Coppia dell'acido. Perché la sentenza ha deciso per l'adottabilità del figlio
Alexander Boettcher e Martina Levato: lui ha due condanne definitive a 14 e a 24 anni, lei una sentenza passata in giudicato a 20 anni
«La sentenza conferma che l’attività istruttoria dei giudici di Milano è stata molto attenta e ha verificato tutte le possibilità, compreso il ruolo dei nonni, prima di dichiarare l’adottabilità del figlio di Martina Levato e Alessandro Boettcher». Lo spiega Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, all’indomani della sentenza della Cassazione che venerdì ha deciso in modo definitivo che il piccolo, due anni e mezzo, può essere adottato dalla coppia a cui attualmente è affidato. «Già noi avevamo concluso che il bambino non avrebbe potuto trovare adeguate risposte di crescita all’interno del nucleo familiare d’origine. Si tratta di una sentenza che va davvero nel senso del superiore interesse del minore che è poi il primo obiettivo che deve perseguire un Tribunale per i Minorenni».
La vicenda della cosiddetta 'coppia dell’acido' (lui ha due condanne definitive a 14 e a 24 anni, lei una sentenza passata in giudicato a 20 anni) ha fatto discutere a lungo, ha diviso commentatori e opinione pubblica, anche in relazione alla sorte del bambino nato quando la madre era già in carcere. Sarebbe stato giusto affidarlo ai nonni, come aveva sollecitato il Pg della Cassazione, Francesca Cerioni, che si era pronunciata per preservare il legame di sangue? «Noi – riprende la presidente Gatto – avevamo già verificato questa ipotesi con un anno e mezzo di istruttoria attenta e puntuale, con due consulenze tecniche di primo e se- condo grado, con 46 incontri con i nonni condotti da un pool di esperti. E avevamo concluso che i nonni non erano in grado di costituire per il nipote figure di riferimento adeguate, empatiche e rassicuranti e quindi capaci di svolgere efficacemente un ruolo genitoriale per circa vent’anni».
La sentenza riprende e avvalora interamente le conclusioni del Tribunale per i Minorenni di Milano. Ricorda che «i giudici di merito hanno valutato i gravissimi comportamenti delittuosi posti in essere da Martina Levato con in grembo il piccolo, essendo lei consapevole della gravidanza... », escludendo che la donna «possa garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati della sua crescita». I giudici entrano poi nel merito della detenzione, spiegando in sostanza che la scelta di delinquere dipende dalla volontà della persona e che quindi i gesti terribili compiuti dalla coppia sono di gravità tale da non rendere credibile il loro ruolo genitoriale.
Discorso ancora più complesso e più delicato per i nonni. Anche in questo caso le conclusioni della sentenza sono esplicite. La mamma di Alessandro Boettcher ha evidenziato «mancanza di un atteggiamento critico e di distacco dai comportamenti delittuosi del figlio», mentre i genitori di Martina Levato «non hanno dimostrato una reale presa di coscienza delle atrocità delle condotte della figlia» e, attraverso 46 incontri, «è emersa nella loro personalità una significativa fragilità di tipo narcisistico». Quindi, è la conclusione della Cassazione, se il bambino «rimanesse legato alla famiglia di origine, inevitabilmente sarebbe stato costretto a confrontarsi con la drammatica storia familiare dei suoi genitori». Parole che riaffermano implicitamente anche il valore dell’adozione in situazioni che, come questa, rendono impossibile al minore la permanenza nella famiglia di origine.
«Ora abbiamo dato a questo bambino – riprende la presidente Gatto – la possibilità di crescere in modo sereno ed equilibrato lontano da Milano e dalla sua storia familiare, accudito da due genitori che in questi mesi, pur nel clamore mediatico suscitato dal caso, hanno sempre messo al primo posto, anche con il nostro aiuto, il suo bisogno di serenità e amore». E quando, una volta adulto, si confronterà con la sua storia? «Sarà un confronto inevitabile – conclude la presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano – ma confidiamo che nel frattempo, anche grazie all’aiuto dei suoi genitori adottivi, abbia sviluppato anticorpi psicologici adeguati per comprendere e superare quel terribile trauma».