La sfida. Rifugiati, così la Chiesa accoglie
10 settembre 2013 I conventi vuoti non sono vostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con più coraggio e generosità l’accoglienza nelle comunità, nelle case, nei conventi vuoti. Certo non è semplice, ci vogliono criterio, responsabilità, ma ci vuole anche coraggio. Facciamo tanto, forse siamo chiamati a fare di più, accogliendo e condividendo con decisione ciò che la Provvidenza ci ha donato per servire. Card. Krajewski 4 dicembre 2019 Apriamo, a cominciare da me, le nostre canoniche, i conventi, i monasteri per ospitare ognuno almeno una famiglia dei campi profughi di Lesbo, per poterli svuotare tutti.
La Chiesa in Italia accoglie come una «provocazione positiva» e come un «incoraggiamento» a «proseguire» in un «cammino in uscita già intrapreso» il forte appello lanciato dal cardinale elemosiniere Konrad Krajewski rientrando mercoledì da Lesbo insieme ai 33 rifugiati giunti in Italia grazie a un corridoio umanitario voluto espressamente da papa Francesco e realizzato con l’intermediazione della Comunità di Sant’Egidio, come sempre in accordo con il Ministero dell’interno.
«Cominciamo dai cardinali, dai vescovi, dai presbiteri: apriamo le nostre case, le nostre canoniche, i nostri palazzi. C’è lo spazio, ci sono le risorse. Se ogni monastero, ogni casa religiosa, ogni parrocchia, si aprisse almeno per una persona, almeno per una famiglia, a Lesbo non troveremo nessuno ». Parole che fanno eco ai numerosi appelli del Papa su questo specifico tema. Francesco ha infatti ripetutamente chiesto alla comunità cristiana di impegnarsi nell’accoglienza diretta di migranti e profughi che fuggono da situazioni disperate.
Particolarmente potente fu quello lanciato nel corso dell’Angelus del 6 settembre 2015, in prossimità del Giubileo della Misericordia, quando rivolse «un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa a esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi», «incominciando dalla mia diocesi di Roma », insistette il Papa, rivolgendosi ai «fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello».
Monsignor Stefano Russo, vescovo emerito di Fabriano-Matelica e segretario generale della Cei, saluta come una «provocazione positiva» le parole del cardinale Krajewski. E anche come un conforto nell’andare avanti in un cammino già intrapreso dalla Chiesa italiana: con l’ospitalità diretta, «laddove possibile», e anche con i corridoi umanitari promossi dalla Cei tramite la Caritas, l’ultimo dei quali in ordine di tempo è della scorsa settimana con 66 profughi ospitati nel Centro Mondo Migliore di Rocca di Papa.
Padre Luigi Gaetani, carmelitano, presidente della Cism, la Conferenza che riunisce i superiori delle province italiane degli ordini religiosi maschili, ricorda ancora come se fosse oggi il forte appello che lo stesso papa Francesco aveva fatto ai consacrati italiani nel corso di una loro assemblea generale. «Ci siamo subito mobilitati per dare seguito concreto a quelle parole», spiega. Anche lui saluta come un «incoraggiamento positivo» l’appello del cardinale Krajewski. Segnalando come in Italia, dal Nord al Sud e nelle isole, sono già 120 le strutture messe a disposizione dagli ordini religiosi, con tipologie di accoglienza diversificate, a breve o a lungo termine. Secondo il Rapporto immigrazione 2018-2019 di Caritas italiana e Fondazione Migrantes, diffuso a settembre, in Italia sono 5.255.503 i cittadini stranieri regolarmente residenti, l’8,7% della popolazione in Italia, al terzo posto nell’Unione europea. Al 1° gennaio 2019 le comunità straniere più consistenti erano quella romena (1.206.938 persone, il 23% degli immigrati totali), quella albanese (441.027, l’8,4%) e quella marocchina (422.980, l’8%).
Frati e suore, c'è una rete di persone e strutture
Non esiste a oggi un censimento completo delle strutture messe a disposizione dalle congregazioni religiose, in risposta all’appello del Papa. Ma alcuni dati si possono trovare in una mappa del sito web «Altro da dire». Oltre alla rete del Centro Astalli, promossa dai gesuiti, che opera a Palermo, Catania, Vicenza, Trento, Napoli, Padova, Milano e Roma, hanno aperto le loro strutture i Guanelliani a Como, Lecco, Nuova Olonio e – dando disponibilità temporanea – a Sormano; i Francescani a Enna, Roma e Piglio; i Comboniani a Brescia; i Pavoniani a Maggio in Valsassina, gli Scalabriniani a Roma e Foggia. Quanto alle congregazioni femminili, ricordiamo le suore Mercedarie a Valverde di Scicli, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza a Lora (Como) ed Ardenno (Sondrio), le Orsoline a Caserta, le suore della Provvidenza a Gorizia. «Non potendo promuovere opere di accoglienza per i profughi in prima persona abbiamo messo a disposizione gratuitamente alcune nostre strutture», spiega padre Luigi Testa, superiore provinciale degli Oblati di San Giuseppe. «In Sardegna a Frutti d’Oro (Cagliari) e ad Asti, dove un nostro ex seminario accoglie 50 profughi. A Canelli ancora, nella parrocchia del Sacro Cuore una realtà di accoglienza per 10 minori non accompagnati richiedenti asilo. Le iniziative sono gestite tramite cooperative vicine alla Caritas diocesana e a realtà ecclesiali». A Enna infine c’è il villaggio del Fanciullo Sant’Antonio, dei Minori conventuali, nel quale sono stati ospitati 100 profughi.