Chiesa

Il fatto. Fatebenefratelli, un servizio illuminato da san Pampuri

Paolo Viana domenica 16 febbraio 2020

Fra Massimo Villa, superiore provinciale celebra Messa con la reliquia del santo

Quest’ultima visita canonica i Fatebenefratelli della Provincia Lombardo-Veneta l’hanno vissuta con il cuore di san Riccardo Pampuri. Letteralmente, perché all’apertura della visita, che ha coinciso con l’anno giubilare indetto dalla diocesi di Pavia per il trentennale della canonizzazione del santo di Trivolzio, al termine della solenne celebrazione eucaristica, fra Valentino Bellagente, priore della comunità di Trivolzio, ha consegnato al superiore provinciale la reliquia del cuore del santo medico.

«San Riccardo ci ha accompagnati in questi mesi in cui ho potuto stare nei nostri centri assistenziali, dove vengono accolti anziani, curati e 'animati' perché possano vivere con fierezza la loro età, centri di riabilitazione psichiatrica nei quali uomini e donne, segnati dalla malattia mentale e dal buio dell’emarginazione, trovano cure e attenzione che ridonano loro quella 'dignità' che fa risplendere l’immagine e somiglianza che il Creatore ha messo in ogni uomo» spiega fra’ Massimo Villa, che concluderà la visita e il giubileo nel Santuario di Trivolzio questa mattina con una Messa solenne. Il Giubileo di san Pampuri e la visita canonica del provinciale sono stati un momento ecclesiale e di collegialità.

Hanno permesso il confronto fraterno tra il superiore provinciale e le comunità religiose e delle opere apostoliche. La Famiglia Ospedaliera, spiegano i frati, ha potuto vivere in spirito fraterno la dimensione della consacrazione nella Chiesa e nell’Ordine e il 'sentire' carismatico nell’agire quotidiano dei confratelli e dei collaboratori. L’obiettivo è quello di garantire la presenza di San Giovanni di Dio (14951550) nella quotidianità dell’assistenza e della gestione nei centri assistenziali: «Tradurre nella società contemporanea un carisma che ha cinquecento anni non è semplice – spiega Villa – e di questo si rendeva ben conto anche san Riccardo, che ha testimoniato l’ospitalità con eroismo, sia sul fronte di guerra, dove fu decorato con la medaglia di bronzo, non per motivi bellici ma per aver difeso la salute dei soldati, sia nella quotidianità, quand’era medico in queste terre lombarde. Ogni tappa della visita si è aperta con la preghiera e con l’intronizzazione della reliquia. Nel suo esempio, abbiamo riletto la capacità dei nostri collaboratori di testimoniare con la professionalità l’adesione al carisma: come Pampuri, non improvvisiamo ma accogliamo attraverso l’arte medica; come lui, i nostri collaboratori portano nella società la passione di fare bene il bene».

L’Ordine ospedaliero sta cambiando per continuare nell’oggi ad essere fedele alla propria missione. Da questo mutamento emerge anche un diverso ruolo dei laici. «Le basi sono solide – commenta Villa – e la visita ha dimostrato la consapevolezza dei nostri collaboratori di essere i testimoni del carisma e dei valori dell’Ordine - qualità dei servizi, rispetto della persona e responsabilità dell’operatore - in un momento storico che non sempre ci aiuta ad esprimerli».

Accanto ai laici, c’è sempre la comunità religiosa: «i frati vivono nelle strutture che gestiscono e hanno il compito di rendere 'visibile' il carisma che proviene dalla consacrazione – argomenta –. Anche quando cambia l’organizzazione sanitaria e ammini-strativa, il ruolo dei religiosi non sparisce: semmai, diventa quello di vedere con gli occhi dell’ospitalità i bisogni degli ospiti, ascoltare gli interrogativi che oggi il sofferente ci pone e impostare l’accoglienza secondo lo stile di san Giovanni di Dio, che è poi quello del Buon Samaritano».

Secondo il superiore della provincia Lombardo-Veneta dei Fatebenefratelli, questo modello evangelico non è passato di moda: «tutte le epoche hanno un loro linguaggio per definire l’eroismo cristiano, che è quello di amare sempre e comunque la persona umana, ma credo che il mondo della sofferenza sia un ambito privilegiato per comprendere e per trasmettere di generazione in generazione questa centralità, che è tutt’uno con il nostro carisma».