Il documento. Incarichi anche a laici e laiche ai vertici della Curia Romana
Una veduta panoramica della Città del Vaticano
La «potestà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’ordine, ma dalla missione canonica» ricevuta dal Papa con il conferimento dell’ufficio. È in base a questo principio che la Costituzione apostolica Praedicate Evangelium permette l’attribuzione delle cariche apicali nella Curia Romana anche ai laici e alle laiche. Lo ha spiegato il canonista padre Gianfranco Ghirlanda, gesuita, presentando in Sala Stampa vaticana il documento con cui Papa Francesco, sabato, ha ridisegnato la Curia Romana. Un principio in qualche modo “rivoluzionario” e che potrà avere importanti implicazioni nel futuro della vita ecclesiale. Infatti finora l’opinione prevalente e la prassi consolidata postconciliare era quella che vedeva la potestà di governo essere connessa al sacramento dell’Ordine, con la conseguenza che nei ruoli apicali della Curia potevano sedere solo sacerdoti o vescovi, con o senza la dignità cardinalizia.
Così prevedeva la precedente Costituzione apostolica che regolava la Curia, la Pastor Bonus emanata da Giovanni Paolo II nel 1988. Ma, ha argomentato padre Ghirlanda dopo aver riconosciuto che «la questione è molto complessa e divide gli autori », essa «fu dibattuta ripetutamente nel Concilio Vaticano II, ma alla fine questo non l’ha voluta dirimere nel senso dell’origine dal sacramento dell’Ordine». Tanto che in alcune norme canoniche postconciliari, puntualmente riferite da Ghirlanda, viene fatto valere il principio che la potestà di governo deriva dalla missione canonica conferita dal Papa.
Ecco quindi che con la Praedicate Evangelium, ha commentato Andrea Tornielli sui media vaticani, si realizza «pienamente» quanto «è stato stabilito dal Concilio ed è stato già recepito dalle leggi canoniche, dove si riconosce che in forza del battesimo fra tutti i fedeli 'vige una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire'». Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il cardinale Marcello Semeraro, per lungo tempo segretario del Consiglio di cardinali che ha collaborato col Papa nel- la stesura della Costituzione apostolica, e il vescovo Marco Mellino, che gli è succeduto in questo incarico. «Anche la scelta di mettere dei laici a capo di un Dicastero è una scelta dettata dal Concilio », ha ribadito il cardinale, attualmente prefetto della Congregazione delle cause dei santi. «La riforma della Curia non è qualcosa da fare, ma è l’essenza della Chiesa, semper reformanda », ha sottolineato, anche per questo non è da escludere che ci possano essere altre novità anche dopo la pubblicazione della nuova Costituzione apostolica (come d’altronde avvenne con Paolo VI e Giovanni Paolo II). Il presupposto della riforma intrapresa dal Papa fin dall’inizio del pontificato, ha rimarcato Semeraro, è «la necessità di una riforma interiore », che vede i membri della Curia come «discepoli missionari a servizio del popolo di Dio». Per Francesco «riforma è molto più di un qualunque mutamento strutturale».
Si tratta, invece, «di operare in modo che la Chiesa, pur nello scorrere del tempo e nei mutamenti della storia conservi la sua trasparenza nei riguardi del progetto di Dio che la fa esistere e in essa dimora». Questo «vale anche per la Curia». Nel suo intervento monsignor Mellino ha ricostruito la storia del documento. Ha precisato che, dopo un paio di ampie consultazioni, nel giugno 2020 il Consiglio dei cardinali ha consegnato l’ultima bozza al Pontefice. Da quel momento «tutto è stato rimesso alla considerazione del Papa, il quale, fin dal mese di luglio 2020, ha esaminato personalmente gli emendamenti tenendo presente le osservazioni, le indicazioni e le proposte pervenute e compiendo proprie scelte, quale Supremo Legislatore ».
Il risultato di questa elaborazione è stato il testo che nel settembre 2020 è stato sottoposto alla considerazione della Congregazione per la Dottrina della Fede e al Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, «chiedendo di far pervenire in merito un parere complessivo sullo stesso, insieme alle eventuali puntuali e circoscritte osservazioni che sarebbero state ritenute opportune, sia in merito all’aspetto dottrinale che a quello giuridico».
Questi dicasteri hanno provveduto a far pervenire quanto richiesto e il Papa, «avvalendosi del loro competente contributo, è pervenuto alla formulazione definitiva del testo promulgato » sabato. Mellino ha riferito che prossimamente verrà pubblicata l’editio typica del documento, precisando che il riferimento alla «forma straordinaria » del rito romano presente nell’articolo 93 verrà tolto. E ha evidenziato che gli unici due incarichi curiali in cui è espressamente detto che devono essere tenuti da cardinali sono quelli di prefetto della Segnatura apostolica (art. 195) e di Coordinatore del Consiglio per l’economia (art. 206).