L'azzurro Maxcel Amo Manu, 31 anni - Massimo Bertolini/Fispes
L’Italia della velocità corre forte sul rettilineo, senza distinzione tra normodotati e paralimpici. L’onda d’urto creata dal trionfo a Tokyo di Marcell Jacobs si è propagata anche nel movimento dei tre agitos, così ai Mondiali di atletica paralimpica al via oggi allo stadio Charlety di Parigi sono i 100 metri la disciplina che fa gola al movimento tricolore. Nella categoria T64 (amputati sotto il ginocchio) nel duello tra le star conclamate – il costaricano Sherman Isidro Guity, il britannico Jonnie Peacock, i tedeschi Felix Streng e Johannes Floors – mira a inserirsi anche Maxcel Amo Manu, ribattezzato “il fulmine italiano”, dopo che a Parma a inizio luglio è balzato in testa al ranking globale stagionale dei 100 con il tempo stratosferico di 10”65, ad appena quattro centesimi dal record del mondo. «Andrò in Francia per conquistare la medaglia. Mi piacerebbe salire sul podio nella mia prima rassegna iridata, in quello che è il mio esordio nel contesto dei grandi». Martedì la batteria dei 100, il giorno successivo l’eventuale finale della distanza regina, quindi lunedì 17 l’impegno sui 200: «Mi sono qualificato anche per il mezzo giro di pista, dove ho un personale di 21”86. La mia specialità preferita sono i 100, ma punterò a fare bene pure sulla distanza doppia». Nato a Kumasi in Ghana nel 1992, Maxcel è approdato in Italia all’età di undici anni per seguire la mamma, già giunta nel Milanese, dove lo sprinter delle Fiamme Azzurre è rimasto per tredici anni. «Mi sono diplomato come elettricista e ho cominciato a lavorare. Poi ho conosciuto quella che è diventata la mamma dei miei due figli e così nel 2016 mi sono trasferito a Bologna, dove ho trovato lavoro come magazziniere». Ed è proprio nel capoluogo emiliano che la vita di Maxcel è cambiata nell’agosto del 2017. « Ero di riposo, quando mi arriva una chiamata per chiedermi di andare a lavorare. Prendo lo scooter, percorro la strada di tutti i giorni, ma un camion mi taglia la strada. Sbando, volo e sbatto contro un guardrail, ritrovandomi a terra in una pozza di sangue».
In quel momento Maxcel trova il suo angelo custode. «Passa di lì Carmine, un infermiere militare, che aveva un laccio emostatico arterioso in macchina. Mi blocca subito l’emorragia e mi salva la vita». Trasportato all’Ospedale Maggiore di Bologna, Maxcel viene operato, ma purtroppo dopo due giorni i medici sono costretti ad amputargli la gamba. «Quando il moncone guarisce, inizio la riabilitazione al centro Inail di Vigorso. Tutti mi spronano a fare qualcosa, a provare a correre e io ci credo ». A inizio 2021 spinto dai ragazzi del centro protesi di Budrio, Maxcel comincia a fare qualche giro di pista. «In passato avevo praticato il calcio, la pallacanestro, la boxe e il parkour, ma non avrei immaginato che lo sport potesse diventare il centro della mia vita». Una nuova esistenza che trova nell’atletica la ragione principale: «Entrare nel mondo della disabilità non è facile per nessuno. Ti senti privato di qualcosa, ma se incontri le persone giuste puoi esplorare orizzonti inediti a cui in precedenza non pensavi». All’inizio era un gioco, poi l’atletica diventa un lavoro: «Formalmente non sono ancora arruolato nel corpo militare, ma solo tesserato, però sono un atleta a tempo pieno. Mi alleno al campo scuola Baumann agli ordini di Marco Simoni, tecnico della società Francesco Francia».
Il debutto in Nazionale è avvenuto l’anno passato proprio nella capitale francese, dove oggi comincia il Mondiale e nel 2024 ci saranno le Paralimpiadi: «La rassegna iridata assegnerà i primi pass per il grande appuntamento, dove col mio attuale crono sarei già qualificato. È ovvio che adesso penserò più alle medaglie che ai pass, ma il grande obiettivo saranno i Giochi paralimpici». In questa storia intrisa di passione e cuore, anche la burocrazia ha inserito il suo zampino. Per diventare italiano Manu ha infatti dovuto sudare le celeberrime sette camicie. «Ho ricevuto il via libera da un paio di anni, nonostante i miei documenti fossero già pronti da più di cinque. Purtroppo però per un errore degli uffici che avevano smarrito la mia richiesta ho dovuto pazientare più del solito e rivolgermi anche ad un avvocato. Per fortuna tutto è finito bene e ora posso vestire la maglia azzurra ». Con un obiettivo ben preciso: «Portare l’Italia al primo posto, rendendomi utile alla squadra e restando sempre felice». Sì, perché il motto di Maxcel è sorridere alla vita. «Dopo che ti capita un’esperienza come la mia, è normale che la prima risposta sia buttarsi giù. Ma è proprio in quel momento che bisogna avere la forza di reagire. Anche senza una gamba la vita non finisce, ma ci si può rialzare. Bisogna provarci e avere un obiettivo nella testa». Il sogno di Maxcel potrebbe esaudirsi nella Ville Lumière in due tappe: la settimana prossima il Mondiale, l’anno venturo la Paralimpiade. Si può correre forte anche senza una gamba, basta crederci.