La storia comincia con don Giovanni Barbareschi, vestito di nero ma senza collarino ecclesiastico, che bussa alla porta di una baita sulle montagne della Valtellina e prende in consegna un ufficiale tedesco. I due si arrampicano da soli lungo un irto sentiero che li porterà dopo ore di cammino in Svizzera. Siamo nell’ottobre del 1945, la guerra è finita, l’Italia liberata dagli oppressori. L’ufficiale è un “pezzo grosso”, si tratta infatti del colonnello delle “Ss” Eugen Dollmann, capo dei servizi segreti nazisti in Italia, traduttore personale di Hitler e in seguito informatore degli alleati (a Lugano avrebbe organizzato la resa dei tedeschi). Un abile mediatore che, dopo il conflitto, diventerà agente segreto della Cia.
Mentre prosegue la sua marcia verso il confine, però, l’ufficiale con la svastica sul braccio ha ancora dei dubbi sul suo accompagnatore, non si fida, ha paura che lo voglia tradire per consegnarlo ai partigiani che – temeva – si sarebbero vendicati facendo giustizia sommaria. I due si fermano in una radura per bere un po’ d’acqua e il gerarca si accorge che il prete indossa una fibbia con l’immagine delle “Aquile randagie”, l’organizzazione clandestina dello scautismo cattolico. Il sacerdote aderisce anche alle Brigate Fiamme Verdi dei partigiani democristiani e l’ufficiale tedesco lo sa... Don Giovanni cerca di tranquillizzare il suo compagno di viaggio ma la tensione rimane alta.
Alla vista di un cervo che attraversa la strada i due si ammutoliscono e, finalmente, si guardano negli occhi. È il momento decisivo per le certezze che entrambi cercavano nell’altro. Non ci saranno vendette né colpi bassi. Giungeranno presto oltre la frontiera. E la loro “amicizia” non finirà qui. Alla vicenda del prete lombardo, medaglia d’argento della Resistenza, riconosciuto dopo la guerra “Giusto tra le nazioni”, si intrecciano le storie quotidiane di un gruppo di lupetti e guide scout che diciassette anni prima a Milano, con base operativa nella cripta di San Sepolcro, vivono in segreto i loro valori e continuano a svolgere all’aria aperta le attività educative e ludiche del movimento di Baden-Powell che Mussolini nel 1927 aveva formalmente sciolto ritenendolo pericoloso per il regime. Durante il fascismo, entrate in vigore le leggi razziali, gli scout agiranno in clandestinità attraverso l’Oscar (Opera Scautistica Cattolica Aiuto Ricercati) per far espatriare in terra elvetica con documenti falsi gli ebrei perseguitati: grazie al loro coraggio in più di tremila riusciranno a sfuggire ai lager nazisti. Ma furono tratti in salvo dagli scout anche prigionieri di guerra e renitenti alla leva.
È la trama, tessuta con storie vere, di un film che si intitola Aquile randagie. Lo ha diretto il giovane cineasta Gianni Aureli (ex capo scout) per la caquei sa di produzione indipendente Finzioni Cinematografiche: racconta un pezzo di Resistenza italiana e personaggi rimasti spesso fuori dai libri di storia. Le riprese, iniziate il 30 luglio, sono appena finite a Pavia. A settembre comincerà il montaggio della pellicola che arriverà nelle sale italiane, presumibilmente, all’inizio del 2019 distribuita dall’Istituto Luce di Roma che ha intenzione di portare il film anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.
«È un film sulla guerra, ben documentato da una ricerca storica, che mostra anche l’allegria, il coraggio e la spensieratezza di giovani» spiega Aureli, romano, 34 anni, alla sua prima esperienza dietro la cinepresa per un film di finzione dopo tanti documentari e reportage. Non mancano emozioni, suspense e scene forti, come quelle che si riferiscono alla strage dei partigiani avvenuta a piazzale Loreto il 10 agosto del 1944 (fu don Giovanni a benedirne le salme, come fece, nello stesso luogo, anche con i corpi di Mussolini, della Petacci e degli altri fascisti fucilati a Dongo il 29 aprile del 1945). Protagonisti principali del film sono Alessandro Intini (nei panni di don Barbareschi), Teo Guarini e Romeo Tofani.
Tra le location scelte, oltre a Milano, anche Pavia, con il collegio universitario Ghislieri (quello di cui fu rettore il beato Teresio Olivelli, altro valoroso combattente per la libertà) e le montagne della Valtellina e della Val Codera. «È stato per me un piacere dare la possibilità a tanti giovani attori di poter esprimere il proprio talento dando vita a un personaggio di questo film» commenta Aureli. «Il messaggio che vogliamo trasmettere a tutti – conclude – è che gli scout non sono solo quelli che fanno attraversare le vecchiette sulle strisce, ma gente che ha fatto una scelta coraggiosa, ragazzi che hanno preso in mano la loro vita seguendo valori spirituali, morali e fisici di educazione non formale come quelli proposti dall’Agesci». Scopo del film, è anche quello di tenere vivo il motto delle Aquile Randagie: «Ciò che noi fummo un dì voi siete adesso, chi si scorda di noi scorda se stesso».