Musica. Baglioni si fa in “12 Note” per le Terme di Caracalla
Claudio Baglioni debutta stasera alle Terme di Caracalla con il suo “Dodici note - Tutti su!”
La vita è adesso, anzi stasera, a Roma. Finalmente in questa Notte di note romana si alza il sipario su Dodici note - Tutti su!, i dodici concerti di Claudio Baglioni alle Terme di Caracalla che il suo vasto e affezionatissimo pubblico attendeva da due anni. Sul palco imperiale, un kolossal sonoro: 123 musicisti, coristi (Orchestra Italiana del Cinema diretta dal Maestro Danilo Minotti), performer classici e moderni. «Un grandissimo spettacolo universale in uno spazio unico al mondo. Un teatro millenario che si apre verso il futuro per correre una nuova avventura tra suoni e luci, sogni e voci», così il divo Claudio presenta la sua serie concertistica che apre anche la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla. Prima volta in assoluto che l’apertura viene affidata a un cantautore, al quale viene concesso anche l’inedito onore di 12 repliche, da questa sera fino a domenica 19 giugno.
«A Roma, la mia città, ho suonato praticamente dappertutto», dice con orgoglio. «Erano 33 anni che aspettavo questo momento, da quando nel 1989 andai a un concerto di Vangelis proprio a Caracalla. Ora finalmente riesco a salire sul palco di questo teatro millenario», racconta il cantautore poco prima di esibirsi, incoronato a ragione Divo Claudio. Uno spettacolo «totale» lo definisce, tra musica, danza e teatro, luci ed effetti scenici, per una durata di oltre tre ore, con la direzione artistica di Giuliano Peparini. «Metteremo insieme panna, prosciutto e funghi», scherza. Scaletta monstre, con 30 brani dai più recenti a quelli senza tempo. E se, assicura, «sarà un concerto di musica, gestualità, suggestioni, senza troppe parole», i messaggi saranno affidati a brani e coreografie.
Non a caso, Baglioni ha scelto di cantare anche Ninna Nanna della guerra, inserita nel 1974 nell'album E tu, riprendendo il testo di una poesia del poeta romano Trilussa sulla Prima Guerra Mondiale. E che oggi suona ferocemente attuale. «Le parole che riescono a raccontare i grandi guasti del mondo sono quelle più semplici - spiega Baglioni -, come quelle di Trilussa che racconta la guerra attraverso una ninna nanna. Molte volte la canzone quando si avvicina a queste tematiche tende a diventare sloganistica, perdendo così di vivacità e sostanza».
Un’occasione unica e forse irripetibile, per ascoltare il meglio del repertorio di questo artista eclettico con una discografia che vanta 16 album registrati in studio e una miriade di live di grande impatto, come questo che sta per cominciare. La vita è adesso per Baglioni, che il 16 maggio ha festeggiato le sue 71 primavere. Il 2022 è anche l’anno del 50° di Questo piccolo grande amore, suo album cult che dà anche il titolo alla “canzone del secolo”. La vita è altrove e qui, verrebbe anche da dire riascoltando il primo dei 14 brani della sua ultima raccolta, In questa storia, che è la mia. Questo di Caracalla è un appuntamento speciale, che sa tanto di incontro romantico, tra Claudio e il suo popolo sognatore che si innamora ancora al “ritmo” della suadente Uno e due.
Quelli che, seduti nella platea millenaria, nell’incanto archeologico di Caracalla si ritroveranno a fissarsi negli occhi sentendosi «come fiume e sponda, collina e bruma scoglio e onda». Notte di note che odorano di passato, presente e futuro e che proseguiranno dalla sua Roma fino al Teatro Greco di Siracusa (il 15 e il 16 luglio). E poi all’Arena di Verona che ieri ha celebrato il mito di Lucio Dalla, e ora toccherà alle due serate baglioniane: il 26 e il 27 luglio. Un viaggio affascinante lungo oltre mezzo secolo in cui di strada ne ha fatta Baglioni, a cominciare da Strada facendo che nell’era del vinile aveva avuto 800mila copie solo di prenotato.
La vita adesso che resta un mantra è anche l’album dei record: con 4milioni di copie, è ancora l’lp più venduto in Italia. Numeri che, nel mercato arido del disco odierno, fanno tremare. Ma non è mai stato questo il senso del percorso baglioniano che nel nostro ultimo incontro ricordava: «La musica assolve ancora alla funzione di accompagnamento della nostra vita, e io vorrei continuare a farlo avvertendo sempre quelle emozioni essenziali, e nel rispetto delle parole che hanno percorso chilometri per arrivare fino a noi e dobbiamo coglierne il significato e la loro fisicità per trasmetterle e comunicarle al meglio. Anche certi suoni sono fisici e questa “fonetica emotiva” la vivo e mi commuove fino alle lacrime, specie quando prende una forma sinfonica e ascolto la mia musica suonata dall’orchestra».
Tornando al concerto e a Carcalla, Baglioni non esclude, in un prossimo futuro, di tornare anche negli stadi, dai quali manca dal 2003. «Nella mia testa c'è l'idea di tornarci, di sentire ancora quella botta allo stomaco quando entri davanti a 80mila persone». A patto, spiega, di avere un progetto ad hoc perché troppe volte «gli artisti non tengono conto delle location in cui si esibiscono, non hanno la percezione del luogo e della sacralità di certi luoghi. Per me, bisogna indossare un vestito diverso a seconda della cerimonia alla quale si partecipa».
Ecco, l’orchestra è pronta, le luci sono tutte puntate sul divo Claudio che ammalia, come sempre, con il suo timbro graffiante e tremulo al punto giusto. Un piccolo miracolo del nostro pop che si rinnova e che riesce ancora ad ammaliare le generazioni di ieri e quelle di oggi, cresciute con le sue canzoni, e con messaggi come questo: «Credo nell’amore universale. Un nuovo mondo non è utopia ma ha bisogno di padri che siano punti fermi». Parole di un artista non si è mai tirato indietro sulle grandi questioni, come quando tra il 2003 e il 2012 organizzava a Lampedusa O' Scià per parlare di migranti e accoglienza.
«Tutte le cose hanno un tempo, anche o' Scià. Era un invito all'incontro. Oggi potrebbe essere strumentalizzato», dice con una punta di mestizia per poi aggiungere: «Su certi temi non bisogna esaltare troppo il ruolo dell'artista che nell'esercito della buona volontà rappresenta il trombettiere: dà la carica, ma la guerra la fanno i fanti sul terreno».