martedì 31 maggio 2022
Il Cavaliere con il fido Adriano Galliani, hanno preso il Monza in C nel 2018 e l'hanno portato alla prima storica promozione in Serie A. La conferma di un grande fiuto per questo sport.
Il presidente del Monza Silvio Berlusconi con l'ad del club brianzolo Adriano Galliani

Il presidente del Monza Silvio Berlusconi con l'ad del club brianzolo Adriano Galliani

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Se Silvio Berlusconi si fosse occupato solo di calcio (perché sul trash delle sue tv che somigliano tanto a quelle di Putin avremmo da dire), oggi non dovremmo aggiornare settimanalmente la cronaca dei suoi processi ancora aperti. Se il Cavaliere fosse rimasto al comando del Milan, forse i rossoneri non avrebbero perso un decennio per tornare a vincere, come hanno fatto con multinazionali straniere, che arrivano a Milanello, poi lasciano, rivendono all’asta e mettono in difficoltà anche una bandiera rossonera come Paolo Maldini, vero artefice della rinascita milanista. E qui, sua emittenza Berlusconi direbbe ai suoi classici quattro amici al bar sport, che «Paolino, figlio del vecchio Cesare Maldini, è una mia creatura». Maldini Paolo in effetti ha esordito in A 16enne nel suo primo Milan, ed ha appreso talmente tanto, da Silvio e dal suo mentore Adriano Galliani, anche in materia dirigenziale, che non poteva certo fallire la mission. Il fido “antennato” Galliani, monzese doc, classe di ferro 1944, quattro anni fa disse al Berlusca da Arcore: «Il Monza è in vendita, è in C, è un buon affare, prendiamolo noi!». Detto, fatto. L’affare in quattro anni si è ingrossato, è diventato una squadra di Serie A, con tutti i futuri diritti tv garantiti, più annessi e connessi. E tutto grazie alla finale playoff vinta contro il Pisa dal Monza guidato da un ex golden- boy del Milan anni ’80, Giovanni Stroppa che ha praticato un calcio quasi sacchiano «padrone del gioco e del campo». Un piccolo capolavoro quello della “terza squadra” di Milano. Ma mai dire a un monzese una cosa del genere, «Monza terza squadra di Milano». Ma la realtà è questa: a due passi da San Siro la prossima stagione della massima serie avrà tra le 20 protagoniste anche la creatura di Berlusconi. Ennesima scommessa vinta da questo patriarca del pallone italico che può vantare il titolo di presidente più vincente del mondo con quel Milan in cui Carletto Ancelotti – re di Spagna e d’Europa con il Real Madrid – è passato prima da giocatore e poi da tecnico. E anche su Ancelotti statene certi che in privato Berlusconi vi direbbe che il Carletto mister mondiale l’ha creato lui. E che spesso, le formazioni, comprese quelle delle due Champions vinte da Ancelotti nel 2003 e nel 2007, le faceva lui. Megalomania? No berlusconismo applicato al calcio, la materia in cui eccelle, perché innamorato pazzo di questo sport che da sempre lo fa sognare e che in passato lo ha allenato all’esercizio del potere. Il problema è che, dalle sfide stellari con la Juventus dell’Avvocato (la squadra più amata dai monzesi e i brianzoli) e i derby contro l’Inter di Pellegrini e poi di Moratti, Silvio ha sconfinato fino alla marcia su Roma. Da Premier, logorato dal potere assoluto, nel tempo si è trasformato nello “smemorato di Cologno” e ha rovinato tutto e tutti, milanisti compresi. Perciò, noi che non siamo mai stati suoi tifosi, ora speriamo che si dedichi a quello che gli riesce meglio: occuparsi di calcio e del suo Monza. Ultima compagine dell’unica lega lombarda che ci piace. Il Monza raggiunge le altre quattro sorelle corregionali di Milan, Inter, Atalanta e Cremonese. Alla società del re dell’acciaio, Giovanni Arvedi, patron della Cremonese, ci sono voluti quasi trent’anni per tornare in A, e c’è riuscita grazie a una vecchia volpe del mercato come Ariedo Braida. E anche sull’Ariedo, ex braccio destro di Galliani, patron Silvio non potrebbe che glissare con uno scontatissimo «Braida l’ho creato io». La seconda giovinezza, calcistica, del Berlusconi da Monza è appena cominciata. Ringalluzzito dallo storico successo, annuncia che sta per «scendere in campo per evitare che ci siano governi di incapaci» e c’è chi giura che uscendo dall’Arena Garibaldi di Pisa abbia sussurrato all’orecchio di Galliani: «Adriano, adesso mi raccomando, andiamo in Champions!». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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