Chiesa

Pedofilia: chi e ciò che davvero conta. Il dovere della verità

Salvatore Mazza venerdì 10 febbraio 2012
Ci sono stati costi materiali enormi. Vero. Com’è vero che ci sono state anche, spesso, speculazioni di ogni tipo, anche legali. Alcune odiose. Ma tutto questo conta fino un certo punto. Anzi, ed è stato detto forte e chiaro, conta «nulla». Perché ogni altro evento collaterale sparisce davanti ai casi di abusi sessuali compiuti su minori da parte di personale ecclesiastico. Quello che davvero conta è che, purtroppo, certi abusi sono accaduti. Ferendo la Chiesa nel suo corpo, spesso anche con la negazione della realtà. Ferendo direttamente la sua missione; e poco conta anche la marginalità del dato statistico. Anche un solo caso sarebbe di troppo. È invece sono stati migliaia, negli anni. È accaduto. E non deve più accadere. Mai più.Il simposio che per quattro giorni, alla Università Gregoriana di Roma, ha affrontato a viso aperto lo scandalo degli abusi sessuali, può certamente essere letto in una chiave molto secolare, una sorta di "operazione trasparenza" a sostegno del nuovo corso a "tolleranza zero" che, pur avviato da oltre dieci anni, solo adesso, dopo la ricognizione delle ferite aperte, arriva a concretarsi compiutamente in un disegno globale. E lo stesso fine dichiarato dell’incontro, aiutare le Conferenze episcopali nazionali a delineare le proprie "linee guida" per affrontare il problema, e che ciascuna dovrà preparare entro quest’anno, potrebbe indurre a credere che sia stato solo, o soprattutto, un momento tecnico, giuridico-pastorale, di testimonianza, orientamento e indirizzo. Lo è stato, in qualche modo. Ma in fondo le coordinate dell’azione Verso la guarigione e il rinnovamento erano già tutte nel magistero e nelle iniziative di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e dunque ridurlo a quella dimensione sarebbe un po’ come rimestare in un pentolone per tirarne fuori sempre la stessa minestra.In realtà, la scelta di rendere "evento" l’incontro della Gegoriana, fino a "mettere in piazza" la umana debolezza presente anche nella Chiesa, è stato un segno poderoso del voler fare entrare in profondità, nel tessuto di una istituzione che a volte in passato di fronte allo scandalo s’era mostrata tentennante e impaurita, la stessa determinata volontà di Benedetto XVI non solo di fare pulizia, ma, soprattutto, di evitare che sporcizia possa tornare ad accumularsi. Far capire anche ai più lontani come una "cosa" intrinsecamente "buona" come la Chiesa fondata da Cristo, benché sporcata dai comportamenti orrendi e vergognosi di alcuni, continui a mostrare e fare il bene. Far capire come possa guarire e aiutare a guarire. Come possa rinnovarsi. Come possa essere anche qui di esempio, come ha detto il cardinale Ouellet nella veglia penitenziale, «nelle altre comunità e strutture della società, parimenti colpite da questa tragedia». Parimenti, ha detto l’uomo di Dio, ben di più possiamo e dobbiamo laicamente ammettere da cittadini e da cronisti che tengono gli occhi bene aperti.Al simposio, una volta ancora, è stato ribadito che le vittime degli abusi pedofili vengono per prime, e che l’attenzione verso di loro e l’accompagnamento devono precedere tutto il resto: non a caso ad aprire l’incontro è stata proprio la testimonianza di una vittima, ed è stato il momento forse più intenso. Si è riaffermato che la ricerca della verità è un esigente e inevitabile dovere di giustizia. Che bisogna, perciò, essere in modo altrettanto esigente attenti e alla formazione (e alla selezione) delle persone candidate al sacerdozio e alla vita consacrata, ed è indispensabile collaborare senza esitazioni con le autorità civili impegnate a combattere la pedofilia.Soprattutto, però, nei giorni dell’incontro alla Gregoriana a essere "messa in piazza" è stata la preghiera della Chiesa, e la sua fede in una Misericordia divina che è la sola capace di guarire e rinnovare veramente. Perché, come ha scritto Benedetto XVI nella lettera ai cattolici irlandesi, «il pentimento sincero apre la porta al perdono di Dio e alla grazia del vero emendamento».