Un'immagine dell'allestimento di "Play" a Venaria Reale - .
I videogiochi sono tra le forme più attuali e praticate di divertimento al mondo: coinvolgono giovani e adulti, tutte le classi sociali senza distinzioni, tutte le nazioni e i livelli culturali. L’azione giocosa – sosteneva il grande storico e linguista olandese Johan Huizinga, autore di uno dei più importanti saggi sul gioco mai scritti, Homo Ludens, edito in Italia da Einaudi nel 1946 – è alla base della civiltà umana. Ed è a partire da questa riflessione che fino al 15 gennaio 2023 le Sale delle Arti della Reggia di Venaria propongono “Play videogame arte e oltre”, esposizione che indaga i videogiochi come “decima forma d’arte”, evidenziandone gli impatti nella società contemporanea.
I videogiochi sono infatti spesso intesi come forma di puro intrattenimento e divertimento, ma oggi si sono evoluti in diversi campi, dal game design alla scrittura, passando per le colonne sonore, posizionandosi in modo sempre più rilevante come parti attive di processi di formazione e coinvolgimento politico. «Oggi – spiega Guido Curto, uno dei curatori della mostra insieme al game designer Fabio Viola – i videogiochi sono un vero e proprio comparto creativo che ormai non può più essere inteso solo come un mondo di evasione ludica ma come un vero e proprio avamposto dove nascono idee e visioni, e convivono le forme d’arte più tradizionali con diversi approcci e molteplici significati. Solo in alcune dittature contemporanee e nelle sacche di estrema povertà i videogiochi non trovano alcun spazio. E questo è un segnale da cogliere».
È a partire da due domande, perciò, che la mostra si interroga nel corso delle dodici sale: i videogiochi sono una forma d’arte? Possono avere un ruolo politico attivo nelle nostre vite? La mostra non è perciò tanto la celebrazione di una delle industrie creative più importanti al mondo, con un fatturato da oltre duecento miliardi di dollari ogni anno, quanto un invito a una riflessione collettiva sul ruolo che i videogiochi, oggi, rivestono nella vita quotidiana.
Il percorso espositivo mette per prima cosa a confronto le tele digitali dei maestri dei videogiochi in dialogo con celebri capolavori d’arte, invitando lo spettatore a riflettere sulle nuove estetiche, culture, linguaggi, politiche ed economie del XXI secolo: così si entra in contatto con le influenze che De Chirico, Hokusai, Calder, Doré, Savinio, Piranesi, Kandinskij, hanno avuto sulle estetiche di videogiochi. Il videogioco quindi è presentato in connessione con la mitologia contemporanea.
Se è innegabile l’influenza che artisti e linguaggi della tradizione hanno saputo esercitare sulle estetiche videoludiche, qui viene ribaltata la prospettiva. Oggi i videogiochi diventano soggetto e oggetto della pratica artistica, influenzando intere nuove generazioni con nuove espressività. A creare un ideale momento di congiunzione tra i maestri del passato e la generazione di artisti contemporanei, sono le opere di Andy Warhol, visto come antesignano dell’arte digitale grazie ad alcuni lavori del 1985 e 1986 sul Commodore Amiga 1000.
Una lunga linea narrativa accomuna poi le grandi storie umane e posiziona i videogiochi come ultimo anello di una catena iniziata con l’Epopea di Gilgameshfino ai giorni nostri con Star Wars, Matrix ed Harry Potter. Le due sale dedicate ai temi di Eros e Thanatos presentano poi al visitatore una serie di videogiochi che hanno generato un impatto nella vita di milioni di persone attraverso nuove forme interattive di scrittura. Rispetto alla scrittura e al cinema, infatti, i videogiochi attuano sempre più un passaggio dallo storytelling allo storydoing: quindi la storia non è più solo ricevuta, ma co-generata dai giocatori attraverso le scelte fatte.
Oggi inoltre i videogiochi rappresentano, come si diceva, anche un laboratorio sociale e politico. Dalle marce pacifiste per l’Ucraina in The Elder Scrools Online, ai titoli che stimolano prese di posizione legate ai grandi temi del XXI secolo: ecologia, geopolitica, guerra, privacy. Opere come Paper, Please, che mette il giocatore nei panni di un ispettore di frontiere addetto al controllo immigrazione, Riot, This War of Mine, Path Out, gioco narrativo che segue il viaggio di Abdullah Karam, siriano in fuga dalla guerra civile nel 2014, o Bury Me, My Love, gioco che racconta la storia una migrante siriana che intraprende un viaggio verso la salvezza aiutata dal marito, sono tutti esempi di gioco con una forte immedesimazione educativa.
Oggi i videogiochi incarnano le nuove piazze dove riflettere sui grandi temi della contemporaneità, andando di fatto a sostituire, in parte, anche il ruolo della tv. L’ultima sala infine ripercorre la strada fatta dai giochi in cinquant’anni dalla loro nascita; un’evoluzione non solo tecnologica e creativa, ma sociale, da Pac-Man ai giochi della Playstation, passando per il Game Boy, che ha portato il gioco fuori dalle mura domestiche, fino ai metaversi e alla realtà virtuale.
L’Italia, rispetto ad altri Paesi, non è ancora al passo da un punto di vista industriale, ma esistono diverse esperienze di ricerca sulle nuove tecnologie e il rapporto con gli ambienti educativi che dimostrano l’attenzione viva sull’argomento. Il videogioco oggi è per cui diventato uno strumento di dialogo e democrazia costruita dal basso, giocando ci si interconnette in un processo partecipativo, universale, trasversale e interculturale, grazie a quella che Viola definisce «contaminazione tra discipline », dove «su una medesima tela digitale convivono pittura, scultura, musica, poesia, architettura, fotografia, fumetto ma anche cinema e danza, dando vita a quella che potremmo definire come la decima forma d’arte. Un intreccio tra arti statiche (figurative, architettura, statuaria, fotografia, letteratura) e arti in movimento (cinema, arti performative, musica) su cui insiste il tratto distintivo dell’interattività (grande punto di rottura rispetto alla tradizione) da intendersi come una serie di input generati dai partecipanti in grado di generare degli output da parte del sistema».