Un anno e mezzo di reclusione a Luciano Moggi, un anno e due mesi al figlio Alessandro, assolti gli altri imputati (Franco Zavaglia, Davide Lippi e i collaboratori dei Moggi, Pasquale Gallo e Francesco Ceravolo). Questa la sentenza del processo alla Gea World, la società che, a partire dal 2001 e fino a Calciopoli, ha gestito le procure di numerosi calciatori di Serie A e B. Secondo l’ipotesi dell’accusa i Moggi e gli altri imputati sarebbero stati responsabili di un’associazione per delinquere finalizzata all’illecita concorrenza tramite violenza e minaccia. La sentenza, invece, ha smentito questa ricostruzione condannando i due Moggi solo per alcuni episodi di minaccia (violenza privata nei confronti di quattro calciatori) a pene ben più basse dei cinque e sei anni chiesti rispettivamente per Alessandro e Luciano Moggi. Per i due non ci saranno conseguenze pratiche: i giudici del tribunale di Roma, che hanno concesso a entrambi le attenuanti generiche, hanno disposto la sospensione della pena che sarà completamente coperta da indulto visto che i fatti di violenza privata sono avvenuti prima del maggio 2006. Le motivazioni della sentenza saranno depositate in 40 giorni. Condanna lieve dunque, e solo per le pressioni esercitate su Nicola Amoruso (passaggio al Perugia e revoca della procura ad Antonio Caliendo) e Emanuele Blasi (rinnovo del contratto previa revoca della procura a Stefano Antonelli) attribuite a Luciano, e quelle sui russi Victor Budiansky e Ilia Zetulayev (affidamento procura) contestate ad Alessandro. In fin dei conti solo episodi marginali rispetto al quadro tratteggiato dal pm Luca Palamara, il quale aveva parlato apertamente di un’associazione per delinquere che mirava «al controllo del mondo del calcio». Dopo la lettura del dispositivo da parte del presidente della decima sezione del Tribunale di Roma, Luigi Fiasconaro, Luciano Moggi ha lasciato l’aula da un’uscita secondaria ed ha così evitato l’assalto dei giornalisti. Uno dei suoi legali, Marcello Melandri, ha annunciato che impugnerà la sentenza. Amareggiato per l’esito del processo il figlio Alessandro: «Io non ho fatto nulla - ha commentato - i giudici hanno detto che non c’è alcuna associazione per delinquere perchè non c’è mai stata alcuna associazione a delinquere. Mi aspettavo l’assoluzione piena per tutti gli imputati, comunque la Gea è stata assolta completamente». Il pm Luca Palamara, rappresentante dell’accusa che aveva chiesto la condanna di tutti gli imputati, attende il deposito delle motivazioni prima di un giudizio finale. «Alla fine la giustizia, rispetto a tutto il processo mediatico, è arrivata» è stato il commento di Zavaglia che però si è detto dispiaciuto per Luciano e Alessandro Moggi. L’inchiesta sul presunto dominio esercitato sul mercato dei calciatori e sul condizionamento delle scelte di alcuni club, così come denunciato da alcuni calciatori in varie epoche e troppo spesso sottovalutato da addetti ai lavori, era partita nel 2006 dopo il trasferimento a Roma, per competenza territoriale, di atti raccolti dalla magistratura di Torino. Tra le persone coinvolte, e poi uscite di scena, anche Chiara Geronzi, ex socia Gea, Giuseppe De Mita e Tommaso Cellini, ex dipendenti della società. Non sono mancati strascichi e fascicoli stralcio aperti in seguito a dichiarazioni fatte in aula. Ne sanno qualcosa l’attuale ct della nazionale inglese Fabio Capello, l’ex dt della Juventus Antonio Giraudo ed Emanuele Blasi, finiti sotto inchiesta per reticenza. A sinistra, Luciano Moggi, per 12 anni alla Juventus, si è dimesso nel 2006 dall’incarico di direttore generale durante Calciopoli A destra, il figlio Alessandro Moggi, ex patron della Gea