Una scena del documentario “Alla corte di Ruth RBG” in uscita nelle sale il 15 luglio
Forse qualcuno ricorderà che il biopic di Mimi Leder, Una giusta causa, arrivato nelle nostre sale lo scorso marzo, raccontava al grande pubblico la storia di Ruth Bader Ginsburg, seconda donna a essere stata nominata tra i nove componenti della Corte Suprema degli Stati Uniti. Nel 1956 Ruth era una delle nove donne ad avere accesso al corso di legge dell’Università di Harvard, ma nonostante il suo talento, una volta laureata venne rifiutata da tutti gli studi legali, all’epoca accessibili solo agli uomini. Sostenuta dal marito Martin Ginsburg e dall’avvocato progressista Dorothy Kenyon, accettò un controverso caso di discriminazione di genere, vincendo il processo e determinando un epocale precedente nella storia degli Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti. La protagonista era interpretata da Felicity Jones mentre la vera Ruth appariva prima dei titoli di coda. A questa donna, affermatasi negli anni Settanta come esempio di emancipazione femminile e che oggi, alla veneranda età di 85 anni, continua a lottare per la parità dei diritti, le registe e produttrici Betsy West e Julie Cohen hanno dedicato un appassionante documentario dal titolo Alla corte di Ruth - RBG che Wanted Cinema distribuirà nelle sale dal 15 luglio. «Un passo alla volta». È questa la strategia della minuta, ma solidissima Ruth Bader Ginsburg, soprannominata “Notorius RBG”, (parafrasando il nome d’arte del celebre rapper Notorious B.I.G.), giudice di ferro sempre attenta nella vita ai consigli di sua madre che la spingeva all’indipendenza, senza mai dimenticare però di essere una donna. E le donne sono miti, gentili, mai sopraffatte dalla rabbia. «La rabbia è una perdita di tempo», diceva. Un suggerimento prezioso che ha fatto di lei una persona intelligente, competente, capace di controllare le proprie emozioni, determinata a vincere senza traumatiche rivoluzioni cause che hanno cambiato il corso della Storia in fatto di parità di genere e razza. Il suo approccio più moderato e “conservatore” era radicalmente diverso infatti da quello del movimento femminista degli anni Settanta che rivendicava cambiamenti immediati. Non avrebbe mai immaginato, negli anni in cui essere una donna significava solo prendersi cura del marito, dei figli e della casa, che un giorno grazie alla sua attività giudiziaria e legale sarebbe diventata addirittura un’icona pop da stampare su borse e magliette, inaspettato idolo di media e social network, modello per tante giovani studentesse di legge (tra le quali anche la nipote) pronte a raccogliere la sua eredità professionale. E come ride Ruth mentre davanti alla tv guarda l’imitazione che di lei fa Kate McKinnon al Saturday Night Live, giocando sui contrasti di una donna che sembra fatta di porcellana e acciaio. Per raccontarla, le registe hanno realizzato un documentario convenzionale, ma assai efficace, candidato a due Oscar (come miglior documentario e per la canzone originale, I’ll Fight, scritta da Diane Warren) costruito per lo più attraverso testimonianze che rendono omaggio a questa guerriera gentile in lotta contro la discriminazione razziale e per l’emancipazione femminile, senza rinunciare a vezzi, passioni e al ruolo di moglie e madre, accanto a un uomo, l’avvocato Martin D. Ginsburg, che l’ha incoraggiata senza riserve per tutta la vita. L’idea del documentario è nata nel 2015. «In passato – hanno dichiarato le due registe – abbiamo entrambe intervistato separatamente la giudice per altri progetti e ammirato il suo lavoro pionieristico per i diritti delle donne. Tutto questo accadeva però prima che il suo nome risuonasse ovunque con l’appellativo di Notorious RBG, grazie ai Millennial che hanno celebrato il suo lavoro su Twitter e Tumblr, facendo scorta di magliette e borse in tessuto con la stampa RBG e, in casi estremi, tatuandosi sul corpo il suo viso. L’impegno incessante di RGB è a favore non solo dell’uguaglianza di genere, ma anche delle istituzioni democratiche che proteggono i diritti di tutti i cittadini: non c’è quindi da stupirsi che sia un’icona del nuovo millennio. Incontrare RBG di persona è stata un’esperienza che ha lasciato il segno. La sua voce è dolce, ma le sue parole sono così chiare e accuratamente scelte da inchiodarti». Un anno dopo sono iniziate le riprese e la Ginsburg è stata filmata nel suo ufficio, in vacanza con la sua famiglia, a teatro, durante le sessioni di allenamento con il suo personal trainer, al lavoro a casa fino a tarda notte. Sono stati poi rintracciati alcuni dei clienti da lei rappresentati che hanno rievocato le loro drammatiche storie, ma grande spazio ha pure il marito Marty (scomparso nel 2010), che con grande ammirazione rievoca le battaglie della sua Ruth sottolineandone affettuosamente i punti deboli come cuoca e smentendo luoghi comuni su impegni e responsabilità genitoriali e casalinghe. I figli completano con aneddoti familiari il ritratto di una donna coraggiosa e determinata, capace anche di riconoscere i propri errori e chiedere scusa, come quando, in contrasto con il proprio ruolo, bocciò Trump prima che divenisse presidente.