Gianluca Vialli (1964-2023) alza al cielo la Champions League 1995-’96 vinta con la Juventus contro l’Ajax - Ansa
Pubblichiamo degli stralci del libro “Le cose importanti” di Gianluca Vialli (a cura di Domenico Baccalario e Marco Ponti. (Mondadori, pagine 156, euro 19,00) che verrà venduto lunedì sera al Teatro Carlo Felice di Genova in occasione dell’evento “My name is Luca. Ballata per Vialli”. Evento benefico unico ideato e promosso dalla Fondazione Vialli e Mauro, nel primo anniversario dalla scomparsa di Gianluca Vialli. Ilaria D’Amico e Tommaso Labate condurranno il pubblico in un emozionante viaggio in compagnia di tanti amici del mondo della musica, della cultura e dello sport. Il ricavato della serata sarà devoluto dalla Fondazione Vialli e Mauro a sostegno del progetto “Momals”: monitoraggio e analisi multi-omica della Sla”, dei Centri Clinici NeMo di Milano e Arenzano (Ge), che mira a dare una forte accelerazione nel percorso di ricerca e comprensione delle basi molecolari e di progressione della Sla nel tempo.
Io penso che se tu trovi veramente uno scopo nella vita, e credo che sia una cosa rara, un privilegio, quando ti succede devi fare di tutto per perseguirlo, devi dare il massimo e cercare delle altre persone che possono essere coinvolte come te nella stessa missione: allora diventa una cosa straordinaria, perché si crea un’emozione, un rapporto di fratellanza, di amicizia, e si condividono le cose belle e quelle meno, si generano ricordi ed emozioni che ti porterai dentro per tutta la vita e si costruiscono rapporti che ti aiutano a crescere, a migliorare, a non sentirti mai solo nei momenti di difficoltà. Uno di questi momenti, legato alla mia carriera calcistica, mi riporta ai tempi della Sampdoria, a una partita giocata in casa contro la Roma, stagione 1990-1991, quella dello scudetto. Alla fine del primo tempo siamo 1-1, e io ricordo di essere entrato nello spogliatoio e… le avevo ogni tanto questo tipo di uscite, dovevo scaricare in qualche modo la rabbia agonistica, la tensione. A volte riuscivo a trasformare il tutto in energia positiva che trasferivo sul campo, a volte me la portavo nello spogliatoio alla fine del primo tempo, e quindi dovevo in qualche modo liberarmene prima che diventasse controproducente. Comincio un po’ a lamentarmi, a dire: «Ma cacchio, ragazzi, passate la palla al vostro centravanti, il vostro centravanti è lì che si fa un mazzo così, merita qualche passaggio in più!
Dai, forza ragazzi, datemela di più, che poi sapete come funziona, voi mi passate la palla e poi dovete semplicemente venire ad abbracciarmi, perché io trasformerò i vostri meloni in palloni e vi farò diventare degli assistman».
Dico più o meno così, ma non con questo tono simpatico, ero veramente arrabbiato. E do un pugno alla porta, che non era particolarmente solida, e si sfonda. Nel secondo tempo vinciamo 2-1.
Alla Juventus la sveglia era la telefonata dell’Avvocato
Ricordo che, quando ero alla Juventus, mi capitava di ricevere la classica telefonata mattutina dell’Avvocato. Succedeva così: mi chiama il centralino e mi dice «Qui casa Agnelli, signor Vialli? Le passo l’Avvocato». I primi tempi le chiamate arrivavano alle sei e mezzo del mattino, quindi immaginatevi me completamente rimbambito dall’essere andato a letto alle due di notte, l’Avvocato che mi fa un paio di domande, io che balbetto qualcosa, ancora con la bocca impastata, e lui che subito si stufa e mi dice «Va bene, arrivederci Vialli, in bocca al lupo» e riattacca. Che figura, ogni volta. Allora, per risolvere il problema mi sono messo d’accordo con il suo centralino e gli ho detto: «Guardi, mi dia una mano, mi metta in coda alle telefonate», dato che Gianni Agnelli era solito fare tra le trenta e le quaranta telefonate al mattino. Così la sua chiamata cominciò ad arrivare alle nove e mezzo circa. A quell’ora riuscivo a spiccicare due parole, potevo prepararmi meglio, e quindi la conversazione si prolungava e diventava molto più interessante, spero, anche per l’Avvocato. In questo modo facevo bella figura e riuscivo a dormire per bene.
Più che il consiglio, dare l’esempio ai nostri figli
I nostri figli seguono il nostro esempio molto più che i nostri consigli, e quindi ho cercato di parlare di meno e di agire di più: con i miei comportamenti provo a spiegare come si dovrebbe affrontare la vita. Mi sforzo di essere un buon esempio: mi impegno a fare le cose per bene, di essere perseverante, generoso, di avere compassione per gli altri, di essere grato per quello che ho. Certo, sono tutte cose che a parole mi riescono benissimo, ma poi, nei fatti, tante volte non ce la faccio, ne sono consapevole. Comunque cerco sempre di fare la cosa giusta, e se poi non ci riesco… come si dice, nessuno è perfetto! Io voglio essere un bravo marito, un bravo padre e un bravo figlio, perché ho la fortuna di avere ancora i miei genitori. Ed essere un bravo fratello e un bravo amico. Poi, purtroppo, so che quando sono emotivamente coinvolto in un progetto di lavoro a tempo pieno faccio fatica a gestire tutto. Oggi sono veramente felice e grato perché credo di aver trovato il giusto equilibrio tra quello che voglio fare professionalmente e quello che reputo importante a livello di rapporti interpersonali...