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Reggio Emilia. «Saman, la sentenza è un segnale. Dopo di lei ora tante denunciano»

Antonella Mariani giovedì 21 dicembre 2023

Giustizia per Saman Abbas è stata fatta. Il messaggio lanciato dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia è chiaro e forte: lo Stato italiano non tollera alcun delitto “culturalmente orientato”. Nessun reato può essere giustificato da motivazioni religiose. Barbara Iannuccelli è l’avvocata che nel processo per il brutale assassinio della 19enne di origine pachistana, avvenuto nella notte del primo maggio 2019 a Novellara (Reggio Emilia), ha difeso gli interessi di Sadiq, il fidanzato per amore del quale la giovane ha rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia.

Avvocata Iannuccelli, soddisfatta della sentenza? I genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen sono stati condannati all’ergastolo in qualità di mandanti, ma l’esecutore materiale, lo zio Danish Hasnain, ha avuto solo14 anni.

La sentenza è il prodotto di un percorso processuale in cui non sono mancati colpi di scena. Colui che era un testimone oculare dell’omicidio, il fratello di Saman, è stato considerato indagabile. Ci sono stati inoltre vizi di acquisizione che hanno reso inutilizzabili molte dichiarazioni dello stesso Danish, che aveva descritto il coinvolgimento dei due cugini di Saman (che sono stati assolti, ndr).

È stata esclusa la premeditazione. Quello di Saman, dunque, è stato un omicidio d’impeto?

Tra le circostanze aggravanti, oltre al legame familiare e i motivi futili e abietti, c’era la premeditazione. Ma la collaborazione di Danish nella ricerca del corpo della povera Saman ha automaticamente escluso le circostanze aggravanti e ha quindi reso possibile anche il rito abbreviato, con lo sconto di un terzo di pena. Andremo a leggere le motivazioni, ma è ovvio che questo aspetto della sentenza ci lascia perplessi.

La scomparsa di Saman nel 2021, il processo per omicidio che ne è seguito e infine il ritrovamento del suo corpo nel 2022 secondo lei hanno creato una diversa sensibilità nella società italiana?

Questa sentenza ha certificato che lo Stato non accetta alcuna giustificazione per i cosiddetti “reati culturalmente orientati”. E che le sue regole si applicano sempre e comunque, anche a sistemi culturali distanti dal nostro. Già nella sentenza dell’aprile 2022 sul femminicidio della 32enne Atika Gharib per mano dell’ex compagno marocchino, la Corte d’Assise di Bologna aveva detto che il bene della vita è primario, assoluto e inderogabile. E che “il mal concepito senso dell’onore” è un’aggravante.

Diverse associazioni si sono costituite parte civile e hanno ottenuto un risarcimento. Tra loro anche diverse di matrice islamica. Perché è così importante?

È un elemento molto significativo perché ha reso chiaro che non ci si può nascondere dietro la religione per giustificare delitti così efferati. Le associazioni islamiche che si sono costituite parte civile hanno preso le distanze dall’idea che l’omicidio per motivo d’onore sia in qualche modo giustificabile dalla propria religione.

Il massimo della pena è stato inflitto ai genitori: è un modo per ribadire che la famiglia non è proprietaria delle figlie, che il clan non può essere prevaricatore della libertà altrui?

Sì, è come se la sentenza avesse voluto fotografare il ruolo centrale dei genitori rispetto alle altre persone coinvolte, considerate come gregari o soldati che hanno eseguito un ordine. È un segnale molto forte alla famiglia. E del resto l’anelito di libertà di una ragazza appartenente a un’altra cultura ma che viveva in mezzo a noi ha avuto una grande rilevanza mediatica e questo ha fatto sì che oggi siamo tutti più sensibili a questo tema. Dopo Saman abbiamo avuto tantissime segnalazioni e in molti casi le prime sentinelle di questi segnali di allarme sono le scuole. È l’unico ambiente esterno alla casa che queste ragazze frequentano: i padri le accompagnano all’autobus e le vanno a riprendere, ma a scuola sono libere. In alcuni casi sono state proprio le compagne di classe a intervenire. Il battage mediatico legato al caso Saman ha insegnato loro che non potevano stare a guardare ma dovevano intervenire subito. Moltissime hanno capito che la libertà di cui godono non è garantita a tutti, non è così scontata.

L’ulteriore stretta sui matrimoni forzati, introdotta dalle nuove disposizioni approvate dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin, può servire da deterrente?

Lo Stato si impegna moltissimo nel cambiamento delle leggi, ma spesso non è sufficiente. Bisogna cambiare le persone che le applicano. Perché se tra gli operatori della giustizia ci sono persone indifferenti, che non si attivano, potremo avere un sistema giudiziario perfetto, ma le cose non funzionerebbero. Portando le istanze di una mia cliente che aveva paura del suo stalker, mi capitò che una giudice mi dicesse: le faccia prendere una camomilla.

Avvocata, ci sarà al funerale di Saman? Sappiamo che la sindaca di Novellara, sta organizzando la cerimonia.

Ho conosciuto Saman in obitorio, sono entrata nella sua casa, ho visto i cuoricini glitterati fatti da lei appesi nella sua stanza, e, certo, sarò a Novellara, a darle l’ultimo saluto.