mercoledì 21 giugno 2023
Il fuoriclasse del Real e l’ennesimo episodio vergognoso nella partita simbolica del Brasile per la prima volta in maglia nera. Storia di un talento delle favelas grato a Dio e ai suoi genitori
Vinicius Jr., stella del Real, qui con la maglia del Brasile per la prima volta nera contro il razzismo

Vinicius Jr., stella del Real, qui con la maglia del Brasile per la prima volta nera contro il razzismo - Ansa/Epa

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Deriso, insultato, ricoperto di buu. Il suo nome purtroppo è diventato comune quando bisogna fare i conti con l’imbecillità da stadio. Per tutta la stagione Vinicius Júnior, stella brasiliana del Real Madrid, ha dovuto dribblare anche le idiozie piovute ogni settimana dagli spalti. L’ultimo incredibile episodio è avvenuto domenica in una partita che aveva un forte valore simbolico per condannare ogni forma di razzismo. A Barcellona Brasile e Guinea si sono sfidate in amichevole e la nazionale verdeoro per la prima volta ha indossato una speciale maglia nera per protestare contro ogni discriminazione e in segno di solidarietà con Vinicius Jr. Ebbene al termine della gara lo stesso fuoriclasse nero ha riferito che un suo amico, Felipe Silveira, è stato deriso da un addetto alla sicurezza che avrebbe tirato fuori dalla tasca una banana dicendo: “Mani in alto, questa è la mia arma per te”. Vinicius Jr. ha commentato allibito: «Mentre io giocavo con la storica maglia nera e mi commuovevo, il mio amico è stato umiliato e insultato all’ingresso dello stadio. Un trattamento triste, nessuno di loro credeva ai propri occhi. È stato disgustoso. Ma chiedo ai responsabili: dove sono le immagini delle telecamere di sicurezza?», queste le parole del calciatore.

E dire che il mese scorso, dopo la vergognosa serata di Valencia del 21 maggio, Vinicius Jr. aveva ricordato in un lungo video sui social il becero campionario visto quest’anno: «Ogni giornata fuori casa una sorpresa sgradevole. E ce ne sono state tante in questa stagione. Auguri di morte, fantocci impiccati, grida criminose. Tutto registrato. Ma il discorso cade sempre in “casi isolati”, “un tifoso“. No, non sono casi isolati...». Parole amare e accorate: «Ora chiedo aveva attaccato il giocatore brasiliano quanti di questi razzisti hanno nomi e foto esposti in rete? Rispondo io per facilitare: zero. Nessuno che racconti una storia triste o faccia una di quelle finte scuse pubbliche. Perché le televisioni non si preoccupano di trasmettere questa barbarie ogni fine settimana? Il problema è gravissimo e le comunicazioni non funzionano più. Nemmeno incolpare me per giustificare atti criminali. Non è calcio, è inumano». Una denuncia che aveva provocato non poche reazioni politiche e anche un’ondata di solidarietà da parte di tanti suoi colleghi calciatori. È chiaro che il fenomeno chiama in causa prima di tutto le figure educative e quanti hanno responsabilità nella società, ma è tempo che anche gli organismi del pallone facciano la loro parte. Nei giorni scorsi è arrivata l’ultima promessa per bocca di Gianni Infantino, il presidente della federazione calcistica mondiale: Vinicius Júnior guiderà nella prossima stagione uno speciale comitato antirazzismo della Fifa composto da giocatori e delegato a suggerire sanzioni più severe per comportamenti razzisti e discriminatori nel calcio. Vedremo, la speranza però è quella di sentir parlare soltanto delle giocate del funambolico talento verdeoro (per la cronaca autore anche del 4-1 sulla Guinea).

Perché il 22enne attaccante dei Blancos incanta con la palla tra i piedi sin da quando era bambino. Sembrava destinato al futsal più che al calcio a undici, dove peraltro veniva impiegato come terzino sinistro. Ma la sua velocità e i dribbling ubriacanti lo hanno portato presto sotto porta. Ha bruciato tutte le tappe. Con la maglia del Brasile è sempre stato il più piccolo in squadra: a 13 anni era già in Under 15, a 16 faceva magie con l’Under 17 ma era già nei ranghi dell’Under 20. Venticinque gol in ventotto presenze tra tutte le nazionali giovanili. E tanti, tanti gol, anche nelle giovanili del Flamengo il club a cui nel 2017 il Real Madrid versò senza esitazione 45 milioni di euro per portarlo via. Con la camiseta blanca stava quasi diventando un caso perché il suo astro brillava solo in terza divisione con la seconda squadra del club, il Castilla. Poi però ha fatto ricredere tutti mettendo in bacheca col Real tutto quello che si poteva vincere. Gol e sorrisi come il suo idolo Ronaldinho. A colpi di “elastico” e “lambretta” (le sue giocate preferite), è arrivato dove un ragazzino nato a São Gonçalo può solo sognare. Parliamo di una delle favelas più povere e pericolose di Rio de Janeiro. I suoi genitori hanno dovuto fare tanti sacrifici per tirarlo su. Ma lui non l’ha dimenticato. La famiglia e la fede cattolica sono la sua bussola come aveva confidato al quotidiano Marca che lo incalzava: «Se qualcuno facesse un film sulla tua vita, che titolo vorresti?». E lui «Benedetto da Dio». Anche nei momenti duri, forte di quel passo della Bibbia che vale più di un dribbling: «Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada».

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