Sanremo 2022. “Lady” Drusilla: io, uomo a difesa di tutte le donne
Drusilla Foer ieri sera sul palco del Teatro Ariston come co-conduttrice del Festival di Sanremo
Le “fette” di Drusilla Foer, manco le Kessler... E Alberto Sordi ne sapeva qualcosa, come lamentava in un famoso siparietto della tv in bianco e nero. Un 44 di piede inusitato per una nobildonna fiorentina come il 54enne attore Gianluca Gori, in arte Drusilla Foer, il suo personaggio “en travesti” che ieri sera ha esordito al Festival di Sanremo come “co-conduttrice” per affiancare Amadeus. Attore e cantante, Gori-Drusilla non poteva non farsi tentare dalla gag di scendere le scale dell’Ariston e impossessarsi di asta e microfono per mettersi a cantare. Quindi impermalosirsi con alterigia allorché Amadeus le ricorda di essere lì soltanto per co-condurre, per fare la «valletta, dice lei risentita e offesa. È bravo Gori-Drusilla a mettere in scena il sesso forte che si fa debole per essere ancora più forte, mistero insondabile dei travestimenti che consentono di “essere” alterità, fuori da sé e anche fuori di sé.
In ogni caso unici. Come ha “predicato” a notte fonda, prima che uscisse il tabellone con la nuova classifica generale dei cantanti, in un monologo di sicuro peso e valore. «La parola diversità non mi piace, ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che non mi convince. Ho cercato un termine per sostituirla e ho trovato unicità, mi piace, piace a tutti, perché tutti noi siamo capaci di notare l'unicità dell'altro e tutti pensiamo di essere unici. ma per comprendere e accettare la propria unicità è necessario capire di cosa è fatta, di che cosa siamo fatti noi, certamente delle cose belle, ambizioni, valori, convinzioni, talenti». E ancora: «Sono una persona molto fortunata a essere qui, ma date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo insieme l'atto più rivoluzionario che c'è, l'ascolto di se stessi, delle nostre unicità, per essere certi che le nostre convinzioni non siano solo delle convenzioni, facciamo scorrere i pensieri in libertà, senza pregiudizio, senza vergogna, liberiamoci dalla prigionia dell'immobilità».
«Sono la bandiera di ciò che penso, e penso tante, tante cose» aveva precedentemente detto Drusilla in mattinata alla consueta conferenza stampa di mezzogiorno di Amadeus. Una bandiera che sventola (e “sventola” di 180 e passa centimetri lo è a tutti gli effetti, servendosi all’uopo di quei due 44 di piedistallo per sorreggere cotanta altitudine) sul pennone del Festival quasi mezzo secolo dopo le Bandiera (Sorelle) issate dal geniale Renzo Arbore come vessilli canori de L’altra domenica (con la sigla Fatti più in là). Dalle ramificazioni arboriane l’“en travesti” televisivo è poi passato alla concorrenza (Domenica in) senza pedalò ma in veste di Signora Coriandoli con Maurizio Ferrini, l’ex “compagno” dell’arboriano Quelli della notte, indossando i panni della casalinga media italiana. Altro è ora però Drusilla, elegantissima e mordace, tutta intelligenza e cultura, talento e autoironia, testa, cuore e canto (represso da Amadeus), sull’onda del trio canoro “en travesti” delle Marinetti.
Drusilla Foer sa che la sua presenza sul palco dell’Ariston era destinata a suscitare interesse, curiosità e aspettative: «È diventata anche una responsabilità e io non sono un soggettino che si sottrae alle responsabilità». La principale responsabilità però è forse quella di garantire anche nella terza serata del carrozzone sanremese il giusto richiamo (e lo vedremo oggi con i dati Auditel) per puntare a fare alzare la stessa cosa che l’ironico Arbore chiedeva quando sguinzagliava le ragazze Coccodè e lanciava le esotiche ancelle del Cacao Meravigliao. È lo share, bellezza. Qui si gioca il Festival, altro che Drusilla.
Lo sapeva bene l’ironico showman, patriarca della radio-televisione e neo-Cavaliere di Gran Croce ciò che conta sul piccolo schermo, sempre più piccolo man mano che diventa grande in pollici e in indici di ascolto. E gli ascolti record delle due serate precedenti non hanno messo ansia a Drusilla. «Penso di andare alla fiera della salsiccia – diceva ieri poche ore prima di scendere le scale del teatro Ariston –. Sono forse un po’ arrogante, ma davvero voglio solo divertire, onorando l’invito che mi è stato fatto. Anche in teatro, faccio il mio spettacolo per il singolo spettatore, non per l’insieme». E sul palcoscenico classe e bravura sono da vendere per l’attore e cantante fiorentino, spesso accompagnato tra gli altri dal musicista e compositore Franco Godi, suo produttore. Nato il giorno in cui Benito Mussolini faceva entrare in guerra l’Italia, Godi sembra aver voluto inconsciamente scrollarsi di dosso l’infausto natale creando alcuni dei più famosi jingle di Carosello tra gli anni 60 e 70, nonché diverse musiche per i cartoon di Bruno Bozzetto, dal Signor Rossi a Vip, mio fratello superuomo.
Ora fa da colonna sonora per la “superdonna” Drusilla che alle spalle ha anche il cinema (con Ferzan Ozpetek e Claudio Norza), la tv con StraFactor, Chiambretti e Nunzia De Girolamo, la radio con Maurizio Costanzo. Fino al Festival, perché «bisogna tendere a qualcosa di prezioso», anche se «la vera caccia al tesoro siamo noi stessi e comprendere se stessi è il premio più grosso. Questa esperienza fa parte della voracità che ho di esperienze nella vita, è un passo verso il tesoro». Un piccolo tesoro, benché non nobilmente immateriale, avrà intanto la forma del cachet. Riguardo invece alla più elevata conoscenza e comprensione di sé la via del travestimento potrebbe anche aiutare, chissà.
«Dove trovo qualcosa che stride nel mio cuore mi espongo. E non parlo solo dei temi lgbt, ma anche della violenza sulle donne e dei diritti sul lavoro » aveva sottolineato Drusilla in mattinata, rifacendosi alle performance della sera prima con la denuncia di Lorena Cesarini contro il razzismo e la satira di Checco Zalone con la favola anti-omofoba che ha però diviso il variegato e multicolore “mondo lgbtq”. «Checco ha fatto un’operazione molto forte – commenta Drusilla –, ha voluto smuovere le acque e laddove ci sono acque smosse sono sempre contenta. Una televisione di Stato che permette che un artista smuova le acque è una tv irrorata di civiltà e di positività».
E quando Amadeus auspica una futura edizione ancor più al femminile, Drusilla non si tiene e sbotta: «Sarebbe molto ganzo. Ammesso che questa signora sia brava nel farlo, perché io sono prima per la meritocrazia. E vado oltre, perché non un papato donna? Ora comincio a dire cose per cui mi guardano male». Non si autocensuri, Drusilla. È bello parlare papale, papale. Ma forse sarebbe meglio sentire anche Gori.