venerdì 20 gennaio 2023
Accolto dalla Corte federale il ricorso della Procura sportiva. Inibizione per Agnelli, Paratici e altri
Due anni di inibizione. Andrea Agnelli, ex presidente della Juventus

Due anni di inibizione. Andrea Agnelli, ex presidente della Juventus - Reuters

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Una stangata epocale, inimmaginabile alla vigilia. La più clamorosa sentenza di sempre della giustizia sportiva contro la Juventus dopo Calciopoli. La Corte Federale di Appello della Figc, presieduta da Mario Luigi Torsello, ha inflitto ben 15 punti di penalizzazione alla squadra bianconera che adesso in campionato precipita in decima posizione, a quota 22 appaiata a Bologna ed Empoli, a 12 lunghezze dalla zona Champions League, ora occupata nel suo ultimo gradino da Lazio e Atalanta.

È il verdetto arrivato intorno alle 21 dopo una camera di consiglio durata quattro ore, al termine di un’udienza in video-collegamento iniziata in tarda mattinata e convocata per esaminare la richiesta della Procura Federale di revocare la sentenza della giustizia sportiva che la scorsa primavera aveva assolto la Juventus per il caso plusvalenze. La revisione, presentata dal procuratore Giuseppe Chiné, era motivata dai nuovi documenti e dalle nuove intercettazioni consegnate alla giustizia sportiva dai magistrati di Torino che conducono l’inchiesta Prisma.

La sentenza è ancora più sorprendente perché Chiné aveva chiesto ‘solo’ 9 punti di penalizzazione. Quindi la Corte si è spinta molto più in là rispetto alla richiesta dell’accusa. Stesso discorso per le inibizioni nei confronti dei dirigenti juventini. La Corte Federale di Appello ha inflitto ben 3 anni e 6 mesi a Fabio Paratici, ora al Tottenham; 2 anni ad Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene; un anno e 4 mesi a Federico Cherubini, 8 mesi a Pavel Nedved. In questo caso sono state alzate le richieste della Procura relative a Paratici e Agnelli, per i quali erano stati chiesti rispettivamente un anno e 8 mesi e un anno e 4 mesi. Ora la Juventus potrà ricorrere al Collegio di Garanzia del Coni.

Nessuna sanzione, invece, per gli altri otto club coinvolti tra Serie A, B e C: Sampdoria, Genoa, Empoli, Parma, Pisa, Pescara, Pro Vercelli e Novara. Sono stati tutti prosciolti, come era successo alla fine dello scorso maggio. La Procura federale in questo caso non aveva modificato le richieste, mantenendole uguali a quelle del processo della scorsa primavera. Per questi club erano state chieste solo ammende e inibizioni: dai 338.000 euro per il Genoa agli 8.000 per il Novara, dai 12 mesi per Ferreo ai 6 per Preziosi.

La decisione della Procura di mantenere invariate le richieste di pena per gli altri club coinvolti ha sollevato qualche perplessità. In molti si sono chiesti il senso di questo approccio giuridico, visto che in molti casi sotto i riflettori della giustizia sportiva sono finiti scambi tra calciatori di questi club e della Juventus. Quindi la condotta illecita avrebbe dovuto essere commessa da due soggetti, non solo dai bianconeri. Dubbi che escono ancora più forti dopo la sentenza che ha confermato il proscioglimento.

La Juventus (collegato anche il neo-presidente Gianluca Ferrero) si era difesa ribandendo che era assente il dolo da parte dei dirigenti, una circostanza indispensabile per parlare di plusvalenze fittizie. Deve essere presente la consapevolezza che il valore dato al calciatore è finalizzato solo ad alimentare un artificio contabile: “Nessuno degli elementi valorizzati dalla Procura Federale dimostra l’esistenza di una artificiosa sopravalutazione dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori alle predette operazioni, con ciò rendendosi piena infondatezza dell’odierno ricorso”.

I legali bianconeri hanno anche cercato di sminuire il valore effettivo degli appunti trovati negli uffici, in particolare le osservazioni del ds Cherubini, con una certa enfasi ribattezzate il ‘libro nero’ delle condotte di Paratici: “I documenti interni e budget riportanti l’indicazione di plusvalenze come obiettivo strategico, non costituiscono affatto un elemento che possa fondare la natura fraudolenta e artificiosa delle operazioni concluse e dei valori ad esse assegnati”.

La difesa della Juventus ha anche presentato un’eccezione procedurale, sostenendo che la richiesta di revocazione sia arrivata fuori tempo massimo e quindi deve essere considerata inammissibile. Il codice di giustizia sportiva prevede che la richiesta di revocazione debba essere presentata entro 30 giorni dalla scoperta dei fatti nuovi. Secondo l’avvocato Nicola Apa, la Procura Figc avrebbe incontrato i pm di Torino il 26-27 ottobre. Ma la richiesta è stata presentata solo il 22 dicembre, quindi 26 giorni dopo il termine previsto.

I legali della Juventus hanno anche tentato di ridimensionare la portata economica delle plusvalenze contestate, pari a 60 milioni. Negli stessi anni il club ha totalizzato 1,6 miliardi di fatturato, quindi la cifra oggetto del processo rappresenta solo il 3,6% dei ricavi. E nello stesso periodo la proprietà ha effettuato aumenti di capitale pari a 700 milioni. Anche questo ha la sua importanza perché il ricorso alle plusvalenze deve avere un’influenza effettiva sulle procedure contabili da osservare per iscriversi al campionato. Argomentazioni che non sono servite a evitare una punizione di portata storica che riscrive la classifica del campionato e avrà conseguenze pesantissime.

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