
I giocatori non vedenti in Sud Sudan - Light for the World
Un Paese distrutto dalla guerra civile e dalla povertà sociale, un pallone a “sonagli” simbolo di speranza, un gruppo di giovani pronti a rimettersi in gioco dopo tante difficoltà. È una storia a lieto fine quella del progetto di “Light for the World” e della “Blind Premier League”, il torneo di calcio per non vedenti che in Sud Sudan sta riaccendendo la speranza di un intero popolo. A raccontarla comincia Jimmy Just Augustin, talentuoso capitano del Kator Blind Football Club, che cieco è diventato quand’era bambino, nel 2012: «Fui immediatamente costretto a lasciare il calcio tradizionale ed ero distrutto, pensavo che non avrei mai più toccato palla e che non sarei stato più in grado di praticare alcuno sport» racconta emozionato davanti ai microfoni della Cnn. Finché qualcuno non gli racconta che c’è una possibilità, che ci sono dei ragazzini come lui che si allenano e giocano. Jimmy si unisce a loro, diventa subito l’idolo della squadra: gli affibbiano il soprannome di “Messi”, per il suo naturale talento nel dribblare gli avversari.
Nata appena nel 2023, la giovanissima Blind Premier League è lo strumento di riscatto per tanti come lui: vanta al momento solo quattro squadre iscritte, tutte con sede a Giuba – la capitale del Sud Sudan - le cui rose sono per lo più composte da giocatori adolescenti, ma c’è chi scommette che il fenomeno nei prossimi anni crescerà e contagerà gli altri sport. Anche perché i numeri del Paese - che su 11 milioni di abitanti ne conta ben 1,2 milioni con disabilità e che proprio l’anno scorso ha firmato la Convenzione dei diritti che li tutelano - parlano chiaro: l’inclusione è necessaria, a ogni livello.
Il movimento calcistico per non vedenti nasce soltanto nel 1996, anno in cui l’International Blind Sports Association (IBSA) lo ha riconosciuto come sport ufficiale. Otto anni dopo è il momento di debuttare alle paralimpiadi di Atene 2004, con la vittoria del Brasile, rimasto imbattuto fino alle scorse olimpiadi di Parigi 2024 dove hanno trionfato proprio i padroni di casa in finale contro l’Argentina (i verdeoro ha vinto il bronzo sconfiggendo nella finale per il terzo posto la Colombia).
In Sud Sudan - e in altri paesi africani come, Burkina Faso, Etiopia, Kenya, Mozambico e Uganda – è sbarcato grazie al supporto di Light for the World, un'organizzazione non governativa che lavora per i diritti e l'inclusione delle persone con disabilità, e all’impegno di Simon Madol, profugo di 27 anni che vive nel campo per rifugiati a Giuba, alto dirigente della Blind Premier League e ora anche Ct della nazionale non vedenti. Il suo obiettivo? Più che mai ambizioso: quello di partecipare alla Blind Football African Championship (i campionati nazionali africani) nel 2026, una vetrina sul mondo che potrebbe spalancare le porte delle prossime paralimpiadi a Los Angeles 2028. Arrivarci non è facile: “Il pallone apposito per poter praticare questo sport non è acquistabile nel nostro Paese, il che significa che i nostri giocatori non possono allenarsi altrove, ma solo presso le strutture sportive attrezzate. Le partite sono programmate per essere giocate ogni fine settimana, ma può essere costoso affittare i campi”. È qui che entrano in gioco associazioni come Light for the World, di cui Madol è anche disability inclusion facilitator: “Le persone vengono da località lontane solo per giocare a questo sport. In passato andavano solo da casa a scuola e da scuola a casa” ha detto. “Ma ora c’è un’altra attività, il calcio per non vedenti, dove incontri nuove persone, fai nuove amicizie, comunichi, crei più connessioni”.
Anche se la lega ha due anni di vita ed è ancora agli arbori, Madol non vuole parlare di “sogno” ma pensa che la parola “obiettivo” sia più appropriata per il suo progetto. Lavora per coinvolgere non solo club e giocatori provenienti dal Sud Sudan ma anche da altri parti del continente africano. E dalla sua parte c’è anche Augustin: “Con la disabilità puoi pensare: non sono niente, non ho niente da fare ora, sono inutile, ma non è così. Adesso ho nuovi amici e questa esperienza nel calcio per non vedenti mi rende molto felice. Ecco perché voglio che sempre più giocatori vengano ad unirsi a noi. Perché i leader vanno e vengono. Oggi noi siamo i fondatori. E domani, le prossime generazioni verranno e prenderanno il nostro posto.” Quando non è impegnato sul campo da calcio, Augustin è uno studente universitario del primo anno e si batte per l’inclusione e la disabilità nelle scuole. Il calcio è solo l’inizio.