Fabrizio Moro ed Ermal Meta al festival con “Non ci avete fatto niente”
«Le canzoni sono dei punti di osservazione, la descrizione del nostro tempo. Perché viviamo un’epoca non chiara, di passaggio, molti testi pongono delle domande, delle questioni, dei punti irrisolti. Questo sarà il filo conduttore del 68° Festival di Sanremo». Non si può dar torno a Claudio Baglioni, direttore artistico del prossimo Festival, in onda su Rai 1 dall’Ariston di Sanremo dal 6 al 10 febbraio, dopo il primo blindatissimo ascolto dei 20 brani in gara per la categoria Artisti. Stamane, alla Rai di Milano, abbiamo potuto ascoltare insieme agli altri addetti ai lavori, in anteprima i brani di un festival in cui spicca un’età media piuttosto alta dei cantanti, l’assenza del rap e la presenza di un folto numero di buoni autori di musica italiana. Il tema classico dell’amore è collaterale alle riflessioni sul senso della vita che permea la maggior parte dei brani. Ad un primo ascolto c’è molta musica melodica, e l’impressione è quello di un festival un po’ monocorde, dove i contenuti spiccano più del tappeto sonoro. ma attendiamo la prova del nove all’Ariston. D’altronde riportare i riflettori la musica italiana, più che sullo show tv, è da sempre l’obiettivo di Baglioni che stamattina ha però confessato di essere «terrorizzato dall’auditel, che diventerà il misuratore vero», ma ha promesso correttivi in senso televisivo e, soprattutto, un suo intervento musicale: «Sarà difficile tenermi lontano da palco. Sì, canterò un pochino, magari insieme a qualche ospite».
Ecco i contenuti dei brani, con gli artisti in gara in ordine alfabetico.
ANNALISA Il mondo prima di te. Una bella prova canora per la cantante ligure che finalmente porta al festival un brano all’altezza delle sue potenzialità, dal sound contemporaneo. «Siamo montagne a picco sul mare / dal punto più alto impariamo a volare». Un inno all’amore in un paesaggio fantasy alla Avatar, una lei si domanda come era il mondo prima di te? Nella serata dei duetti le sarà accanto Michele Bravi.
ENZO AVITABILE e PEPPE SERVILLO Il coraggio di ogni giorno. Scritta da Avitabile con Pacifico, la canzone esordisce localizzandosi in periferia: «Scrivo la mia vita / tracce sulle pietre/ ed ho gli stessi occhi di Scampia». Con l’inconfondibile respiro mediterraneo che lo contraddistingue, Avitabile, supportato dai caldi inserti di Servillo, intona un “laudato si’” contemporaneo «lontano e vicino al mondo, al suo coraggio di ogni giorno».
LUCA BARBAROSSA Passame er sale. Canzone tutta scritta in romanesco, una coppia, i litigi, la vita do ogni giorno, i figli. Un valzer lento dove «a me se me chiedi l’amore cos’è io non c’ho le parole che c’hanno i poeti». Il cantautore romano si candida a sostituire il mai troppo compianto Lando Fiorini. Il venerdì duetterà con l’attrice Anna Foglietta.
MARIO BIONDI Rivederti. Un amore finito, un ritorno di fiamma momentaneo, ma «averti qui ha il sapore dell’eternità». Violini alla Frank Sinatra, voce roca sussurrata, nella serata dei duetti avrà accanto un maestro come Jobim. Atmosfera intima e raffinatissima. Forse anche troppo per il podio nazionalpopolare di Sanremo.
GIOVANNI CACCAMO Eterno. «Sento che in questo momento / qualcosa di strano qualcosa di eterno / mi tiene la mano. E tutte le pagine di questa vita / le ho tra le dita». Torniamo alle relazioni eterne che durano per sempre e salvano la vita, scrive il cantautore di Modica con un ritocco di Cheope. Un brano perfetto per Sanremo con un ritornello semplice e cantabile ripetuto in crescendo con l’orchestra, che verrà esaltato la sera dei duetti dalla voce di Arisa.
RED CANZIAN Ognuno ha il suo racconto. Una delle poche sferzate rock del Festival arrivano dall’ex chitarrista dei Pooh che usa molto mestiere nel raccontare con un sorriso le primavere che passano, i pianti, le preghiere e i pericoli scampati. Inno all’unicità del percorso umano perché «ogni uomo ha un suo preciso istinto, un suo esclusivo canto». In duetto con Marco Masini.
DECIBEL Lettera dal Duca. L’algida penna del Ruggeri primi anni ’80 in questi ricomposti Decibel si commuove, fra uno ska e un inciso in inglese, di fronte a utopie e possibilità passate come rondini, e a sorpresa diventa quasi mistico, vede «l’infinito» in sé e «ti accorgerai che un mondo spirituale c’è, un fuoco dentro l’anima che tutto intorno illumina».
DIODATO e ROY PACI. Adesso. «Dici che torneremo a guardare il cielo, alzeremo la testa dai cellulari» è l’auspicio dell’interessante brano di Diodato che a squarciagola invita a trovare il coraggio di vivere davvero, senza rincorrere i miraggi del web. Bella voce e ritmo, anche se la tromba di Roy Paci sul finale è poco più che un dettaglio.
