A Washington la data del 24 febbraio 1917 poteva essere una come un’altra del terzo anno di guerra. Quel giorno del calendario segnò invece la storia degli Usa. Il presidente Woodrow Wilson rese pubblico il telegramma Zimmermann, cosa che contribuì ad accelerare l’ingresso degli americani nel primo conflitto mondiale. Tutto era partito con l’annuncio tedesco del 31 gennaio circa l’utilizzo degli U-Boot nella guerra sottomarina indiscriminata ai convogli in Atlantico e la conseguente rottura delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Germania. «La guerra subacquea tedesca fu importantissima perché costituì la risposta al blocco navale che strangolava la Germania – spiega lo storico Mariano Gabriele, tra i massimi studiosi navalisti italiani ed europei –. Malgrado la vittoria dello Jutland, non si può dire che la flotta tedesca d’alto mare abbia minacciato seriamente la Gran Bretagna, mentre l’azione degli U-Boot sì, anche perché si trattava di una guerra nuova, dato che lo strumento subacqueo, non più sperimentale ma operativo, proprio perché nuovo era privo di regolamentazione internazionale.
Dal febbraio all’agosto 1915 venne condotta la prima campagna sottomarina senza restrizioni, dichiarando zona di guerra le acque intorno alla Gran Bretagna, e nel 1915 le perdite dell’Intesa raggiunsero le 749mila tonnellate ( Tsl). L’Ammiragliato era contro i convogli e non intendeva deflettere. Le perdite del 1916, mentre un triste «inverno delle rape» tormentava la Germania, aumentarono paurosamente a 1.238.000 tsl, destando preoccupazioni serie nell’Intesa, tanto più che nel febbraio 1917 la guerra subacquea tornò a essere senza restrizioni. L’intervento americano cambiò le carte in tavola. Anticipati nel Mediterraneo dalla Regia Marina che il 13 marzo 1917 ottenne il primo convoglio scortato da Gibilterra, giunto senza perdite a Genova, gli americani imposero i convogli atlantici, gestiti da un apposito Comitato: il 10 maggio Lloyd George avviò il primo, contro il parere dell’Ammiragliato.
«Nuove armi e nuovi metodi di lotta, come mine, aerei, convogli, condussero – prosegue lo storico Gabriele – alla sconfitta degli U-Boot nel 1918: le mine furono perfezionate e posizionate a migliaia; prodotte in serie da luglio negli Stati Uniti alimentarono uno sbarramento tra le Orkney e la Norvegia di 13.000 ordigni inglesi e 56.000 americani. In agosto gli U-Boot tentarono di attaccare in massa trasporti di truppe e persero metà dei battelli e 150 ufficiali: il 25 ottobre furono richiamati dall’ammiraglio Scheer e la guerra subacquea tedesca finì». Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu proprio quel documento inviato via telegrafo il 16 gennaio 1917 dal ministro degli Esteri dell’Impero germanico Arthur Zimmermann all’ambasciatore tedesco in Messico, Heinrich von Eckardt che provava la richiesta di alleanza tra Berlino e il Messico. Il messaggio fu intercettato, decifrato da un’unità di spionaggio della Marina Militare britannica chiamata Room 40 guidata dall’ammiraglioWilliam Hall. Poi consegnato all’ambasciatore Usa a Londra Walter Page.
Il Congresso Usa il 2 aprile decise per l’entrata in guerra degli Stati Uniti contro gli Imperi Centrali. «La disavventura del telegramma Zimmermann, decrittato nella stanza 40 dell’ammiragliato londinese – aggiunge Gabriele – fornì a Londra una formidabile arma politica nei confronti degli Stati Uniti perché l’imprudente comunicazione non solo prometteva al Messico il Texas, il Nuovo Messico e l’Arizona, perduti nel 1848, oltre a un “generoso” aiuto finanziario, ma suggeriva un approccio al Giappone per attaccare gli Stati Uniti da tutte le parti. Wilson, che pure durante la campagna elettorale del 1916 aveva promesso la pace, convocò il Congresso il 2 aprile e il 6 gli Stati Uniti erano in guerra.
Presidente e opinione pubblica avevano un atteggiamento moraleggiante: si disse che da una parte c’era una banda di ladri e dall’altra una di assassini, e si preferivano i ladri dell’Intesa come minore dei mali. Forti e ricchi, gli Stati Uniti si ritenevano depositari della morale e sia Wilson che il segretario di Stato Lansing non vollero compromettersi troppo con l’Intesa, restando cobelligeranti associati per tutto il conflitto. Durante il quale Washington, che già aveva fatto grandi affari durante la neutralità con i franco-britannici, si arricchì ulteriormente e usò i prestiti che concesse agli alleati come strumento politico, suscitando le rimostranze di Keynes». Ma Wilson, già nel 1916, rammentando a tutti che le guerre si facevano anche col denaro, aveva enunciato la volontà di costruire una flotta che fosse «incomparabilmente la massima Marina militare del mondo».