La schermitrice azzurra Elisa Di Francisca - Ansa
È oggi il momento più importante della XXVII edizione del Premio Internazionale Fair Play Menarini. La tre giorni fiorentina dedicata ai valori del gioco corretto, dopo talk show, racconti di campioni dell’attualità e testimonianze di leggende del passato, vivrà a partire dalle 21 al Teatro Romano di Fiesole la cerimonia di premiazione. A ritirare l’ambito riconoscimento nella categoria “Sport e coraggio” sarà la campionessa olimpica di fioretto individuale e a squadre di Londra 2012, nonché argento individuale a Rio 2016, Elisa Di Francisca – quarantenne marchigiana da qualche stagione ormai ex schermitrice - che alla vigilia ha raccontato le sue emozioni.
Elisa, cosa prova ad essere tra i premiati del Menarini?
Un grandissimo onore, conosco questo Premio da tanto tempo e mi ritrovo nei valori che porta avanti. Nella sua storia lunga un quarto di secolo ha acceso le luci della ribalta su grandi personalità dello sport, quindi per me è bello stare qui, salire sul palco e far parte di questa grande famiglia.
Nella sua disciplina, la scherma, gli episodi di fair play abbondano durante gli assalti. Come mai?
La ragione affonda nella storia. Il nostro è uno sport nobile, dove si insegna il rispetto per l’avversario sin dal primo giorno che imbracci l’arma. Ancor prima di abbassarti la maschera e coprirti il volto, sari che dovrai rispettare colui o colei che ti sta di fronte.
Tra i premiati nella categoria “Giovani” ci sarà anche diciottenne bergamasca Mariaclotilde Adosini, la spadista che a febbraio a Beauvais in Francia, durante una tappa della Coppa del mondo Under 20, ha rifiutato di vincere grazie a un errore arbitrale, accettando di tornare in pedana per poi perdere. Ha avuto modo di incontrarla?
Ancora no, ma sarò felice di poterlo fare durante la cerimonia di premiazione. Mariaclotilde ha dimostrato cosa significhi fair play e come i valori nello sport vengano prima dei successi. Conta di più rispettare le regole che vincere le medaglie. Il suo comportamento in Francia è stato esemplare.
Nella sua lunga carriera le era capitato qualcosa del genere?
Non un caso così eclatante, ma più di una volta quando stavo ormai vincendo l’assalto con un ampio margine ho concesso all’avversaria di mettere una stoccata. Non mi è mai piaciuto infatti vincere 15 a zero.
Cosa ha imparato in trent’anni con l’arma in pugno?
A superare i miei limiti. Dietro la maschera c’è un essere umano, con il suo carico di dubbi e paure. Non pensavo di riuscire a vincere alcune debolezze e invece ci sono riuscita grazie allo sport.
Quale vittoria ricorda più di tutte?
La prima in assoluto. Ai campionati italiani Ragazze di Rimini quando ero in Seconda Media. Accanto a me c’erano il mio maestro Ezio Triccoli, scomparso nel 1996 quando avevo tredici anni, e mia mamma.
L’oro olimpico passa quindi in secondo piano.
È stato fantastico vincerlo, ma il giorno della prima vittoria ero più emozionata. Triccoli aveva predetto a mia madre che avrei conquistato il titolo olimpico. Lui per me è stato tutto. Lo definirei un educatore più che un allenatore.
Se non fosse cresciuta a Jesi che sport avrebbe praticato?
Sicuramente non la scherma. Magari la danza, oppure la pallavolo, così da dedicarmi a una disciplina di squadra.
Come trascorre le sue giornate dopo il ritiro dall’attività agonistica?
Facendo la mamma dei mie due bimbi di 6 e 2 anni, lavorando per il Gruppo sportivo delle Fiamme Oro e facendo qualche comparsata in tv a Domenica Dribbling su Rai Due.
Ha mai pensato di fare l’allenatrice a tempo pieno?
Ho fatto il corso da istruttrice di secondo livello, ma poi mi sono tirata indietro, perché penso di non poter dedicare il tempo giusto a questa attività.
Meglio fare la presentatrice televisiva?
Quando ho smesso di tirare mi mancava l’adrenalina della gara e l’unica cosa che me l’ha ridata è stata la partecipazione a un programma tv in diretta. Nei momenti che precedono la messa in onda mi sento come quando l’arbitro dà il via all’assalto.
Se le offrissero di commentare i Giochi di Parigi accetterebbe?
Subito. Sarebbe bellissimo, anche se ciò comporterebbe di dover passare molto tempo per prepararmi e di dover diventare più diplomatica nei giudizi.
Eppure quando lei gareggiava le attenzioni mediatiche sulle sue gare, Olimpiadi escluse, erano molto scarse.
Meno male. Devo dire che ero contenta della poca attenzione, perché così avevo poche pressioni e non dovevo ascoltare commenti completamente privi di senso.
Come giudica l’attuale stato di salute della scherma azzurra?
In ottima forma. I recenti Europei di Plovdiv e Cracovia sono stati un test probante in vista dei Mondiali di Milano. Mi ha fatto piacere riscontrare il dominio del nostro fioretto.
Chi è la sua erede col fioretto in pugno?
Alice Volpi. Non solo è alta e slanciata come me, ma anche caratterialmente ci accomuna quella dote di sana follia. In più, pur essendo toscana si allena a Jesi, con Cerioni.