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Nella nuova serie. Beppe Fiorello: «Sarò eroe per caso»

Tiziana Lupi mercoledì 11 settembre 2024

Una scena de "I fratelli Corsaro", in onda su Canale 5

Uno cronista di nera, l’altro avvocato. Sono Fabrizio e Roberto Corsaro o, meglio, I fratelli Corsaro, nati dalla penna del giornalista siciliano Salvo Toscano e ora protagonisti dell’omonima serie tratta dai suoi romanzi (diretta da Francesco Miccichè) che Canale 5 propone da mercoledì 11 settembre. I due non potrebbero essere più diversi: istintivo, scanzonato e donnaiolo l’uno, integerrimo, posato e marito fedele l’altro ma, nonostante i frequenti battibecchi, si sostengono a vicenda e sono uniti da un legame fraterno inossidabile. E, grazie alla loro tenacia e al loro acume investigativo, riescono a risolvere i casi di cronaca su cui, ciascuno nella propria sfera professionale, si trovano a indagare.

A interpretarli sono Giuseppe Fiorello e Paolo Briguglia; con loro ci sono, tra gli altri, Anita Zagaria (Anita, la madre dei Corsaro), Enrica Pintore (Monica, la moglie di Roberto) e Maurizio Marchetti nei panni di don Luigi Trovato, amico di famiglia da tanti anni nonché indispensabile sostegno per Fabrizio e Roberto. Praticamente l’opposto del direttore della scuola privata al centro del primo dei quattro episodi, un sacerdote più impegnato nel preservare il buon nome dell’istituto che nel collaborare alle indagini sull’omicidio di due giovani donne.

Giuseppe, è stato lei a proporre alla Camfilm, la società che ha prodotto I fratelli Corsaro, l’idea di questa serie: cosa l’ha colpita dei libri di Toscano?

«Prima di tutto mi ha intrigato l’idea di fare una serie in cui non fossi il protagonista assoluto come al solito ma potessi dividere il privilegio con un altro attore. Lo desideravo da tanto e, quando ho letto il primo dei romanzi, ho capito subito che era quello che cercavo. Poi mi sono piaciuti i due fratelli che sono una sorta di “eroi per caso”: non sono i protagonisti delle indagini ma “inciampano” nei casi di puntata che riescono poi a risolvere grazie al loro fiuto. Infine ho apprezzato l’idea di Toscano di inserire i rapporti familiari nella linea investigativa: Roberto è geloso di Fabrizio, pensa che sia il figlio preferito dalla madre. Su questo Fabrizio ci gioca, dice scherzando alla cognata: “Ma perché non hai scelto me?” e Roberto lo guarda con l’aria di chi, almeno per un giorno nella vita, vorrebbe essere un Peter Pan come lui».

Fabrizio Corsaro è un giornalista: è un mestiere che avrebbe voluto fare?

«No, ho sempre capito di non averne la capacità anche se, quando sono stato insignito della laurea honoris causa in Editoria e Giornalismo, mi hanno fatto notare che tutte le storie che ho raccontato sullo schermo avevano un piglio giornalistico. Piuttosto, avrei potuto fare l’avvocato come Roberto perché mi piace l’idea della difesa e di trovare argomenti credibili per difendere anche chi è oggettivamente indifendibile. Lo trovo un mestiere attoriale».

Tra i fratelli Corsaro c’è un rapporto conflittuale ma di grande affetto. Lei è il più piccolo di quattro fratelli, si ritrova nelle loro dinamiche?

«Abbastanza anche se tra me e i miei fratelli c’è sempre stata meno confidenza dei Corsaro, abbiamo un certo pudore nel manifestare i sentimenti. O, meglio, li manifestiamo con il rispetto perché siamo nati e cresciuti in un contesto dove era così che si faceva. L’unica eccezione era mio padre che ci prendeva in braccio, ci sbaciucchiava, ci abbracciava. Mamma molto meno».

In questo lei somiglia più a sua madre o a suo padre?

«Un po’ a tutti e due. Con i miei figli sono sicuramente “fisico” come mio padre e riesco a dirgli “ti amo” senza problemi. Però, quando serve, posso essere abbastanza duro perché penso che la disciplina sia importante. Anche se ormai Anita e Nicola hanno un’età che gli permette di insegnare loro tante cose a me (21 e 19 anni, ndr)».

Continuiamo il confronto con il suo personaggio. Fabrizio Corsaro sembra allergico ai rapporti stabili mentre lei ha moglie e figli: cosa rappresenta la famiglia nella sua vita?

«Temo di essere banale ma rappresenta tanto. E non è semplice perché la famiglia, in fondo, è un nucleo di sconosciuti che la vita ha messo insieme e che devono imparare a convivere. Ci vuole una grande volontà, è l’impegno più grande della vita. In confronto il lavoro, per quando complicato, è un hobby. Se un rapporto familiare esplode, ti travolge».

A proposito di rapporti, quelli di Fabrizio con le donne sono a dir poco complessi.

«Nella mia vita c’è solo una donna, mia moglie Eleonora. Io non ho un carattere facile ed è complicato starmi accanto, sopportarmi e supportarmi. Devo a lei il mio riuscire a stare con i piedi per terra nelle difficoltà. Il mio lavoro è altalenante, incerto: fare un film o una serie non è semplice, devi mettere in piedi una macchina da guerra, convincere almeno venti persone che la tua idea è buona. A volte rischio di perdere l’equilibrio e lei è la mia forza: non mi perdona i momenti di sconforto e, se piango, non perde tempo a piangere con me ma mi scuote».

Fabrizio prende in giro Roberto perché è credente e va in chiesa.

«Io sono sempre in chiesa anche quando sto a casa. Non sono praticante perché sono pigro ma dentro di me c’è sempre una preghiera: spero che l’umanità trovi finalmente pace e che qualcuno ascolti questa mia speranza».

Finora sulle reti Mediaset l’avevamo vista solo nella miniserie Ultimo nel 1998 e questo con I fratelli Corsaro è praticamente un debutto, dopo tanti anni di Rai. Questo passaggio ha in qualche modo a che fare con la fiction Tutto il mondo è paese in cui interpretava l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano che non è mai andata in onda?

«No, è una pura scelta di percorso. La vicenda di Tutto il mondo è paese ha generato in me un forte dispiacere umano più che artistico perché quel racconto avrebbe aiutato Mimmo a farsi capire meglio, a far conoscere la sua visione poetica, prima che politica, della vita. Mi aspettavo che, una volta sgretolato l’impianto giudiziario, la promessa della Rai di trovare uno spazio per la messa in onda sarebbe stata mantenuta. Non è stato ancora così ma la cosa più importante è che Mimmo sia uscito pulito da quella storia».