Decreto sicurezza. Le associazioni: «Così avremo tanti irregolari e molti ghetti»
C'è molta preoccupazione. C’è paura di nuovi ghetti, di stranieri considerati "diversi" e quindi persone di serie "B". Si temono nuove tensioni sociali ma, soprattutto, si teme di cancellare con un colpo di spugna i diritti fondamentali degli stranieri. Società civile, terzo settore, enti ed associazioni impegnati da anni nell'accoglienza e nell'integrazione dello straniero non solo non nascondono i timori ma col decreto sicurezza e immigrazione varato dal Consiglio dei ministri si parla addirittura di elementi di incostituzionalità e illegittimi.
Molto dura la critica dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. Parla di una «gravissima lacerazione del sistema democratico», di «norme che vanno in un’unica direzione, che è quella della restrizione della libertà degli individui». Nel decreto si dice che «le persone non sono tutte uguali». L’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, forme allargate di trattenimento dei richiedenti asilo, l’ipotesi di sospensione della protezione internazionale senza un’affermazione definitiva della persona in sede penale, ma anche l’abolizione dello Sprar e l’ipotesi di revoca della cittadinanza italiana, spiega Lorenzo Trucco, presidente di Asgi «vanno tutte nella direzione della restrizione delle libertà degli individui». Nel decreto varato «ci sono molti profili di illegittimità dal punto di vista della Costituzione e della normativa europea aggiunge, lanciando un appello. «È un momento delicatissimo, tutti coloro che hanno fondato i principi costituzionali devono dare il massimo per contrastare questa deriva gravissima che sta facendo scivolare l’Italia in un baratro per quanto riguarda i diritti delle persone». Della stessa opinione il Centro italiano per i rifugiati. «Il decreto va a colpire diritti solennemente riconosciuti dalla nostra Costituzione e potrebbe avere conseguenze su temi che vanno al di là della questione migratoria» dichiara Mario Morcone, direttore del Cir. «È un decreto che mira a creare irregolarità non certo a gestire l’immigrazione» aggiunge».
A tal proposito, Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, fa notare come, col nuovo decreto, e «con l’abolizione della protezione umanitaria – scrive in un Tweet – entro il 2020 in Italia avremo 60mila nuovi irregolari. Da aggiungersi agli oltre 70mila nuovi irregolari nello scenario di status quo. Totale: 130mila nuovi irregolari in Italia».
Sono però molti i punti del decreto sui quali un po’ tutti puntano il dito. Primo fra tutti «l’arretramento sostanziale» della riforma Sprar (il Sistema di Protezione per Richiedenti asilo e Rifugiati) e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. «Lo Sprar, un sistema virtuoso, riconosciuto come tale anche da osservatori internazionali, viene ridotto, nonostante sia l’unico sistema di accoglienza che garantisce la massima trasparenza nella gestione delle risorse» sottolinea il Centro Astalli, esprimendo «preoccupazione per gli effetti che le nuove misure introdotte dal decreto potranno avere sulla vita dei migranti e sulla coesione sociale dell’intero Paese». Per padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, si tratta di «un passo indietro che non tiene conto da un lato delle vite e delle storie delle persone e dall'altro del lavoro di costruzione che da decenni tante organizzazioni umanitarie e di società civile hanno fatto in stretta collaborazione con le istituzioni, in particolare con gli enti locali, in un rapporto di sussidiarietà che ha rappresentato la linfa vitale del welfare del nostro Paese».
Criminalizzare i migranti non è la via giusta per gestire la presenza in Italia di cittadini stranieri, aggiunge Ripamonti, «aumentare zone grigie, non regolamentate dalla legge, e rendere meno accessibili e più complicati i percorsi di legalità contribuisce a rendere il Paese meno sicuro e più fragile». Puntano il dito contro la riforma dello Sprar naturalmente anche i sindaci delle città. «Con le grandi concentrazioni di migranti si generano tensioni sui territori» sottolinea Matteo Biffoni, delegato dell’Anci per l’immigrazione. «Sono, infatti, proprio i centri come i Cas – continua Biffoni – ad aver creato più malcontento tra la popolazione, per l’eccessivo impatto sulle comunità e la mancanza di adeguati percorsi di integrazione».
Anche Refugees Welcome Italia «esprime forte preoccupazione per le misure contenute nel decreto, misure preoccupanti che segnano un passo indietro». Ad allarmare Refugees Welcome Italia è soprattutto l’abolizione della protezione umanitaria. «Nel nostro progetto – spiega Fabiana Musicco, presidente dell’associazione – accogliamo diversi ragazzi con protezione umanitaria e conosciamo bene le loro storie. Questo tipo di protezione è un modo per tutelarli, per consentirgli di costruirsi una nuova vita in Italia e di non interrompere il percorso di inserimento nel nostro Paese».
Parla di «una picconata al diritto d’asilo e alla tradizione umanitaria italiana» anche la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e Diaconia valdese, mentre per Medici senza frontiere (messa al bando insieme alle altre organizzazioni non governative dalle operazioni di ricerca e soccorso in mare) il decreto «sembra orientato a smantellare ulteriormente il sistema di accoglienza italiano, già fragile e precario, a prolungare la detenzione amministrativa di persone che non hanno commesso alcun crimine, e a ridurre le protezioni attualmente disponibili per persone vulnerabili».