Roma-Olympique Lione: la gara d'andata degli ottavi di finale di Europa League è stata vinta dai francesi
Ci risiamo. Il «calcio spezzatino», «il football schiavo delle pay-ty», «il pallone ferializzato», secondo l’ultimo report ( Il calcio in furigioco?) della premiata ditta sociologica Aroldi-Germano-Gili, ha colpito ancora. E dato che il calcio per i tifosi è anche una “religione” (per le società prima di tutto tornaconto economico) e che il popolo degli stadi vive la propria squadra come una “fede”, allora gli organizzatori del «giuoco», come recita la «g» della Figc, hanno pensato bene di dare la loro benedizione per un eventuale partita di campionato anche il giorno della Santa Pasqua. Infatti se la Roma, come le auguriamo, stasera passerà il turno degli ottavi di Europa League, allora il match di campionato del 16 aprile – giorno di Pasqua – contro l’Atalanta sarà servito, all’ora di cena, tra un abbacchio e una dolce colomba. Sarebbe una domenica indigesta per tutti, specie per la formazione di Bergamo che al momento è preoccupata per l’organizzazione dell’eventuale trasferta: prenotare un charter il giorno di Pasqua o di pasquetta appare una mission più ardua che superare i giallorossi in campo.
Nell’antipasto della vigilia, al Sabato Santo nove delle dieci gare in programma), spicca da menù il derby della Madonnina Inter- Milan. Appuntamento a San Siro alle 12.30 per allietare dall’altra parte del pianeta, parabole spostate verso Oriente, la cena dei munifici sponsor e le televisioni dei cinesi, ormai padroni del palinsesto finanziario e pallonaro meneghino da via Paolo Sarpi (la Chinatown milanese) ad Appiano Gentile, e presto – forse – anche di Milanello, closing berlusconiano permettendo. Ma qui non stiamo parlando del capodanno di Pechino, bensì delle festività pasquali, calpestate dai tacchetti dei nostri calciatori che non sembrano minacciare agitazioni o particolari prese di coscienza cristiana. «Purtroppo il sistema è questo. Il derby di Milano alle 12.30 segue la prassi degli interessi dei diritti tv delle società e si adegua alla volontà degli operatori cinesi, sia in termini di ripresa televisiva, sia di introiti garantiti dalle scommesse live », ci informa il presidente dell’Aic Damiano Tommasi. Il capo del sindacato dei calciatori non può molto contro quella che, sottolinea, «è la volontà della Lega di Serie A che vara e decide il calendario. Noi come Aic possiamo chiedere alle due società, Roma e Atalanta, di trovare una soluzione alternativa... Se io giocassi ancora nella Roma cosa farei? Avrei sicuramente invitato i dirigenti a posticipare la partita a dopo Pasqua. Non so che margine d’azione avrei avuto, di sicuro so che i tesserati di adesso non ne hanno molto per ragioni che ripeto sono essenzialmente commerciali». Business is business. E questo è un messaggio che giriamo al volo a don Alessio Albertini, consulente ecclesiastico del Csi (Centro sportivo italiano). Ma anche ex calciatore e fratello dell’ex azzurro Demetrio Albertini.
