Sociologia. Addio Franco Cassano, teorico del "pensiero meridiano"
Franco Cassano
Il pensiero meridiano è stata una fertile espressione di Franco Cassano, appena scomparso a 78 anni, sociologo meridionalista (credo non se ne avrebbe a male) nella grande tradizione del meridionalismo di Gaetano Salvemini dei grandi pensatori che all’Unità d’Italia si posero il problema della differenza all’interno del nostro paese. Franco Cassano a lungo ha collaborato per questo giornale, e oltre al geniale "pensiero meridiano" (che usci la prima volta nel 1997) ha lavorato sulle concezioni "differenti" del tempo e sulla "partita doppia", cioè sulle vicende che conducono alcuni umani a fare modestamente il bene o modestamente il male. La sua vocazione è rimasta però ancorata alla fertilità della diversità dei tempi e dei luoghi.
Oggi che siamo un po’ meno stupidi e parliamo di transizione ecologica, sappiamo bene quale è il vantaggio del Mezzogiorno, proprio non avere avuto quello sviluppo tanto auspicato. E quando l’ha avuto ha creato i mostri come l’Ilva di Taranto o l’inferno di Augusta e Priolo. Forse oggi il ritardo del Mezzogiorno è l’unico vantaggio che ha l’Italia rispetto al resto d’Europa, vantaggio culturale, economico, paesaggistico, biologico, climatico, agricolo, turistico. Sarebbe interessante che Draghi cominciasse da questo se non ha già perso l’anima a Bruxelles.
Rileggendo Cassano si sente un clima di cui ci sarebbe di nuovo bisogno. Anche se - e non è colpa sua - la sua sociologia manca di antropologia. D’altro canto dove sono gli studi sul campo, i fieldwork che potrebbero raccontare dal vivo cosa è oggi il Sud d’Italia? Non c’è quasi nulla dopo De Martino, e quello che c’è è stato creato da outsider come Urich Van Loyen su Napoli (Napoli sepolta, viaggio nei riti di fondazione di una città, Meltemi 2021). In Sicilia vige un’accademia baronale che non fa ricerca sul campo da decenni, ma le cose non sono diverse altrove, con qualche magnifica eccezione, Mariella Pandolfi che si occupa di tarantismo, Vito Teti che si occupa di paesi abbandonati. Il resto è tristezza di corridoi e di cattedre ma poca vita. E invece ce ne sarebbe bisogno.
A leggere le bigliografie dei titoli di Franco Cassano, stringe il cuore: si ha nostalgia degli anni in cui il Sud era un luogo di ricerca sul campo, gli anni delle inchieste e del vivere a contatto con le questioni. Oggi del Sud quotidiano si sa ben poco, se ne hanno immagini da stereotipo e cartoline televisive. O se volete c’è Saviano che sostituisce il giornalismo alla ricerca sul campo. E noi ci siamo abituati a prendere per buone tutte le definizioni "giuridiche" e "criminologhe" del Sud d’Italia, tra Sacra Corona, N’drangheta, Camorra , Mafia e Sacra Stidda. Ed è il motivo per cui il Sud è ancora il campo di un "tarantinismo", cioè di una visione miserabilista e da serial alla Tarantino. Il Sud come grande macchina del miserabilismo che salva gli scrittori poco dotati e li premia perché si occupano dei bassifondi. Per questo non abbiamo mai una vera analisi delle classi medie meridionali e delle classi dirigenti meridionali. Franco Cassano ci ricorda che il Sud non è il western all’italiana che fa comodo a Netflix & Company, ma un posto ancora per buona parte sconosciuto.