giovedì 3 ottobre 2024
Il 74enne cantautore romano in tour con "Autoritratto" incanta ancora per la voce ed emoziona con la sua profondità di pensiero. Al Forum di Assago ultima delle tre serate da standing ovation
Renato Zero durante il concerto del 2 ottobre al Forum di Assago

Renato Zero durante il concerto del 2 ottobre al Forum di Assago - Simone Cecchetti

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“A Nì, ma che hai combinato?” Verrebbe da chiedere all’eterno Renatino di via Ripetta vedendolo ancora così zeromatto. A 74 anni appena compiuti, il "cantaistrione" romano tiene la scena da mattatore puro. Lo fa per tre ore in un cantar leggero che poi così leggero, a tratti, non è nemmeno tanto, perché con l’orchestra d’archi da circo di balocchi e tarocchi del Teatro Tenda che fu nei ’70, prende la forma aulica della Zeropera. Spetaccolo unico questo Autoritratto in cui uno ieri meno lontano stringe e abbraccia un oggi dove il presente non basta mai a nessuno e allora servono iniezioni di fiducia e di energia che solo certa musica che non scade mai può regalare. Perciò grazie a Renato Fiacchini, classe 1950, in arte Renato Zero, per la sua unicità.

L'unico cantautore che non si rivolge a un pubblico ma alla sua "comunità"

Zero è l’unico cantautore italiano che dopo mezzo secolo di salite e discese rapide dal palco è riuscito a trasformare il suo pubblico, sempre più trasversale, in una comunità. Lo fa con spontaneità da uomo del popolo che non rinuncia mai ad andare incontro alla gente. “Non so quante mani ho stretto in vita mia a gente che non saprò mai come si chiama”. Niente trucco stasera. Spettacolo autentico soprattutto per l’umanità che si respira e che riflette sincera sotto i fari del Forum di Assago. Te ne accorgi quando sui gradoni, seduto stretto stretto al tuo amore, vedi intere famiglie generate da quelli che agli inizi del viaggio del Carrozzone zeriano erano soltanto dei “sorcini” spaventati dalla lotta ai tabù, e invece adesso sono cresciuti, hanno imbiancato pareti di case e i capelli per diventare colonne solide e roccia, parte di quella famiglia allargata che Renato ha cercato e voluto per tutta la vita. Una vita fatta di provocazioni a volte incomprese, di voglia di riscatto per riscattare non solo se stesso ma gli altri, gli ultimi. Quelle creature sole e indifese come era Renatino agli inizi. “Ce so nato, stavo nella culla e già sentivo sta puzza de solitudine”, dice con il cuore in mano.


Sulla scena da mezzo secolo: "Io sono uno che ha quasi 4 volte vent'anni"

Cinquant’anni dopo l’ex ragazzo del Piper si traveste ancora, ma in quel camuffamento e il continuo cambio d’abito di scena c’è sempre stata la necessità di coprire la propria vulnerabilità che è quella in cui si riconosce un popolo intero, che lo segue e che aspetta da Renato una parola di conforto, un brano e una carezza. I cappelli e le palettes scintillanti sono quella luce esteriore che poco ha a che vedere con il faro acceso della sensibilità e della speranza che Renato si porta dentro. Ha superato tutti gli ostacoli della pubblica ottusità e spianato le barriere da Amico vero che cerca di non negare mai un sorriso e una stretta di mano alla sua gente. In fondo è solo per un “grazie di questo incontro” gridato con l’anima che non rinuncerebbe mai a una serata tra amici. Li va a cercare in platea, gli chiede di cantare a squarciagola ancora una volta che “il più fico amico è chi resisterà”. La resistenza oggi è fatta di piccoli miracoli quotidiani, come la voglia di stare insieme e di riconoscersi nello sguardo dell’altro senza voltare la testa se qualcuno ti chiede aiuto. Non voltare la testa, “amalo” ricorda Renato che alla veneranda età di uno che in fondo ha solo “quasi 4 volte vent’anni” canta L’Amore sublime. “E non esiste casa che non sia il tuo nome / E non esiste un'ombra nelle tue parole / E non esiste niente oltre i miei cinque sensi / E non c'è luogo al mondo dove non ti pensi.”


Poeta tra i poeti che lo ringraziano: "Grazie per i migliori anni della nostra vita"

Sono versi da poeta, che quando sermoneggia, saggio e disincantato, e la lingua sdrucciola sulla buccia sgrammaticata pudico sghignazza e chiede venia, per essere rimasto il ragazzo “che c’ha la terza media”. Renato poeta tra i poeti invisibili della sua comunità che lo accompagna con la certezza che ognuno può dire, in tutto questo tempo trascorso al suo fianco, di aver vissuto La favola mia. Renato chiede un abbraccio A braccia aperte, sorride guardando il Cielo e piange quando pensa che un giorno, “senza che noi ce ne accorgeremo”, lo spettacolo finirà. E allora la lacrima scende giù anche all’ultimo spettatore dell’ultima fila del Forum che per non farsi vedere nasconde il viso e gli anni. Renato trattiene la sua goccia di rugiada dagli occhi e rassicura: “Ma no, non finirà mai quello che abbiamo seminato insieme”. Gli zerofolli allora possono tornare a casa felici e continuare a “pescare sospesi su di una soffice nuvola rosa”, convinti che questi con Renato sono stati davvero I migliori anni della nostra vita.

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