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L'inchiesta. Memorandum Ue-Tunisia, sei mesi pieni di ombre

Daniela Fassini, Francesca Ghirardelli martedì 16 gennaio 2024

Il 16 luglio 2023 il presidente della Tunisia, Kais Saied, e l’Unione Europea hanno firmato un Memorandum di intesa, punto conclusivo di un negoziato avviato mesi prima. Proprio l’Italia, guidata da Giorgia Meloni, insieme all’allora premier olandese, Mark Rutte, e alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva esplicitamente chiesto un patto tra le due coste del Mediterraneo, con l’obiettivo di frenare le partenze dei migranti dal Paese nordafricano, improvvisamente esplose con l’inizio dell’anno. Nel partenariato, costituito da 5 capitoli-chiave in buona parte legati alla stabilità del Paese e al sostegno del suo sviluppo economico, un punto-chiave è dedicato proprio alla gestione delle migrazioni, con l’obiettivo di combattere la rete dei trafficanti. Qual è il bilancio dei primi sei mesi? Abbiamo provato a tracciarlo, cercando in particolare di capire cosa sta cambiando per il nostro Paese.

Il governo difende l'intesa, ma per le Ong la fuga dal Nord Africa continua

Dopo la Turchia e la Libia, è toccato alla Tunisia. Sembra il gatto che rincorre il topo: l’obiettivo è quello di contenere i flussi di migranti in partenza dal Nord Africa. Eppoi, in seconda battuta, anche aiutare economicamente la terra dalla quale a fine luglio si registrava il maggior numero di partenze verso l’Italia. Un accordo “milionario” quello tra Ue e Tunisia che prevede finanziamenti pari a 150 milioni di euro di sostegno al bilancio più 105 milioni per la gestione delle frontiere. Milioni a fronte di una esternalizzazione delle frontiere Ue. In questo senso, la strategia seguita da Roma anticipa ciò che avverrà successivamente, con il “pacchetto migranti” approvato da Bruxelles. Il piano vede il via libera definitivo a dicembre. L'obiettivo italiano ed europeo è quello di supportare gli sforzi del governo tunisino per rilanciare l'economia, in particolare migliorando la gestione delle finanze pubbliche e il clima per le imprese e gli investimenti. La Commissione Ue spiega che tale sostegno finanziario europeo fa parte del Memorandum d'intesa per un partenariato strategico e globale firmato tra l'Unione europea e la Tunisia a Tunisi il 16 luglio 2023.

Degli oltre 157mila (per l’esattezza 157.652) arrivi registrati nel 2023, i tunisini rappresentano la seconda nazionalità dichiarata al momento dell’arrivo in Italia (la prima è la Guinea, segue la Costa d’Avorio). «La collaborazione con le autorità tunisine e libiche ha consentito di impedire molte di decine di migliaia di altri arrivi. Secondo le comunicazioni ufficiali che ci sono state trasmesse tra persone fermate sulla terraferma o recuperate in mare sono 121.883 persone, un numero non molto lontano da quelle arrivate, e di cui é stato evitato l’arrivo sul territorio nazionale» ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. «Lo scorso 24 novembre ho incontrato al Viminale i ministri sia di Libia che di Tunisia insieme per rinsaldare rapporti di collaborazione già avviate e porre le basi per la costruzione - ha spiegato ancora Piantedosi - di un dialogo ancora più strutturato tra Paesi che sono in prima linea nella gestione di sfide di portata internazionale e che rivestono una valenza cruciale ai fini della stabilità della regione del Mezzogiorno».
Tra gli intenti del governo italiano, annunciati dal suo stesso ministro, c’è anche quello dei rimpatri verso Tunisia e Libia. «Oltre alla lotta al traffico di esseri umani ritengo necessaria un’azione di implementazione e potenziamento dei rimpatri volontari assistiti da Libia e Tunisia verso i Paesi di origine attraverso la costituzione di una cabina di regia congiunta per il monitoraggio delle attività» ha annunciato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nel corso di un’audizione davanti al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen. «Questa è una delle grandi forti novità, di richiesta che ci arriva dai due Paesi - ha spiegato Piantedosi - di collaborare per fare delle operazioni di rimpatrio volontario assistito delle tante persone che stanno stazionando sulle coste di questi due Paesi, per essere rimpatriati, in accordo anche con le organizzazioni umanitarie internazionali». «Il governo sta perseguendo un cammino parallelo sul fronte delle politiche migratorie» ha aggiunto il ministro Piantedosi. Da un lato si assiste alla lotta alle reti criminali dei favoreggiatori dell’immigrazione illegale, mentre dall’altro l’obiettivo è la promozione della migrazione legale con regole certe, semplici e chiare.

