«La mafia non è solo un argomento da romanzi o da film, la mafia sono volti e storie vere... Sono coloro che, usando la prepotenza e la violenza, decidono sulla vita e sulle cose altrui, sulle scelte politiche come sulle economiche. Sono coloro che per favorire guadagni illeciti e supremazia criminale hanno tutti gli interessi ad incrementare il clientelismo, il controllo sociale, l’emarginazione e a ripudiare le forme pacifiche e oneste di vita».Queste parole pronunciate dall’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro durante la celebrazione eucaristica in occasione della festa del santo più amato degli agrigentini, Calogero, sono la cornice dentro cui collocare la decisione assunta dallo stesso presule di non tenere la celebrazione eucaristica ma la semplice liturgia della Parola per le esequie di Giuseppe Lo Mascolo, 73anni, ritenuto dagli inquirenti il vice capo della locale cosca. L’uomo, arrestato la settimana scorsa e poi deceduto in carcere, era, a parere degli inquirenti, secondo solo al presunto capo mafia di Siculiana Antonino Gagliano anch’egli in carcere.La salma è stata benedetta nella chiesa del Santissimo Crocifisso. Il parroco, don Leopoldo Argento, attenendosi alle direttive dell’arcivescovo, ha pronunciato una preghiera. È il primo caso, nell’Agrigentino, in cui la Chiesa vieta la celebrazione dei funerali per un boss di mafia.La decisione è in linea con il magistero dell’arcivescovo Montenegro che, fin dal suo insediamento nella diocesi siciliana, ha sempre voluto denunciare e condannare la mafia e la mentalità mafiosa. Lo ha fatto nella Lettera pastorale del 2010 “Si avvicinarono a Lui...” dove scriveva rivolgendosi ai presbiteri «La nostra è la provincia più inquinata dalla mafia. La stragrande maggioranza dei nostri Comuni ha infiltrazioni mafiose e noi agiamo tranquillamente come se nulla fosse o come se il problema non ci riguardasse. Ho l’impressione che la parola mafia nel nostro annuncio e nella nostra predicazione o catechesi è quasi assente; mentre il Vangelo della Verità e della Carità ci invita a smascherare la cultura mafiosa e a dire chiaramente che la persona non può diventare schiava di mentalità che uccidono e annientano la dignità».Ma anche in occasione della fiaccolata antimafia tenutasi ad Agrigento nel 2010: «La cultura mafiosa da cui vengono fuori le peggiori nefandezze e che diventa etica, modo di pensare, di comportamento, di linguaggio, di costume. È una cultura che è peccato perché fa dei mafiosi e dei loro collaboratori mercenari del diavolo, nonostante l’ostentata loro religiosità, che non ha niente a che fare con il Vangelo, anche se ne usa il linguaggio ed i segni, ma ne distorce i valori».Ed è ritornato a farlo anche nella Fiaccolata antimafia dello scorso anno, quando sottolineò: «Se la mafia esiste è anche colpa nostra. Non si può addossare solo ai magistrati ed alle forze di polizia la buona riuscita della guerra alla mafia, dobbiamo indignarci e smetterla di rassegnarci dobbiamo metterci in gioco e pensare alla responsabilità che abbiamo anche noi. La società cambierà se ciascuno di noi farà la sua parte, se tutti saremo disposti a fare il primo passo».