Il filosofo Giuseppe Riconda - Effigie
Anticipiamo l’intervento che il filosofo Francesco Tomatis terrà al convegno 'Pensiero tradizionale e filosofia della libertà. Incontro per i 90 anni di Giuseppe Riconda', organizzato dal Centro Studi Filosofico- religiosi 'Luigi Pareyson' presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Torino, martedì 16 novembre alle ore 15, e dedicato al pensiero del filosofo cattolico torinese Giuseppe Riconda: novant’anni appena compiuti e una rara freschezza intellettuale. Al convegno parteciperanno, oltre che Riconda e Tomatis, Francesco Botturi, Claudio Ciancio, Gianluca Cuozzo, Giovanni Ferretti, Sergio Givone, Graziano Lingua, Maurizio Pagano, Ugo Perone, Andrea Poma, Enzo Randone e Roberto Repole. Fra le molte opere pubblicate da Riconda ricordiamo, presso Morcelliana: Filosofia della famiglia (2014) e Filosofia della tradizione (2016); presso Mursia: Schopenhauer interprete dell’Occidente (1986), Invito al pensiero di James (1999), Invito al pensiero di Kant (2011), Schelling storico della filosofia (2 voll., 1990-2018); inoltre: Tradizione e avventura (Sei 2001), Manzoni e Rosmini (Giuffrè 2004), Tradizione e pensiero (Dell’Orso 2009), Bene/Male (il Mulino 2011), Una filosofia attraverso la storia della filosofia (Mimesis 2017). Sempre presso Morcelliana uscirà all’inizio del prossimo anno: Ontologismo e filosofia della libertà. Augusto Del Noce e Luigi Pareyson.
Senza essere non c’è libertà. Questa in estrema sintesi può intendersi la tesi di fondo del pensiero più recente del filosofo cattolico Giuseppe Riconda, elaborato in dialogo profondo con pensatori come Schelling e Rosmini, Del Noce e Pareyson in particolare. Riconda enuclea nell’ontologismo il principale portato delnociano e nella filosofia dell’essere come libertà quello pareysoniano. In una realtà contemporanea in cui sembra che quanto più si oblii l’essere - e con esso valori spirituali, doveri morali, dignità delle persone -, tanto più vengano affermate presunte libertà, la lezione di Riconda risulta cruciale. Il filosofo torinese argomenta persuasivamente che senza essere non può esserci libertà umana, ma solo un pervadente nichilismo che mercifica la realtà e reifica gli esseri umani. Perché è l’essere stesso nella sua originaria positività a permettere e, per certi versi, persino a esigere la libertà. In un serrato confronto con l’ontologismo e l’ontologia della libertà, Riconda propone un pensiero tradizionale inteso come ontologismo, concezione dell’intrinseca presenza nell’uomo di un’istanza ontologica, segno del suo costitutivo rapporto all’essere, che rivela l’essere come libertà, originaria libertà. La lezione principale di Del Noce è stata quella di distinguere l’ontologismo cristiano dal razionalismo metafisico, cogliendone la presenza anche in età moderna, in una linea di pensiero alternativa alla hegeliana, la quale infine sfocia nel marxismo e nelle rivoluzioni comuniste e fasciste, sino al prassismo tecnocratico capitalistico, ideologie realizzate che privano tutte, pur con le debite differenze, l’uomo di apertura alla trascendenza. Contro le letture prevalenti che identificano la modernità con la secolarizzazione, Del Noce individua invece nel suo primo pensatore, Cartesio, la possibilità dell’ontologismo, poi sviluppato in particolare da Malebranche, Rosmini e da Simone Weil. L’ontologismo cristiano legge la realtà finita come positiva, benché parimenti segnata dal peccato originale, proprio grazie alla sua relazione ontologica, secondo un rapporto di analogia fra uomo ed essere, creato e Dio. In Pareyson, il quale ha anch’egli individuato nella modernità stessa una peculiare tradizione filosofica aperta al trascendente, attraverso autori quali Pascal, Kierkegaard, Fichte, Schelling, Dostoevskij e Jaspers in particolare, Riconda evidenzia come l’ambiguità dell’essere individuata dal filosofo cuneese presupponga comunque la positività dell’essere e di Dio. La positività originaria è superiore a qualsiasi ipotesi di negatività divina e male in Dio. Certo, il primato della positività divina è tale in quanto con essa Pareyson intende l’essere come libertà originaria, al tempo stesso inizio e scelta, cioè inizio assoluto, istituzione di realtà nell’auto-originarsi, tuttavia anche scelta dell’essere nel contatto con il nulla, che viene vinto eternamente, opzione per il bene di fronte alla solo possibile realizzazione del male, scartato e sconfitto per sempre, dall’eternità. Perciò Pareyson parla al tempo stesso di positività e di ambiguità di Dio, dell’essere, della libertà. Secondo Riconda occorre accentuare il carattere di positività divina, emergente su ogni pur sua ambiguità. È solo a livello creaturale, nella condizione umana conseguente alla caduta, al peccato originale, che si può parlare propriamente di tragicità dell’uomo e di ambiguità di Dio. Ma da un punto di vista intemporale la stessa ambiguità viene meno, sia protologicamente, sia escatologicamente. V’è certo una insufficienza nella finitezza umana, tuttavia non una intrinseca negatività. L’uomo è positivo, ma insufficiente. Le ideologie totalitarie, la civiltà tecnocratica, il pensiero unico globale non riescono a comprendere l’uomo e valorizzarne le autentiche potenzia-lità, perché ne sottolineano la sola dimensione mondana, che venga intesa negativamente o positivamente, scotomizzandone la costitutiva apertura alla trascendenza, sperimentabile esistenzialmente attraverso il riconoscimento dell’insufficienza, tuttavia di alcunché di positivo. La stessa libertà umana è veramente tale se esercitata nei suoi limiti esistenziali, stagliantesi su di un ben più ampio orizzonte, misterioso o rivelato, comunque trascendente. Disconoscere quella che al tempo stesso è una finitezza e una positività comporta l’eliminazione di ogni rapporto con Dio (o la trascendenza) nell’uomo, facendone un materiale da sfruttare o di consumo, magari illudendo le sue virtualità. Solo un personalismo ontologico, antinomico ed escatologico può - secondo Riconda - ridare dignità agli uomini, secondo una restaurazione creatrice di un positivo pensiero tradizionale che, consapevole del criticismo moderno, non abbandoni la tradizione metafisica, bensì la rinnovi, mostrando come essere e libertà non solo non si contrappongano, ma si richiamino, perché, sottolineando come vi sia un primato di Dio rispetto all’uomo e alla sua libertà, della positività dell’essere nei confronti del finito, l’essere stesso è originaria libertà.