Governo. I primi passi: legittima difesa e migranti
Un governo atteso quasi 90 giorni non può stare fermo tre mesi ad aspettare che arrivi la manovra. Bisogna dare subito un’impronta. «Iniziamo immediatamente », concordano i due leader. Le prime 3-4 misure devono essere a costo zero o quasi, un segnale, un antipasto ad alto impatto.
Il nuovo ministro dell’Interno Matteo Salvini tirerà fuori dal cassetto la riforma per allargare le maglie della legittima difesa.
Il neotitolare del Lavoro Luigi Di Maio il provvedimento che blocca i trasferimenti pubblici alle aziende che delocalizzano.
Intanto Fico e Casellati devono completare l’istruttoria sui vitalizi.
E il premier Conte in persona deve definire subito il provvedimento che allarga la platea dei risparmiatori che possono essere rimborsati dalle banche che hanno venduto titoli tossici.
Abbastanza per riempire l’estate e passare alla manovra con quattro obiettivi: quelli a breve termine, sterilizzare l’aumento Iva e 'superare' la Fornero o comunque aprire una finestra straordinaria di uscita per i 'quota 100'; quelli a lungo termine, impostare il percorso dei due provvedimenti a più alto impatto economico, la flat tax e il reddito di cittadinanza.
In mezzo, nell’ordinaria amministrazione, centinaia e centinaia di nomine (c’è chi ne conta 350) che saranno gestite nel pentagono costituito dal premier, dai due vice, dal Tesoro e dal sottosegretario Giorgetti. In pochi mesi si riscrive la rete del potere: partecipate, Rai, organi di garanzia, Authority.
Superati i sospetti, stabilita l’agenda dei cento giorni, arriva il grande patto sancito da una stretta di mano in cui Di Maio appare molto emozionato: «Ora dobbiamo giocare come se fossimo i due centravanti della stessa squadra, perché o vinciamo o perdiamo insieme», è l’input enfatico del capo 5s. Il leader leghista abbozza un sorriso e come al solito resta più prudente: «Sia chiaro, Luigi, che se non funziona o non ci lasciano fare, noi non tiriamo a campare». Il timore di Salvini è che le 'resistenze' saranno tante, ma nonostante ciò, rivela ai fedelissimi, «è vero che se si va al voto abbiamo la vittoria in tasca, ma governare con Silvio sarebbe più difficile che lavorare con Luigi».
EDITORIALE Paradosso e attesa di Francesco Riccardi
Sta di fatto che l’arma del voto anticipato il capo della Lega la tiene principalmente per sé. Il capo politico pentastellato è convinto di aver portato a casa un risultato «storico». È stanco e provato. Nelle ultime 48 si è sentito scappare di mano la leadership e la fiducia dei suoi. Certo, l’appuntamento con Palazzo Chigi è rinviato a data da destinarsi. Ma c’è soddisfazione. «Abbiamo scelto il premier, porto in Cdm tutti i miei fedelissimi: Riccardo (Fraccaro), Alfonso (Bonafede), in extremis persino Danilo (Toninelli). Tanti altri entreranno come sottosegretari. E il contratto è davvero a 5 stelle». ECCO CHI SONO I 18 MINISTRI
Naturalmente nella lista delle note liete Di Maio include anche il ruolo chiave di superministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Dovrà aspettare un po’ per prendere possesso della megastruttura, perché per accorpare i dicasteri ci vuole un decreto del Cdm. Ma il lavoro politico inizierà subito. «Sarò nel cuore pulsante dell’esecutivo sul piano economico e sociale», gongola Di Maio con il suo staff. Una poltrona che gli consentirà di pilotare le battaglie storiche del Movimento: «Dall’approvazione del reddito di cittadinanza al superamento della Fornero, passa da qui tutto quello che arriva nelle tasche dei cittadini». L’euforia è anche per mettere mano ad alcune 'utopie' come la «smart nation» e la Banca per gli investimenti per le Pmi, le cose che «sarebbero piaciute a Gianroberto».
In parallelo, Salvini, non vede l’ora di mettere la stella da sceriffo. Anzi, la indossa già quando parla da Sondrio, dove arriva in piena notte: «Porte aperte in Italia per la gente per bene e biglietto di sola andata per chi fa casino e vuole essere mantenuto a vita». E poi l’affondo duro contro la rete dell’assistenza: «Vorrei dare una bella sforbiciata a quei 5 miliardi di euro» per l’accoglienza. La nomina al Viminale gli consentirà di partecipare con i colleghi Ue al complicato negoziato per riformare le regole di Dublino.
E certamente, dal punto di vista mediatico, si attendono subito sue direttive interne per 'curvare' la struttura dell’Interno verso le espulsioni degli immigrati irregolari, con la realizzazione e l’ampliamento dei Centri temporanei regionali in attesa dei rimpatri (partita, quest’ultima, più complessa e da gestire in tandem con gli Esteri guidati da Moavero Milanesi).