«L’accordo con la Tunisia non funziona». Ne è certo Filippo Miraglia (Arci) portavoce del Tavolo Asilo. «Peraltro il presidente tunisino Kais Saied continua a ricattare l’Italia e l’Europa – prosegue –. Parliamo di un Paese in crisi, da cui la gente continua a scappare: sono persone che potrebbero arrivare legalmente in Italia se ci fosse la possibilità. Così invece buttiamo via dei soldi, pagando le guardie costiere, e non li aiutiamo per nulla. L’Italia farebbe quindi meglio a concentrarsi sulla formazione e sull’arrivo regolare attraverso canali d’accesso praticabili. Noi intanto prevediamo che anche nel 2024 continueranno ad arrivare dalla Tunisia migliaia di persone». (D. Fas.)

Le voci da Tunisi: profughi fermati a bordo e rispediti nell'inferno libico

Quale sia il destino di chi viene intercettato in mare al largo di Sfax e cosa significhi venire riportati sulla costa del Paese nordafricano, lo spiegano gli attivisti per i diritti umani tunisini. Ma ancora prima di loro, a sei mesi esatti dalla firma del Memorandum tra Tunisia e Unione Europea, lo racconta al telefono Fatmata B., una ragazza della Sierra Leone intercettata in mare il 9 novembre con altre 46 persone mentre tentava di raggiungere l’Italia. «A terra gli agenti tunisini ci hanno perquisito, hanno preso i nostri telefoni e i soldi. A notte fonda di quello stesso giorno ci hanno messo su un autobus, gli uomini ammanettati, e ci hanno portato nel deserto, verso la Libia». Poi confida qualcosa che non ha detto neppure agli operatori dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, perché si vergognava. «È stato allora che tre poliziotti che ci scortavano mi hanno violentata. Tutti gli altri ridevano» aggiunge. Nel deserto ha camminato per giorni prima di incontrare un centro abitato. «È così dalla fine di ottobre. Chi viene fermato sulle barche è condotto alla frontiera».

La sua storia somiglia ad altre raccolte dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes). «È pressoché automatico. Venire intercettati in mare ora significa espulsione diretta ai confini libico o algerino» ci spiega il portavoce del Forum, Romdhane Ben Amor. «Sono trascorsi sei mesi, ma qui il Memorandum ha solo aggravato la situazione umanitaria, esasperando i drammi dei migranti. Per il resto, l’accordo non ha cambiato nulla. Il calo degli arrivi nel vostro Paese è dovuto soprattutto alle condizioni climatiche. Il tempo migliorerà e vedremo nuove ondate».

Dalla fine dell’estate il Ftdes ha cominciato a ricevere testimonianze di migranti intercettati dalla Guardia costiera e condotti sulla frontiera «dove ad aspettarli c’erano i libici, così il loro viaggio finiva nelle prigioni in Libia. Le operazioni sono proseguite anche a novembre, un po’ meno a dicembre per il cattivo tempo». Non si sono fermate, dunque, le espulsioni collettive di cui si era parlato la scorsa estate quando, secondo l’Alto Commissariato Onu per i diritti umani, circa duemila tra migranti e richiedenti asilo erano stati abbandonati dalle autorità tunisine sui confini. A ottobre un nuovo allarme era arrivato da Human Rights Watch che aveva ricostruito la dinamica di due intercettazioni in mare, del 17 e del 19 settembre, finite in poche ore con il trasferimento dei migranti verso la città tunisina di Le Kef e la frontiera algerina, a bordo di bus poi su pickup. Allora Human Rights Watch scriveva: «Queste operazioni potrebbero segnalare uno sviluppo pericoloso, dato che le autorità erano in precedenza abituate a rilasciare i migranti intercettati, una volta sbarcati. (…) L’Ue dovrebbe smettere di finanziare le autorità responsabili degli abusi. La Commissione europea dovrebbe sospendere i finanziamenti promessi nell’accordo di luglio a Guardia nazionale e Marina tunisine, effettuare una valutazione preventiva dell’impatto sui diritti umani e stabilire standard chiari da rispettare».

Le autorità di Tunisi hanno avuto, invece, mano libera anche nei mesi successivi. «Appena dopo la firma del Memorandum, c’erano stati malintesi e difficoltà con i partner europei che da principio non erano soddisfatti, visto che gli arrivi erano continuati anche ad agosto e a settembre» prosegue Romdhane Ben Amor. «Siccome occorreva garantirsi gli aiuti economici (promessi dal Memorandum, ndr), le autorità tunisine sono ricorse a nuove strategie per accontentare i partner europei, prima spingendo i migranti in zone rurali, poi espellendoli subito dopo le intercettazioni in mare. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Governo italiano e della Commissaria Ue Ylva Johansson: per loro il Memorandum funziona» conclude Ben Amor. «Ai loro occhi il successo è legato unicamente al calo degli arrivi. L’Ue non sta condividendo con la Tunisia solo mezzi finanziari e logistici contro chi migra. Condivide anche gli stessi approcci razzisti e discriminatori». (F. Ghir.)