Attualità

La psicologa. Il suicidio dopo il video osè: ecco cosa scatta nei carnefici

Viviana Daloiso mercoledì 14 settembre 2016
L'onnipotenza del “clic”, che con la sua facilità (e superficialità) fagocita tutto: la consistenza delle persone, il senso dell’etica, l’empatia. E tutto rende possibile: la violenza, la ferocia, l’insulto più cieco. Simona Caravita, psicologa dell’Università Cattolica, è un’esperta di cyberbullismo. Conosce bene il mondo che genera fatti come quelli accaduti a Tiziana Cantone, suicida a Napoli dopo la diffusione di un suo video intimo, e alla ragazzina di Rimini, filmata dalle amiche mentre veniva violentata nei bagni di una discoteca.   Come si arriva a crudeltà simili? Insulti e scherzi su una donna persino dopo il suo suicidio, un gruppo di amiche che invece di intervenire per proteggere una di loro ne filmano lo stupro... Le tecnologie portano alla diluizione della portata morale di ciò che compiamo. Il mondo virtuale pone una distanza rispetto alle persone fisiche e in quella distanza si consuma l’inconsapevolezza del male che si può compiere. E che si può ricevere, come nel caso di Tiziana che ha acconsentito solo a registrare video privati, colpevolmente diffusi contro la sua volontà. Non vedo soffrire, non sono cattivo. Esatto. Clicco su un video, per vederlo o condividerlo, e non si è consapevoli che possa essere una violenza. Se poi ciò viene pensato essere uno scherzo, "solo" una presa in giro, ancora peggio: il senso morale di ciò che si sta compiendo si perde completamente, in un micidiale meccanismo di autogiustificazione. A questo si aggiunge, per gli adolescenti in particolare, la dinamica del gruppo. Il social network è il gruppo per eccellenza per loro oggi, il gruppo allargato: lì si cerca dominanza, leadership, popolarità. Ecco perché commentare, infierire, essere condivisi e ancor di più postare video che abbiano successo diventa fondamentale.   La tecnologia però è lo strumento, non la causa di tutto questo... La tecnologia – telefonini, Internet, social network – di per sè è neutra ma rinforza queste dinamiche, di più: offre a queste dinamiche uno spazio senza freni. Il nodo però, certo, è un altro: l’educazione. E almeno tre livelli di educazione, oggi più che mai trascurati: quella al rispetto per gli altri, che non possono mai diventare oggetti ma sono sempre fine; l’educazione all’uso responsabile delle tecnologie, che deve entrare con forza nelle scuole e nelle famiglie e preparare gli adolescenti al mondo virtuale e dei social; infine l’educazione all’affettività per vivere l'intimitá nel rispetto reciproco, ed evitare il fenomeno della diffusione di immagini intime, come accaduto a Napoli.   Due vittime, due donne. È un caso? A mio parere no. La donna anche in Rete sconta la fragilità che la rende potenziale vittima nella nostra società: quella d’essere spesso considerata un oggetto sessuale. Anche questo fattore culturale viene riproposto attraverso le tecnologie. E la violenza sulle donne si consuma anche attraverso le tecnologie.