“Quelli che... il calcio” (1993): l’ideatore Marino Bartoletti, il conduttore Fabio Fazio e Carlo Sassi
«Quelli che tengono al Milan, oh yes! Quelli che non tengono il vino, oh yes! Quelli che non ci risultano, oh yes! Quelli che credono che Gesù Bambino sia Babbo Natale da giovane, oh yes!...», cantavano Beppe Viola e Enzo Jannacci dentro a qualche notte di scighera in un trani della Milano metà anni ’70. Viola (morto a 43 anni nel 1982) non ha fatto in tempo a vedere quella canzone, Quelli che..., materializzarsi in titolo e filosofia della trasmissione di culto, Quelli che... il calcio. Programma in onda, ininterrottamente, ogni domenica calcistica su Rai 3 (poi dal ’99 su Rai 2), dal 26 settembre 1993 fino allo scorso giovedì 2 dicembre. I titoli di coda, definitivi, sono scesi sulle teste dei conduttori Luca e Paolo e Mia Ceran che in coro hanno salutato mestamente: «Ringrazziamo il nostro pubblico, ringraziamo le maestranze e la produzione Rai, la nostra band, tutti i professionisti che con il loro lavoro hanno reso possibile andare in onda». Finisce qui, la pagina che li accomuna, solo per l’egida sotto cui hanno lavorato, quella che il suo ideatore, Marino Bartoletti definisce «una trasmissione magica, un’alchimia irripetibile». Per comprendere bisogna tornare all’estate del ’93 quando, il “musicologo” Bartoletti docet, il tormentone più gettonato nei juke-box delle spiagge della sua Romagna era What is love – cantato dalla “voce di Trinidad” Haddaway – e in hit-parade dominava l’album Gli spari sopradi Vasco Rossi, assurto a nuovo padrone degli stadi appena svuotati dai tifosi del calcio in vacanza. Fu allora che Bartoletti riuscì a convincere il direttore della Rai 3 più sperimentale e creativa di sempre, Angelo Guglielmi, a credere nel «progetto: una trasmissione in cui il mio grande sogno di bambino che lavorava di fantasia, ammaliato dalle radiocronache, trasportasse in tv Tutto il calcio minuto per minuto, abbinato a un talk-show brillante con comici del calibro di Teo Teocoli e Anna Marchesini».
Guglielmi, come sempre illuminato e ricettivo al prodotto originale e di qualità, diede il placet, ma c’era un nodo ancora da sciogliere: la scelta del conduttore giusto. Bartoletti e il capostruttura Rai, Bruno Voglino, puntavano ad occhi chiusi sul giovane, anche se ancora acerbo, Fabio Fazio, classe 1964. «Guglielmi ci disse – continua Bartoletti – ve ne assumete tutta tutta a responsabilità, perché secondo me questo Fazio non buca il video». Ricorda bene queste perplessità un’altra grande anima del primo Quelli che... il calcio, il “signor Moviola” Carlo Sassi.
«A dire la verità, venendo dalla Domenica Sportiva ero perplesso anche riguardo la mia presenza a una trasmissione così innovativa come quella che aveva in mente Marino, il quale mi convinse dicendomi: “Carlo, la faccio solo se ci sei tu”. Quanto a Fazio, fino ad allora si era fatto conoscere come imitatore e conduttore di programmi per ragazzi( Jeans, in onda su Rai 3, nel 1986), ma tenere il timone di un programma pomeridiano domenicale, con in più la sacralità del campionato di calcio da rispettare, data l’età e l’esperienza, sembrava un grosso azzardo. Invece... Alla terza puntata andai da Fabio e gli dissi: mi scuso, perché non credevo fossi così bravo. Se la trasmissione sta andando alla grande è soprattutto merito tuo».
Merito di Fazio e anche di quella «alchimia» bartolettiana che inventò il maxischermo su cui venivano proiettati, in diretta, i volti dei grandi radiocronisti di Tutto il calcio minuto per minuto, Ameri, Ciotti, Gentili, Cucchi... E a questi si aggiungevano in studio personaggi noti dello spettacolo d’arte varia, ripescaggi vintage, come il conduttore Luciano Rispoli o l’olandese volante, il paroliere Peter Van Wood, calato nel ruolo di «astrologo», con tanto di sodalizio scaramantico interno: l’Atletico Van Goof, club ancora attivo nel paese di Castenaso (Bologna). E ancora, l’esilarante tifoso extracomunitario, il “faziosissimo” juventino «colto», sottolinea Bartoletti, come il gambiano Idris, al quale faceva da contraltare lo «statistico, tassonomico e non nozionistico» interista Giuseppe Maria Buscemi, «che diceva di mangiare tutta la settimana pane e Gazzetta dello Sport, dice divertito Carlo Sassi.
«Il successo del programma oltre ai contenuti leggeri e divertenti, era dato dalla novità di una “madre tifosa”, come suor Paola, sfegatata della Lazio o la ricerca settimanale di un personaggio dal cognome particolare su cui costruire la puntata: tipo il signor Muratore o la coppia di coniugi Lampa Dario e Lampa Dina – va di amarcord Bartoletti – . Andando a caccia del cognome Sano reclutammo il designer giapponese Takahide Sano: era digiuno di calcio, eppure diventò uno dei più amati dal pubblico di Quelli che... ».
Quelle prime otto stagioni (fino al 2001) targate Fazio-Bartoletti, furono un trionfo di ascolti (57,7% di share, punte massime da 7,6 milioni di telespettatori) e il «format generò di fatto due edizioni del Festival di Sanremo condotte da Fabio che pertò all’Ariston parte della banda di Quelli che... il calcio ». Figlio di quel format è stato anche un altro programma, progenitore di altri cento, come Anima mia (1997) ideato e condotto da Fazio e Claudio Baglioni. Ma tornando alla creatura primigenia, Quelli che... il calcio si reggeva ancora tutto sulle partite domenicali della Serie A. «Nonostante l’arrivo della pay-tv, con annessi anticipo e posticipo, noi avevamo un menù di 6-7 incontri pomeridiani in contemporanea e il pubblico da casa rimaneva incollato al video, colpita dallo spettacolo e dai collegamenti più stralunati».
Come quelli dell’elegantissimo Everardo Dalla Noce che, da inviato da Piazza Affari era passato alla tribuna stampa degli stadi di Serie A, da dove puntualmente chiedeva notizie sulla sua Spal, in quel momento mestamente in C. All’epoca, l’imitatore e trasformista Ubaldo Pantani era ancora un studente universitario e sognava «di essere invitato a Quelli che..., solo come tifoso della Spal o del Pisa, città in cui vivo». Pantani è stato fino all’ultima puntata di Quelli che... il calcio edizione 2021-2022, il capitano di lungo corso della trasmissione. Ben 12 anni di onorata militanza, oltre 350 puntate, in cui ha presentato 30 personaggi, dall’indimenticabile Lapo Elkann fino all’Antonio Conte triste e solitario ultimo mister campione d’Italia con l’Inter.
«Il format non aveva più nulla in comune con quello originario e va precisato che Quelli che... il calcio non ha chiuso il 2 dicembre, ma a maggio, al termine della passata stagione – dice Pantani – . Le colpe? L’ho già detto, quando si gioca in una squadra e si perde, le responsabilità vanno ripartite in parti uguali. Restando nel “calciolinguaggio”, comunque ora sono sul mercato e spero di rientrare già in quello di riparazione, a gennaio». La barca ormai è affondata e quindi si salvi chi può.
«Forse quella barca, rimasta da tempo senza il calcio (la Rai ha perso da un pezzo i diritti del campionato, ndr) ha resistito fin troppo... Tutte le edizioni successive alla nostra hanno vissuto di rendita, annacquando contenuti già visti e sentiti e cancellando definitivamente, verso i vent’anni di messa in onda, quella raffinata leggerezza che era la nostra cifra riconoscibile – continua Bartoletti – . Dispiace per un grande talento come Pantani, l’unico che avrebbe meritato di far parte della nostra squadra. Le sue imitazioni sono splendide: Ubaldo lo avessimo avuto allora avrebbe costituito il tandem ideale con Teocoli. Teo il meglio di sé lo ha dato a “Quelli che... il calcio”: andatevi a rivedere quell’unicum del suo Enrico Cuccia “birichino” che percorre via dei Filodrammatici fino in piazza della Scala, sale sul tram e viaggia senza pagare il biglietto... ».
Lo storico programma invece paga dazio al banco del consenso popolare, e la mannaia dell’Auditel non poteva che depennarlo dal palinsesto dopo gli ultimi ascolti: sotto il mezzo milione di telespettatori (il 2,3% di share). Una miseria per una prima serata. Ma su questo Carlo Sassi dissente: «La Rai doveva avere il coraggio di fargli terminare la stagione. L’errore più grave è stato non mantenere la trasmissione alla domenica e traslocarla al lunedì e infine al giovedì...». L’ultima parola, dopo quella fine sancita dalla Rai, spetta al “papà” di Quelli che... il calcio, al quale chiediamo: ha sentito Fabio Fazio? «Sì ma non per parlare della chiusura della trasmissione. Ma io e Fabio la pensiamo allo stesso modo: non aver visto una “tua creatura” festeggiare i trent’anni dispiace, soprattutto per la fine ingloriosa e direi offensiva che non gli è stata risparmiata».