ELIO E LE STORIE TESE. Arrivedorci. Un brano che vuole celebrare «una storia unica, singolare, atipica, completamente antieconomica, a propulsione elica». Più malinconica che ironica, e un filo soporifera, la canzone cita Stanlio e Ollio e chiude con un coro stile Pooh. E, come loro, dicono addio alle scene. Forse. In duetto coi Neri per caso.
ROBY FACCHINETTI e RICCARDO FOGLI. Il segreto del tempo. Attenzione ai due ex Pooh, che strizzano l’occhio al pubblico e al podio con un brano semi malinconico dove spunta anche la penna di Pacifico. Due amici ritrovati, la vita che passa, gli errori del passato, il voler lasciarsi andare ma «il segreto del tempo / é che tutto perdona / a chi tutto alla vita si dà». Commozione e furbizia. Duetteranno con Giusy Ferreri.
MAX GAZZÈ La leggenda di Cristalda e Pizzomunno. Il curioso testo scritto Francesco Gazzé, fratello del cantautore, si dipana su una sinfonia ispirata alla leggenda pugliese che dà il nome al monolite che si trova sulla costa di Vieste, Pizzomunno appunto. L’amore infelice tra il pescatore Pizzomunno e la bella Cristalda, osteggiato dalle gelose sirene, si perde nella marmellata sanremese. Sicuramente prenderà corpo dal vivo con l’orchestra, dato che nasce all’interno di un più ampio progetto dell’artista, Alchemaya, che unisce orchestra sinfonica e sintetizzatori.
THE KOLORS Frida. «Non succede mai mai mai / nessun amore è per sempre». Ci si aspettava di più dal passaggio dall’inglese all’italiano di questa energica band nata dai talent, che però in questo brano d’amore ferito ammorbidisce un po’ troppo la vena rock.
ERMALMETA e FABRIZIOMORO Non mi avete fatto niente. I due cantautori, belli e bravi, uniscono le forze in un brano contro il terrorismo, dato sinora per favorito. Ma questa ballata a chitarra spiegata, che elenca subito il Cairo, la rambla di Barcellona, il Bataclàn di Parigi, Londra e Nizza, ad un primo ascolto non riesce a graffiare come vorrebbe. Nonostante le ottime intenzioni e gli inviti a non avere paura «perché tutto va oltre le vostre inutili guerre» e a capire che «chi si fa la croce e chi prega sui tappeti» fa parte della stessa casa di «miliardi di persone / che sperano in qualcosa».
NOEMI Non smettere mai di cercarmi. Lui è lontano, e lei lo implora di non smettere di cercarla nelle cose di ogni giorno. Noemi con quella voce dal timbro paricolare, renderebbe elegante anche l’elenco del telefono e anche una canzone che, purtroppo, si dimentica in fretta.
RON Almeno pensami. Ha strappato gli applausi a scena aperta della stampa questo inedito di Lucio Dalla ripreso da un Ron fedele nel timbro al compianto cantautore. «Se vai lontano scrivimi / s’è troppo buio chiamami / prendi il telefono parlami / io e la notte siamo qua». La poesia non ha bisogno di commenti, lascia solo tanta nostalgia di quando si sapevano scrivere le canzoni. La più bella canzone del Festival, già pronta per il premio della critica. E forse anche di più. Punti arriveranno dal duetto con Alice.
RENZO RUBINO Custodire. Si può «custodire l’affetto nell’insolenza»? Ci crede l’originale cantautore di Martina Franca, che dà voce a una generazione che crede di essere «troppo giovani per invecchiare insieme» però lo spera tanto. Voce ruvida e sonorità vagamente anni ’80, Rubino si conferma uno dei nostri migliori talenti. In duetto con Serena Rossi
LO STATO SOCIALE Una vita in vacanza. L’Ariston e il pubblico a casa si preparino finalmente a ballare con un divertente ritmo dance primi Anni 80 con un sottofondo di denuncia sociale. Band amata dai giovani, ma pronti a spiazzare anche gli adulti elencando i mestieri di oggi, il candidato, l’estetista, il caso umano, il pubblico in studio, il cuoco stellato, l’influencer, il disoccupato. Sognando un mondo dove non c’è «nessuno che dice se sbagli sei fuori». Tormentone da spiaggia assicurato.
ORNELLA VANONI con BUNGARO e PACIFICO Imparare ad amarsi. Bisogna imparare ad amarsi, a lasciarsi e «a vivere ogni istante fino all’ultima emozione, così saremo vivi». La classe non è acqua, e madame entra con leggerezza come una ragazzina e in un brano snello ed elegante, come lo sono Bungaro e Pacifico che l’hanno scritto e che si inseriscono con discrezione con le loro voci. La vita è, comunque, bella. In duetto con l’attore Alessandro Preziosi.
LE VIBRAZIONI Così sbagliati. Ha scelto una entrata a sonori colpi di batteria, la band che si riunisce sul palco dell’Ariston tornando alle proprie origini più rock. Francesco Sarcina è sincero quando grida al suo amore, dopo tanti errori, «riportami a casa perché ho paura di me». L’amore salva, anche se non appare ancora chiara la nuova strada sonora della band.
NINA ZILLI Senza appartenere. Un inno femminile e femminista, molto parlato è un po’ anonimo con rime tipo «donna che siete tutti e tu non l’hai capito». Ma da premiare le buone intenzioni di denunciare la violenza morale e fisica sulle donne e di raccontare la loro forza: «Io non li chiamo più lividi son colori e io ci gioco»