sabato 3 febbraio 2024
Il duo composto da Alessandro de Santis e Mario Francese in gara con "L'amore in bocca". Nella serata delle cover "Halleluja" di Cohen con Skin. "Fra i nostri primi brani "Birkenau" sull'Olocausto"
I Santi Francesi (da sinistra Mario Francese e Alessandro De Santis) in gara tra i Big a Sanremo 2024

I Santi Francesi (da sinistra Mario Francese e Alessandro De Santis) in gara tra i Big a Sanremo 2024 - Foto Mattia Guolo

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Non tragga in inganno il nome: i Santi Francesi non hanno l’aureola ma sono un duo tra pop, rock ed elettronica di Ivrea che prende il nome dai cognomi dei due componenti: Alessandro De Santis, 25 anni, (voce, chitarra, ukulele) e Mario Francese 26 (producer, tastiere, synthesizer e basso) che hanno meritato l’accesso al palco dei Big di Sanremo dopo aver superato lo scorso dicembre la selezione finale di Sanremo Giovani con il brano “Occhi Tristi. Ma i due ventenni, che si presentano tra i Big con il raffinato brano L’amore in bocca hanno ha una storia musicale interessante lunga 10 anni nonostante siano giovanissimi. Nel 2019 hanno pubblicato Tutti Manifesti, album totalmente autoprodotto che ha superato i 2.5 milioni di stream su Spotify. Poi col brano Giovani Favolosi hanno vinto l’edizione di Musicultura nel 2021, mentre il 2022 portala vittoria della sedicesima edizione di X Factor Italia.

I Santi Francesi portano a Sanremo un brano dai riflessi misteriosi sull’amore.

L’amore in bocca è un brano avvolgente, forse non immediato al primo ascolto, ma che rappresenta il nostro modo scrivere e arrangiare, lasciando un po’ di mistero. L’atmosfera di ballad, poi si trasforma dalla metà in poi con un arrangiamento più rock. La canzone è scritta al 50 per cento da una penna femminile, Cecilia Del Bono, e propone una sequenza di immagini e diapositive, suggestioni di un amore mai inziato che può riferirsi a tutti.

Quando eravate ancora un trio col nome The Jab vi eravate fatti conoscere con Birkenau, parte della colonna sonora del docufilm La vera storia di Lidia Maksymowicz sull’Olocausto.

Nasce da un’esperienza in adolescenza – risponde Alessandro De Santis – Quando avevo 16 anni la mia scuola organizzò un viaggio col Treno della memoria: andai a visitare i luoghi simbolo della guerra mondiale: fu devastante. Quando visitai Birkenau rimasi “flashato” e scrissi quel pezzo. Poi negli anni abbiamo dubito una metamorfosi a livello della scrittura, abbiamo inizato a concentrati sul nostro mondo interiore.

X Factor vi ha fatto conoscere a un pubblico anche di adulti.

Stiamo ancora lavorando pian piano a creae una direzione, noi cerchiamo di dire la verità, è l’unico modo di esistere per noi. Rispetto a quello che va di moda ora, noi non cerchiamo di andare in controtendenza, ma piuttosto nella nostra ispiraziona c’è molto estero legato a cosa succede negli Usa oggi. Un gruppo che ci ha fatto innamorare sono i Twenty One Pilots, tra le influenze passate ci sono i Beatles, il prog e la Pfm per Mario, il metal con i Kiss e Iron Maiden per Alessandro. Poi ci siamo avvicinati al mondo elettronico, come quello di Cosmo. Facciamo qualcosa che qui in Italia non si sente molto. Dai dati di ascolto ascolti spotify abbiamo notato che il pubblico nostro si è alzato verso i 30/40 anni. Nel nostro primo tour l’anno anno scorso abbiamo visto che il pubblico andava dal 14enne fino al 60ene e ci fa molto piacere. L’obiettivo sarà un album e un tour.

Per la serata delle cover vi esibirete con Skin, leader degli Skuk Anansie, sulle note di Hallelujah di Leonard Cohen.

Halleluja è un capolavoro che nel tempo ha conosciuto molte versioni fedeli all’originale, noi avevamo il desiderio di realizzarne una diversa da quelle che si sono susseguite nel tempo, più struggente e “attaccata al terreno”. Ci piace l’idea di portare su quel palco una canzone il cui testo, negli anni, ha spesso assunto significati lontani dall’originale provando a riconsegnare a quelle parole la loro vera essenza, quella di un desiderio di affermazione della vita.

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