lunedì 22 luglio 2024
Arriva la seconda stagionedella fiction ispirataal libro di Mencarelli. Lo scrittore: «Le nuove generazioni hanno bisogno di adulti in grado di affrontare il tema della complessità».
Daniele Mencarelli, Federico Cesari e Fotinì Peluso al Giffoni Film Festival

Daniele Mencarelli, Federico Cesari e Fotinì Peluso al Giffoni Film Festival

COMMENTA E CONDIVIDI

Due anni fa, a partire dal libro autobiografico di Daniele Mencarelli, il regista e sceneggiatore Francesco Bruni ha deciso di affrontare il disagio mentale, un tema spinoso e ancora tabù, con una serie prodotta da Netflix, Tutto chiede salvezza, un viaggio comico, drammatico e romantico attraverso i propri demoni che vede protagonista un ragazzo ricoverato per una settimana per un TSO (trattamento sanitario obbligatorio), lontano dal mondo, dopo un momento buio di violenza. In quei giorni Daniele affrontava un difficile percorso di conoscenza e accettazione di sé in mezzo ad altri pazienti, culminato con la storia d’amore con Nina, giovanissima attrice in crisi.

Da quando abbiamo lasciato Daniele molte cose sono cambiate: lui e Nina sono diventati i genitori della piccola Maria, ma poco dopo la sua nascita si sono allontanati. Li ritroviamo che si contendono l’affidamento della bambina con il supporto delle rispettive e diversissime famiglie. Dopo l'intensa esperienza vissuta durante la settimana di TSO, Daniele ha scelto di diventare infermiere e, grazie all'intervento della dottoressa Cimaroli, sta per entrare come tirocinante nell'ospedale in cui era stato ricoverato. Ha cinque settimane per dimostrare al giudice che quello può diventare un impiego stabile, accreditandosi come un genitore affidabile. In questa nuova veste conosce i nuovi pazienti della camerata, che lo costringono a riflettere sul suo eccesso di empatia verso il dolore degli altri e che rischiano di farlo deragliare di nuovo. Cinque settimane raccontate in Tutto chiede salvezza 2, che saluta il ritorno di Bruni alla regia e alla sceneggiatura – con Mencarelli e Daniela Gambaro – e quello dei due giovani protagonisti, Federico Cesari e Fotinì Peluso, affiancati da attori già incontrati nelle precedenti puntate, tra cui Ricky Memphis, Raffaella Loborroni, Filippo Nigro, Carolina Crescentini, Bianca Nappi e alcune new entry come Drusilla Foer, Valentina Romani, Vittorio Viviani, Samuel Di Napoli.

Se la nuova stagione sarà disponibile su Netflix dal 26 settembre, la prima puntata è stata presentata in anteprima al Giffoni Film Festival, alla presenza dei due protagonisti e di Mencarelli, che ha vissuto quella esperienza sulla propria pelle.

Bruni è però intervenuto attraverso un collegamento streaming: «La seconda stagione – ha detto – sarà più tesa e drammatica, d’altra parte nel settimo episodio della prima Daniele confessava la sua paura di uscire dall’ospedale e affrontare il mondo reale. Ad attenderlo questa volta c’è un doppio stress: quello generato dai suoi rapporti con i pazienti del reparto, e quello scatenato dalla battaglia legale con Nina, fomentata dalla madre di lei. Gli amici poi si sono tutti un po’ dispersi, anche se li vedremo magicamente riunirsi». Mencarelli, aggiunge: «Mi era rimasta la voglia di continuare a celebrare quelle persone e quei temi, e la seconda stagione è stata una meravigliosa occasione di indagine. Le nuove generazioni hanno bisogno di adulti in grado di affrontare il tema della complessità, superando l’incapacità di trovare le parole giuste al momento giusto, e la malattia mentale merita di essere oggetto di condivisione».

E a proposito della complessità, schiacciata oggi da una eccessiva semplificazione che passa prima di tutto attraverso un linguaggio impoverito anche da brutali sintesi imposte dai social, Cesari commenta: «Questa volta Daniele, infermiere e padre, è chiamato ad affrontare responsabilità personali e sociali importanti, tenendo a bada contraddizioni, ansia, attacchi di panico. La complessità è un’esigenza forte della mia generazione per far fronte all’appiattimento del linguaggio e delle modalità di comunicazione. È sempre più necessario allora un reale scambio interpersonale, un dibattito emotivo che non si limiti alla condivisione di tempo in un contesto di intrattenimento. E le arti sono di grande aiuto per sollecitare analisi e riflessioni». «In un contesto di analfabetismo emotivo, sociale e sentimentale – aggiunge la Peluso – abbiamo smarrito il senso dei valori umani e del contatto con gli altri, e le tecnologie non fanno che amplificare la distanza tra le persone. Non mi piace quello che vedo intorno a me, sono delusa dalla superficialità dei rapporti e mi sorprendono quelle persone che riescono invece ad avere scambi e contatti autentici con gli altri. Gli esseri umani non possono che salvarsi da soli, colmando la distanza abissale che ci divide, e l’arte ci aiuta a riflettere, a prendere coscienza di noi stessi».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: