domenica 23 marzo 2025
Al Teatro Giorgio Gaber lo show musicale ideato dal produttore Luigi Caiola: "Convinsi Hollywood a dargli l'Oscar e lo portai 250 volte a dirigere in tutto il mondo. Ora lo celebro, anche con un doc"
Ennio Morricone insieme al produttore Luigi Caiola con l'Oscar alla carriera vinto nel 2007

Ennio Morricone insieme al produttore Luigi Caiola con l'Oscar alla carriera vinto nel 2007

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Dopo le anteprime in Ungheria e in Umbria l’anno scorso, parte ufficialmente da Milano domani e martedì 25, al Teatro Lirico Giorgio Gaber, il progetto “We all love Ennio Morricone”. Un atto d’amore fin dal titolo che riprende e perpetua quello del cd corale uscito in concomitanza con l’Oscar alla carriera del 2007 (vi parteciparono, tra gli altri, Quincy Jones, Bruce Springsteen, Celine Dion, Roger Waters, Herbie Hancock, Andrea Bocelli, Yo-Yo Ma), dando vita ora a un tour nazionale e internazionale con uno spettacolo di teatro-concerto per raccontare, con i musicisti che l’hanno vissuta con lui, l’incredibile avventura live di Morricone che lo portò, già ultra- settantenne, a calcare i palcoscenici di tutto il mondo per ben 250 volte. In prima fila il deus ex machina di quella insospettabile operazione, il produttore Luigi Caiola. A dirigere l’orchestra sinfonica ViVas! Lab ci sarà Ludovico Fulci. Dal teatro Gaber partiranno anche le riprese per un docu-film che vedrà la luce nel 2026.

«Milano è il vero debutto di questo progetto - ci spiega Luigi Caiola, che due anni fa aveva raccontato in un libro il clamoroso sodalizio con Morricone -. Ci sono anche diversi musicisti che hanno lavorato con Morricone, compresa la cantante Susanna Rigacci, ed è uno spettacolo di teatro-concerto in cui vengono eseguite le musiche del cd We allo love Ennio Morricone e altri classici con le orchestrazioni realizzate da Ennio, con l’attore Luigi Petrucci che racconta alcuni momenti tratti dal mio libro sulla mia avventura umana e professionale con Morricone. E non posso ora non ripensare a quando tutto iniziò a marzo del 2001 con quel primo doppio concerto di Londra, quasi un quarto di secolo fa. Ennio non amava molto dirigere ed evitava di stare lontano da casa. Essere riuscito a fargli fare entrambe le cose mi sembra un prodigio. Ennio infatti non si era ancora davvero misurato con il riscontro dal vivo delle sue musiche. Il suo feedback era stato fino ad allora quello di un pubblico che andava a vedere i film e che poi magari in qualche caso acquistava i dischi con la colonna sonora».

Ma come fece un piccolo produttore discografico a fare uscire dal proprio guscio un gigante come Morricone? «La chiave del mio successo con Ennio è stata un po’ la mia ignoranza delle dinamiche del mercato e dell’industria discografica. Il contrario di Peter Gelb che, allora presidente della Sony Classical a New York, proprio perché vincolato a certe regole di mercato, non aveva accolto la richiesta di Morricone di pubblicare anche il resto della sua musica, oltre a quella da film. Io invece dissi di sì, con la mia piccola etichetta (la DVF, acronimo di Daniele Foscaro Vellani un amico dj della comune natale Latina scomparso in incidente d’auto, ndr) e pubblicai subito un cofanetto di 4 cd, tre dei quali dedicati alla sua musica non cinematografica, che Ennio definiva “assoluta” e che al pubblico era quasi del tutto sconosciuta. Così facendo gli dimostrai che il mio interesse era su tutta la sua musica, sul suo lavoro di compositore, e non soltanto su quella che poteva vendere più facilmente perché ormai nota e celebrata».

La fiducia del Maestro era stata così pienamente conquistata, assecondando la sua intenzione di svincolarsi finalmente dal cinema per affermare il suo ruolo di compositore tout court. Su di lui gravava infatti da decenni la presunta colpa di avere tradito la sua missione, la sua autentica vocazione, tanto che per anni il suo maestro Goffredo Petrassi non gli perdonò di essersi venduto al cinema e agli arrangiamenti pop in Rca, salvo poi ricredersi. «Per Ennio era stata una fonte di sofferenza - dice Caiola -, riteneva di avere commesso peccato davanti a Dio e a Petrassi scrivendo musica orecchiabile di facile ascolto». Aperta la strada della discografia anche all’”altra musica” morriconiana, Caiola riuscì a completare l’opera portandolo addirittura in tour con la bacchetta in mano.

«Certo, all’inizio fu rischioso organizzare i primi concerti. Oggi li diamo per scontati, visto che sono stati 250 in tutto il mondo, ma allora Morricone non si era mai misurato dal vivo se non in rarissime occasioni. Quei due primi live a Londra erano stati un grosso impegno finanziario. A parte il cachet di Ennio, c’erano ben duecento elementi tra orchestra e coro. Se è vero che io ho imparato da Morricone ad aprire le porte anche alla sua “altra musica”, è altrettanto vero che grazie alla risposta del pubblico ai suoi concerti Ennio si è intimamente riconciliato con la sua musica per il cinema verso la quale aveva un sentimento ambivalente, visto che in qualche misura quel mondo l’aveva distolto dalla sua cosiddetta musica assoluta e dalla sua vocazione etico-estetica. Riteneva infatti di essersi messo a scrivere musica per il cinema per guadagnare soldi e mantenere la famiglia, indotto anche a vederla così a causa delle citiche iniziali del mondo accademico da cui proveniva. Ma chi può pensare che Gabriel’s Oboe sia frutto di mercimonio e non invece la voce di Dio in musica?».

Altra battaglia vinta da Caiola fu poi far assegnare a Morricone un Oscar che per ben cinque volte gli era sfuggito di mano. Servì un intenso e paziente lavoro di diplomazia presso le “coscienze” più illuminate del mondo del cinema affinché l’appello arrivasse a Hollywood. « Io soffrii molto per l’Oscar non dato a Malèna, la sua quinta nomination, oltre che per quello scandaloso mancato con Mission. Lo vinse Herbie Hancock, quella volta, anche se gran parte della colonna sonora non era musica originale. Ricordo che quando poi lo contattò Quincy Jones perché partecipasse al disco We all love Ennio Morricone nel brano tratto da Il buono, il brutto, il cattivo, Hancock lo fece gratis perché disse che aveva un debito nei confronti di Ennio».

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