non solo perché sulla seconda incombe una revisione in sede comunitaria. È evidente, infatti, la portata politica di una riforma tributaria con cui lo Stato – e in prospettiva l’Europa, con clamorose ricadute sui commerci internazionali – si troverebbe impegnato a cambiare il mondo partendo dal portafoglio dei consumatori.
La sostenibilità ambientale e sociale ovviamente caratterizza anche le richieste avanzate al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, il quale le ha accolte con maggiore entusiasmo, anche perché misure come l’armonizzazione fiscale e l’eliminazione dei paradisi fiscali interni all’Ue, l’aumento degli investimenti infrastrutturali e produttivi (anche privati) e l’adeguamento del loro trattamento nelle discipline di bilancio non dipendono solo dall’assemblea di Strasburgo. Per non dire dell’integrazione nello statuto della BCE «del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica», che costituisce la terza proposta di carattere comunitario avanzata dalla Settimana Sociale. (Paolo Viana)