La violenza e l’alcolismo sono fenomeni, purtroppo, assai diffusi nelle zone interne dell’America, ed è per questo che lo sport rappresenta una vera ancora di salvezza in alcuni casi. Nelle riserve le attività sportive per eccellenza sono il basket e la boxe, ma se nel primo caso stiamo parlando di una difficile collocazione in quanto è sempre arduo trovare strutture idonee, per il pugilato il discorso è differente. «Siamo partiti con 10 studenti e ora abbiamo 25 iscritti – racconta il coach Joe Brings Plenty – che per una comunità come la nostra è un buon numero ma ovviamente io vorrei arrivare a molto di più. Il nostro arco d’età oscilla tra i 5 e i 40 anni, non ci sono distinzioni di categorie e soprattutto di sesso.
Alleniamo donne, ragazzi, bambini e adulti con la consapevolezza di realizzare un qualcosa di buono per noi e anche per la nostra comunità. L’equipaggiamento della nostra palestra è stato in parte donato e in parte acquistato da me medesimo, in quanto è veramente difficile reperire fondi soprattutto se si tratta di palestre con moltissimi nativi all’interno. Ovviamente per noi vige la regola dello sport, chiunque può avvicinarsi alla Tana dei Lupi sapendo però che chi entra nella nostra palestra dovrà rispettare un modo di vita che esula dal semplice allenamento». Un timer collegato a una grossa lampada rossa scandisce il tempo a disposizione per il boxer di allenarsi con quel determinato strumento, in quanto non ce ne sono per tutti e così il coach ha inventato questa rotazione che rende la palestra veramente un vortice di emozione e carica. Un piccolo ring, dei sacchi appesi, due punch ball e tanti materiali all’apparenza da riciclo ma funzionali per l’allenamento. In una stanza adiacente due grandi pneumatici di trattori sono il fulcro delle sessioni più dure: vedere i ragazzi sollevare questi pneumatici o saltarci sopra per aumentare l’esplosività della muscolatura delle gambe fa capire quanto è forte la motivazione nonostante la mancanza degli strumenti più idonei. Cole Brings Plenty detto “Coco” è uno dei giovani più promettenti della sua categoria peso leggero, su 71 incontri ne ha vinti 70 e punta ovviamente a divenire un professionista; oltre ad essere un atleta modello cerca di essere da esempio anche per i giovani della sua età e i più piccoli. “Coco” ricorda anche il grande Billy Mills, Lakota come lui ma di Pine Ridge che vinse l’oro olimpico nel 1964 nei 10000 metri e sogna di poter vincere qualcosa come Lakota nel mondo. «La boxe per molti è visto come uno sport violento, di contatto - continua il coach Joe Brings Plenty - ma il più delle volte c’è molta più violenza fuori dal ring, proprio nel 2015 uno dei miei “lupi” Austin Ford Miner a soli 16 anni ha perso la vita, brutalmente accoltellato al cuore per difendere invano la sua fidanzata nel cortile della scuola, purtroppo la violenza cieca e bruta nelle nostre terre è all’ordine del giorno. Noi nella nostra palestra cerchiamo di accogliere tutti donandogli i valori dello sport ma soprattutto anche i valori della nostra tradizione di Lakota Sioux, gli allenamenti iniziano e finiscono con i nostri riti e soprattutto gli atleti che abbracciano la tana dei Lupi abbracciano anche il modo di vivere di noi Lakota, il rispetto per la madre terra e soprattutto il rispetto per il prossimo e se stessi cercando di non cadere negli eccessi della società odierna». Ci sono atleti che non possono permettersi nemmeno il biglietto di una corriera per arrivare in palestra ma a costo di fare a piedi svariate miglia non rinunciano ai loro allenamenti; c’è chi come “Coco” vive all’interno della riserva e deve fare quasi due ore per arrivare in palestra ma gli occhi di questi nuovi guerrieri Sioux sono pieni di speranza e vita e probabilmente sono la vera scintilla che potrebbe far rivivere gli antichi fasti delle tribù di Cavallo Pazzo. Se è vero che si assiste a una progressiva perdita delle tradizioni e della cultura nativa, lo sport sta diventando un nuovo efficace mezzo di comunicazione per insegnare alle nuove generazioni a non dimenticare le proprie radici, a non dimenticare i propri avi e perché si possano tramandare alle generazioni future gli insegnamenti dei grandi capi Sioux.