L'allenatore Claudio Ranieri, 73 anni, alla sua terza avventura alla guida della Roma - ANSA
Quel gran signore delle panchine è tornato e tutti noi che lo stimiamo, e siamo in tanti, e a prescindere, lo accogliamo con un doveroso "Ave Claudio". La Roma disastrata, terzo cambio di panchina in 90 giorni, scommette su un figlio della Lupa, un evergreen, l’antidivo, un normal one, l’aggiustatore per antonomasia, Claudio Ranieri, romano de Roma e romanista, classe di ferro 1951. Il sir della Premier, stanato dagli uomini della spectra americana dei Friedkin nel suo buon ritiro autunnale di Londra, ha detto “yes” e ora si appresta a quello che è il suo terzo mandato in giallorosso.
Ranieri "ter": rianimare una squadra e una società senz'anima
Un Ranieri ter a Trigoria. Una favola? Per la portata del personaggio sì. Ma per il peso specifico di questa Roma sgangherata, senza una dirigenza capace di interpretare il calcio italiano e una squadra senz'anima e insicura che viaggia, senza timone, in coda e non nella prima classe della classifica di Serie A, si tratta di una brutta commedia, tutta da riscrivere. Quindi, riuscirà il nostro eroe nei prossimi sei mesi, questo il suo contratto di supplenza, a scrivere il lieto fine e soprattutto a compiere l’ennesima impresa di aggiustaggio in corsa? "Sei il nostro Mattarella", scrivono i tifosi romanisti, forse presagendo una presidenza ad honorem che i Friedkin potrebbero avergli offerto o promesso in cambio di questo ennesimo sacrificio da salvatore della patria giallorossa.
Dall'otium del prepensionato al divo (antidivo) Claudio di nuovo in prima linea
Ranieri ricomincia da una Serie A da cui sembrava essersi congedato definitivamente dopo le due stagioni monumentali vissute al Cagliari. Aveva preso la squadra sarda in B fuori dalla zona playoff per trascinarla allo spareggio promozione vinto a Bari davanti ai 60mila del San Nicola e i De Laurentiis basiti per l’ennesimo flop della società filiale di famiglia. Poi l’anno scorso una salvezza sofferta, come da copione, e un saluto tra le lacrime dei cagliaritani che gli saranno grati a vita. E sor Claudio a sua volta sarà sempre riconoscente al Cagliari che lo ha consacrato nel triennio 1988-’91 quando portò i sardi dalla C1 alle Serie A. Dopo Gigi Riva, Ranieri è il secondo genius loci d’importazione che la Cagliari sportiva riconosca. I vecchi romanisti di Testaccio, il quartiere dove è nato, sono felici di riabbracciarlo ma al tempo stesso gli vogliono talmente bene da avvertirlo: “A Clà, ma chi te lo fa fa’?”. Er core, solo quello glie lo fa fare. Dopo Cagliari, come Califano, anche Ranieri non aveva escluso il ritorno, ma per lasciare l’otium del futuro pensionato ci voleva solo questa chiamata. Un atto di coraggio, del resto nella sua lunga carriera è stato un hidalgo, il Don Claudio di Valencia e Madrid (sponda Atlético), poi il Ranieri di Monaco quando ha allenato i francesi del Principato e infine il sir di Leicester incoronato da tutta la Premier (trascorsi al Chelsea, Fulham e Watford) come un romano residente nel fumo di Londra.
L'ultima volta a Trigoria nel 2019, subentrato a Di Francesco e poi l'addio al calcio di De Rossi
Ora ecco la terza chance con la sua squadra del cuore. La grande occasione che arriva cinque anni dopo l’ultima esperienza a Trigoria, in cui, sempre in corsa, subentrò a Eusebio Di Francesco e chiuse con la Roma al 6° posto. Corsi e ricorsi storici, quel giugno 2019 Ranieri assisteva anche all’addio al calcio di Daniele De Rossi che dopo essere stato il "capitan futuro" dei giallorossi i Friedkin con la loro agenzai di casting hollywoodiana avevano pensato che sarebbe diventato anche il nuovo Gladiatore della panchina. Via De Rossi e poi Juric, allora ecco il caro vecchio Claudio che si ripresenta ironico come un Vittorio Gassman, con un grande futuro dietro le spalle, ma anche come potenziale centro di gravità permanente di un gruppo dove l’incertezza regna sovrana. A cominciare dall’ex bimbo de oro, Dybala che ha rinunciato ai petrodollari degli arabi pur di restare alla Roma, ma negli ultimi giorni l’hanno sentito recitare amletico e senza Joja, “resto o non resto?”. Per fugare dubbi e incertezze mentali e tattiche servirà tutta l’esperienza di Ranieri, un allenatore che sa dialogare con i giovani e con i vecchi calciatori usando da sempre la tecnica genuina della "giusta motivazione".
Un motivatore da "Premio Gentilezza" per cercare di rialzare la testa di una Roma senza capoccia
Un portatore di valori forti e sani. Claudio Ranieri ottiene sempre il massimo dal gruppo senza alzare mai la voce, con l’umiltà dei grandi e con estremo garbo. Non a caso è stato insignito del “Premio Gentilezza”. E tutto questo lo rende unico nel suo genere. Un personaggio senza tempo, anche se quando battagliava con Mourinho in Premier League, una decina di anni fa, per lo Specialone di Setùbal il sor Claudio era un Seneca, un uomo troppo vecchio per potersi confrontare con i giovani geni della panchina. Ma il giorno che vinse, più che a sorpresa, il titolo inglese alla guida del piccolo grande Leicester, era il 2016, quel signore dalla faccia da senatore romano al tempo di Cesare sembrava un cinquantenne in piena ascesa e Mourinho un matusa. Ironia della sorte un anno fa Mourinho, ora esule in Turchia (guida il Fenerbahçe), si è seduto proprio su questa panchina che scotta dell'Olimpico e che adesso toccherà ancora una volta a Ranieri. Non sappiamo come andrà a finire questo "atto III!" alla Roma, ma la sua presenza a noi già rassicura, perché questo calcio, un po’ come tutto il mondo in cui viviamo, ha un grande bisogno di uomini per bene e con la schiena sempre dritta, e Ranieri, risultati a parte, rappresenta l’hombre vertical per eccellenza. Ave Claudio, ben tornato!