«Purtroppo ricordo che anche vent’anni fa, alla vigilia di Pasqua del 1997 (era il 29 marzo) la Nazionale di Cesare Maldini a Trieste disputò una gara di qualificazione mondiale contro la Moldavia (finì 3-0 per gli azzurri). Demetrio era in campo quando mi telefonarono dei giornalisti per sapere cosa ne pensassi... Dissi la mia, come sempre. Ma all’indomani mi chiamò mio fratello arrabbiatissimo per via dei titoloni sui giornali che mi dipingevano come il don che aveva “scomunicato” il calcio italiano – sorride don Alessio – Oggi come allora, penso che sarebbe opportuno che dei professionisti, ma prima di tutto dei cristiani, vanno risvegliati sul senso e il valore della Pasqua. Il cristiano che è anche un professionista del calcio non può aspirare soltanto a 90 minuti di gloria e alla vittoria in un giorno santo in cui è chiamato a vivere la resurrezione di Gesù, a fare la comunione e a recuperare l’idea della famiglia unita – continua don Alessio –. Quei giocatori che a ogni gol indicano il cielo o si fanno il segno della croce, tutto questo dovrebbero saperlo e sarebbe importante se riuscissero a comunicarlo alle loro società. Devono avere il coraggio di dire ai propri presidenti: fermiamoci, magari giochiamo il giorno dopo, ma non sciupiamo la Santa Pasqua per inseguire qualcosa di così effimero come un gol». La Serie B, volente o nolente, questo messaggio l’ha fatto suo in estate nel momento in cui è stato stilato il calendario del torneo cadetto. «Noi, senza voler apparire dei virtuosi esemplari rispetto agli altri, abbiamo sempre giocato al giovedì per rispettare il Venerdì Santo – spiega il direttore generale della Lega B, Paolo Bedin –. Quest’anno c’era la possibilità di inserire il turno di campionato al Lunedì dell’Angelo e così abbiamo fatto, pertanto in orari diversi spalmeremo su quella giornata tutte le partite». Tutto il massimo campionato di basket scende in campo la sera di Pasqua alle 20.30. Nel mondo del volley l’unica voce fuori dal coro, da sempre è Davide Saitta, ventinovenne catanese che da due stagioni milita nel club campione di Francia, il Paris.
Quando Saitta giocava a Molfetta (biennio 20122014) lanciò un appello accorato «da fervente cristiano» per non giocare il giorno di Pasqua: «Siamo professionisti e siamo tenuti a fare quanto ci viene richiesto, ma nel nostro contratto non esiste la clausola per cui dovremo giocare sempre e per forza in questo giorno santo. Se scenderò in campo domenica prossima – disse Saitta – sarà solo per l’amore che ho per questo sport, per il rispetto di tutti i miei compagni e del pubblico... Ma ripeto, sarebbe l’ennesima grande ingiustizia». Un’ingiustizia che si consumò puntualmente, con i conseguenti “boxing day” (in stile Premier League) del volley italiano che non ha mai disdegnato di aprire i palazzetti per le feste comandate, anche per assecondare lo spirito famigliare che si respira intorno a questo sport. Ma nel calcio “no-stop” è diverso. E comunque dalla Lega di Serie A chiamata direttamente in causa arriva il “mea culpa” del presidente Maurizio Beretta: «Massimo rispetto per la Chiesa.
Il turno è stato programmato per il sabato, non a Pasqua, ma non si può negare un diritto alla Roma. Tutti auspichiamo che i giallorossi superino il turno di Europa League e in quel caso la Roma avrebbe il diritto a chiedere il posticipo della partita di campionato a domenica o a lunedì ». Il Palazzo sdrammatizza, ma intanto il pallone italico diabolicamente persevera. Perché se il prossimo 16 aprile andasse in scena la sfida dell’Olimpico sarebbe la terza partita pasquale negli ultimi tredici anni: Perugia Inter a Pasqua del 2004 e Reggina-Udinese nel 2009. Due precedenti, che addirittura si consumarono nel pomeriggio proprio mentre le famiglie italiane erano ancora a tavola. Il triplice fischio sulla vicenda spetta allora al vescovo di Acireale e presidente della commissione episcopale Cei per la Cultura e le comunicazioni sociali, monsignor Antonino Raspanti: «Non vogliamo esprimere nessuna protesta né fare battaglie ideologiche, ma ci rincrescerebbe se Roma-Atalanta si giocasse a Pasqua. Si rinviano tante partite che poi vengono recuperate a causa di maltempo o di eventi particolari: perché allora non farlo anche in questa occasione? La verità, è che si è persa ogni sensibilità e la scusa della laicità è soltanto una foglia di fico».