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La fisica nucleare in soccorso della ricerca archeologica grazie all’aggiornamento e al potenziamento degli strumenti di datazione radiometrica. Non a caso “Radiocarbonio 3.0”, metodologia che parla italiano, dovrebbe permettere agli studiosi di individuare nuovi indizi della storia umana più antica, a partire dall’interazione tra Homo Sapiens e Neanderthal in Europa. E il primo riscontro è arrivato dalla datazione – ancora più raffinata - ottenuta dall’analisi di oggetti provenienti dal sito di Bacho Kiro, in Bulgaria, dove sono stati trovati i resti di Homo Sapiens più antichi sul continente europeo, in precedenza datati a 45mila anni fa.
In pratica i nuovi dati mostrano per la prima volta un legame tra la presenza di esseri umani e le diverse fasi climatiche dell’ultima glaciazione: un elemento che potrebbe avere importanti conseguenze nello studio su larga scala dei movimenti e delle fasi di sviluppo della storia umana più antica. «Utilizzando il Radiocarbonio 3.0 siamo riusciti a ricostruire con più precisione i movimenti di antichi ominidi avvenuti nei principali siti archeologici europei nel corso delle diverse fasi climatiche. L’arrivo degli umani a Bacho Kiro non è avvenuto in un solo momento, ma ci sono state tre diverse fasi di occupazione, tra 44.650-44.430 anni fa, tra 44.200-43.420 anni fa e tra 43.110-42.700 anni fa, o forse solamente due, tra 44.650-44.430 anni fa e tra 44.310-43.710 anni fa», spiega Sahra Talamo, professoressa e direttrice del laboratorio di radiocarbonio BRAVHO dell’Università di Bologna, prima autrice dello studio.
Le attività di miglioramento di queste tecnologie nascono da un lavoro di ricerca avanzata, coordinato appunto da Talamo, a cui hanno collaborato due esperti internazionali del radiocarbonio dell’Università di Heidelberg (Germania) e dell’ETH Zurigo (Svizzera), nonché l’esperto sugli isotopi della Simon Fraser University (Canada). Negli ultimi decenni il “Carbonio 14”, ha permesso a studiosi di tutto il mondo di fare importanti passi avanti nel ricostruire la cronologia di eventi chiave della nostra storia. Questo strumento però – basato sulla rilevazione nei campioni organici studiati di un isotopo radioattivo del carbonio, il Carbonio-14 appunto – non permette sempre di ottenere datazioni precise e accurate, ad esempio le fasi di interazione dei Neanderthal con l’Homo sapiens.
La sfida era ampliare le potenzialità del radiocarbonio, aumentando le sue capacità di risoluzione temporale. Per riuscirci, gli studiosi si sono concentrati su tre aspetti fondamentali: più accurati metodi di pretrattamento dei campioni da analizzare, l’utilizzo della più avanzata spettrometria di massa con acceleratore (AMS-MICADAS) e una più accurata curva di calibrazione, IntCal20, che permette di datare con alti livelli di precisione reperti risalenti fino a 55.000 anni fa. L'unione strategica di questi tre ingredienti ha permesso di dare vita a una versione rafforzata del metodo di analisi del Carbonio-14, chiamata Radiocarbonio 3.0. E le sue potenzialità sono state subito messe alla prova dagli studiosi sui resti rinvenuti nel sito archeologico di Bacho Kiro, in Bulgaria (l’unico sito al mondo per il quale sono state realizzate 21 datazioni al radiocarbonio ad alta risoluzione in un singolo livello archeologico), dove sono emerse le più antiche evidenze dirette della presenza dell’Homo Sapiens in Europa.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Plos One con il titolo “Back to the future: the advantage of studying key events in human evolution using a new high resolution radiocarbon method”.