La Cappella Sistina della scultura. Così Mario Lorenzoni, rettore dell’Opera della Metropolitana, ama definire la facciata del duomo di Siena. «La gestione di una cattedrale è una macchina complessa. Specie se è un serbatoio inesauribile di tesori. Dall’inizio del XIII secolo a oggi la fabbrica del duomo non si è mai fermata. Un tempo era sostenuta e mantenuta dalla cittadinanza. Oggi, qui come nel resto d’Italia, non è più così, fatto che ha costretto nell’ultimo secolo l’Opera a ristrettezze economiche e a pochi interventi». Ma le grandi manutenzioni non potevano essere rimandate: il restauro delle facciate del duomo e del battistero e il rifacimento della copertura della cupola e della navata centrale. I problemi nascevano dal rivestimento in piombo realizzato nell’Ottocento per porre rimedio a un precedente intervento di manutenzione dall’esito nefasto: il fuoco, usato per la saldatura del piombo, aveva fuso la precedente copertura e provocato gravi danni alla struttura. «Fu utilizzato un sistema di assemblaggio per bullonatura che ha creato numerosi problemi di infiltrazione d’acqua – dice l’architetto Roberto Fineschi –. Per preservare l’edificio ci siamo affidati all’ingegno che caratterizzava i grandi cantieri medievali: il sistema di copertura in voga nel Quattrocento per le grandi cattedrali del Nord Europa. Si chiama aggraffiatura: le lastre di piombo vengono sovrapposte e in parte ripiegate su se stesse, così i movimenti dovuti alle escursioni termiche non creano rotture o dissesti». Se per le coperture i lavori non termineranno prima del Palio di Provenzano, il 2 luglio, per le facciate la conclusione è prevista entro aprile. È tornata così a risplendere la facciata principale progettata da Giovanni Pisano a partire dal 1284. Il numero impressionante di statue si compenetra perfettamente con la struttura architettonica, primo esempio compiuto di una via italiana alla facciata gotica di origine francese. Pisano creò un ciclo di grandi statue di patriarchi e profeti dell’Antico Testamento, filosofi antichi e una sibilla. Una scelta innovativa per l’epoca: non solo per le sculture collocate in alto, visibili da lontano, ma anche per l’interazione tra le figure, così « che il tema iconografico non sono semplicemente i profeti ma piuttosto la profezia stessa, la Chiesa come il luogo della profezia. Tutti gli interventi – continua Lorenzoni – sono stati preceduti da analisi diagnostiche e da verifiche statiche che hanno rivelato la buona tenuta strutturale di tutto l’edificio. Le analisi e i restauri sono affidati, per le facciate e la parte lapidea, ad Antonio Forcellino, il restauratore del Mosè di Michelangelo». «Il primo obiettivo di un restauro – dice Forcellino – è quello di conservare il monumento alterandolo il meno possibile. Il restauro delle facciate ha avuto il fine principale di salvaguardare attraverso il rispetto delle patine colorate le delicate superfici della pietra». Un restauro che complessivamente ha un costo di sette milioni e mezzo di euro. L’Opera ha sostenuto economicamente l’operazione «grazie a due fattori – dice Lorenzoni –. Il primo è la presenza della fondazione Monte dei Paschi, il secondo è l’aver impostato l’attività dell’Opera in senso più aziendale che non in passato». Sono stati valorizzati gli aspetti della comunicazione e del marketing, in modo da poter usufruire di un importante volume di incassi con cui finanziare i progetti e che ha portato la metà dei due milioni e mezzo di visitatori che ogni anno si recano a Siena a varcare le porte del complesso monumentale: museo, cripta, battistero, cattedrale. Ad accoglierli un interno ricchissimo di decorazioni e di opere d’arte a partire dalla pavimentazione, prezioso lavoro di marmi intarsiati e graffiti, a cui hanno contribuito più di quaranta artisti tra il 1369 e il 1562 e giudicato dal Vasari la decorazione pavimentale più bella mai realizzata. Ma protagonista della cattedrale è la scultura, a partire dal pulpito realizzato da Nicola Pisano con la collaborazione del figlio Giovanni e di Arnolfo di Cambio, passando per i lavori di Donatello, Ghiberti e Jacopo della Quercia fino a Michelangelo e Gianlorenzo Bernini, autore della cappella della Madonna del voto. Trionfo della pittura è invece la Libreria Piccolomini, costruita nel 1495 per ospitare il patrimonio librario di Enea Silvio, umanista e papa con il nome di Pio II, decorata tra il 1502 e il 1509 dagli affreschi del Pintoricchio. «Un patrimonio immenso – conclude Lorenzoni – che sottoporremo a un programma sistematico di conservazione e, soprattutto, di prevenzione. Arginare una crisi sul nascere consente interventi minimi, sia dal punto di vista invasivo nei confronti dell’opera d’arte che dal punto di vista dei costi. È una filosofia che va verso l’ottimizzazione della gestione, ma soprattutto verso il rispetto del patrimonio che la fede e il genio di coloro che ci hanno preceduto ci hanno donato».