Il cantautore Claudio Chieffo (1945-2007) - Benedetto Chieffo
Le canzoni di Claudio Chieffo non vengono cantate solo in chiesa o nelle riunioni di Comunione e liberazione. Alcune sono anche liturgiche ma tutte toccano corde esistenziali e, potremmo dire, “politiche”. Nel senso che rimandano al significato ultimo della vita, al destino che appartiene a ogni uomo e alla sua responsabilità di fronte alla realtà che è chiamato a vivere. Cioè a una “libertà che è partecipazione”, per usare, non a caso, la frase di una famosa canzone di Giorgio Gaber che entusiasmò don Luigi Giussani, colui che a Chieffo fece incontrare Dio, umanamente educandolo all’esperienza cristiana.
E proprio per questa profondità (ma non va sottovalutata la qualità artistica) la Canzone degli occhi e del cuore, Il viaggio, La strada, Reina de la paz e Il seme, sono entrate nella memoria e nelle orecchie di almeno un paio di generazioni: milioni di persone in Italia e nel mondo, con estimatori anche fuori degli ambienti cattolici, tra artisti e gente comune di estrazione e sensibilità diverse: agnostici, atei, anarchici, buddisti, ebrei. E adesso, a quattordici anni dalla scomparsa del poeta cantautore forlivese, 22 cover del suo vasto repertorio (oltre cento canzoni in 45 anni di carriera) sono state inserite nell’album Chieffo charity tribute: si tratta di brani reinterpretati da artisti di primo piano della scena musicale italiana e internazionale. Ci sono, tra gli altri, Luca Carboni, Giorgio Conte, Gioele Dix, Paolo Fresu e Daniele Di Bonaventura, Giovanni Lindo Ferretti, Omar Pedrini, Davide Van De Sfross, ma anche Lombroso, Paolo Cevoli e il duo Sparagna-Aversano. Ognuno presente col suo stile e la sua impronta musicale senza mai stravolgere la verità e la bellezza dell’originale. I proventi della vendita dell’album (che comprende due cd ed è in vendita sul sito www.chieffo.it) saranno devoluti in beneficenza (al netto delle spese di produzione) a Esharelife Charity Foundation per sostenere i progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario di Avsi in Keya.
Insomma, il momento per una prima rivalutazione in chiave “ecumenica” dell’opera di Claudio Chieffo è arrivato. «Nel 2006, un anno prima che mio padre venisse a mancare – racconta uno dei tre figli del cantautore, Benedetto – un amico scrisse che ci sarebbe voluto del tempo per poter valutare nella sua vastità e nella sua profondità l’influsso che le sue canzoni hanno avuto su così tanta gente in tutto il mondo». Ed è stato proprio Benedetto a organizzare questa operazione discografica, con la collaborazione di Punto Fermo, del Comitato amici di Claudio Chieffo e con il patrocinio del Club Santa Chiara.
Sorprende la varietà delle interpretazioni. E il coraggio di alcune pop-star per avere scelto brani che appartengono alla tradizione liturgica. «È stato così, ad esempio, per Luca Carboni – sottolinea Benedetto Chieffo – che ha scelto di cantare Io non sono degno, un pezzo soprattutto religioso». Benedetto aveva chiesto un contributo artistico anche a Francesco Guccini. «Erano amici e con lui, che è una meravigliosa persona – uno che non ti guarda mai dall’alto in basso – papà aveva fatto diversi concerti; i due si stimavano reciprocamente nonostante la diversa posizione rispetto alla fede, perché Francesco si definisce agnostico e io li ricordo entrambi nel ’99 – ci svela Benedetto – sul palcoscenico del teatro di Carpi per un’iniziativa benefica». Però Guccini a 81 anni e con qualche acciacco non se l’è sentita di ritornare in sala di registrazione e così ha deciso di partecipare, per amicizia nei confronti di Claudio, alle spese di produzione del disco. «A casa conservo ancora un berretto cucito a maglia – rammenta Benedetto – che Francesco regalò a papà in cambio di un colbacco con lo stemma sovietico che lui aveva comprato in un viaggio a Mosca».
Un altro rapporto forte, Chieffo senior l’aveva con Giorgio Gaber, a cui ha dedicato la Canzone del melograno, che apre il cd 1 della raccolta nell’interpretazione di Giacomo Lariccia. «Era uno strano incontro tra il suo “dubbio” e la mia “certezza” – ricordava Claudio in un'intervista –, “Io non potrei mai fare canzoni come quelle che fai tu, ci sono troppe certezze dentro, però… Il fiume e il cavaliere …mi piace” e io a dirgli che di certezze ne avevo una sola: la misericordia di Dio che, se anche lui non la sentiva, però c’era. Una volta, molti anni dopo, al termine di un suo incontro al Meeting di Rimini mentre lo salutavo con i miei figli (li chiamava i chieffini), Giorgio mi disse “Beato te che hai un popolo a cui appartenere!”». Alla faccia dei pregiudizi. Come nel caso di Giovanna Marini, cantautrice e ricercatrice etnomusicale, ex partigiana di cultura comunista che nel cd declama Stella del mattino, canto mariano diventato quasi un inno del pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto. Lo recita scandendo ogni parola, come una preghiera, quale realmente è. Davvero commovente. «L’ho cercata e trovata quasi per caso – afferma Benedetto –. Purtroppo Giovanna non riesce più a cantare ma ci ha provato, a 84 anni, con umiltà, nonostante la fatica fisica. Avevo sentito Johnny Cash recitare un brano dell’Apocalisse e quindi ho insistito: mi sembrava il modo migliore per valorizzare le parole di una delle canzoni più belle di papà».