lunedì 30 agosto 2021
Scorrendo il cartellone di Tokyo 2020, da un lato risaltano versioni paralimpiche di discipline tradizionali, dall’altro compaiono sport specifici, come il goalball o la boccia
Gli atleti italiani sfilano alla cerimonia inugurale delle Paralimpiadi Tokyo 2020

Gli atleti italiani sfilano alla cerimonia inugurale delle Paralimpiadi Tokyo 2020 - Reuters

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Alle 15.08 italiane di ieri, le 21.08 di Tokyo, l’imperatore Naruhito ha dichiarato aperte le Paralimpiadi di Tokyo 2020, quelle segnate alla vigilia dai timori connessi alla pandemia, com’era già successo alle Olimpiadi, ma che già da oggi lasceranno parlare altro: lo sport, quello di ragazze e ragazzi che rappresentano storie di redenzione e coraggio, forza e spirito, di straordinaria normalità al cospetto di ciò che in tanti non riconoscono ancora come tale. E non è un caso che la cerimonia di apertura di ieri abbia avuto come fil rouge quello del volo: «We have wings», abbiamo le ali, il titolo scelto per le coreografie che ha tenuto banco prima e dopo la sfilata degli atleti.

Gli impianti sono gli stessi dei Giochi olimpici, cambia però il logo: non più i cinque cerchi, bensì i tre agitos. Scorrendo il cartellone, da un lato risaltano versioni paralimpiche di discipline tradizionali, dall’altro compaiono sport specifici, come il goalball o la boccia. Il primo è un gioco di squadra praticato da atleti non vedenti e ipovedenti, nato come strumento di riabilitazione per i veterani della Seconda Guerra Mondiale.

I giocatori, bendati con una maschera oscurata, cercano di lanciare una palla, che contiene dei sonagli metallici, nella rete avversaria. La boccia è invece simile al classico gioco delle bocce, dove gli atleti paralimpici cercano di avvicinare la propria biglia quanto più possibile al pallino. In entrambe queste discipline non ci saranno azzurri, visto che negli sport di squadra l’Italia sarà presente solo nel sitting volley, la versione paralimpica della pallavolo.

Il grosso della nostra spedizione è concentrato nell’atletica e nel nuoto. In pista, in base alla tipologia di disabilità e alla valutazione clinica, si gareggia in piedi, con o senza protesi, in carrozzina o a bordo della frame runner, una tricicletta a grandi ruote. I disabili visivi corrono affiancati da una guida. Chi seguirà le gare in tv si accorgerà che accanto alla specialità sarà sempre presente una lettera e un numero. In particolare la “T” per le corse e i salti, la “F” per i lanci, la “P” per le prove multiple, mentre a livello numerico, l’11 rappresenta l’atleta cieco (la pesista Assunta Legnante o il discobolo Oney Tapia), il 12 e il 13 gli ipovedenti, dal 31 al 34 i cerebrolesi in carrozzina, dal 35 al 38 i cerebrolesi deambulanti come la velocista Oxana Corso o il pesista Nicky Russo, dal 45 al 47 gli amputati, dal 51 al 57 tretraplegici e paraplegici, dal 60 in poi gli atleti con protesi, categoria in cui troviamo l’oro di Londra e Rio Martina Caironi oppure Monica Contraffatto e Ambra Sabatini.

In piscina non sono ammesse protesi, così la partenza può avvenire direttamente in acqua o col supporto di un assistente, mentre il tocco della piastra è consentito con qualsiasi parte superiore del corpo. Anche nel nuoto ci si imbatte in numerose sigle: l’1 indica gli atleti con un controllo limitato di gambe, braccia e mani, il 2 gravi problemi di coordinazione nei quattro arti, dal 3 al 10 gli amputati come Simome Barlaam oppure il portabandiera Federico Morlacchi, dall’11 al 13 i ciechi e gli ipovedenti, come Carlotta Gilli. Nella scherma, sport di Bebe Vio, le armi sono le tre classiche e gli atleti gareggiano su carrozzine fissate a un telaio sulla pedana. Il bersaglio valido per il fioretto e la sciabola è lo stesso della scherma olimpica, mentre nella spada è tutta la parte del corpo sopra la cintura. Le gambe sono isolate con un telo a maglie metalliche indossato dall’atleta.

Ci sono poi sport che non hanno differenze con la versione olimpica, come la canoa, con le due specialità: il kayak, che si pratica con una pagaia a doppia pala, e il Va’a (piccola barca nell’idioma polinesiano) dove si usa la pagaia monopala, specialità di Veronica Biglia.

Tre le sigle nel canottaggio: Pr1 dove l’atleta utilizza solo le braccia e le spalle; Pr2 con atleti amputati a entrambi gli arti inferiori; Pr3 per non vedenti e amputati a un arto. Nel ciclismo sono 12 le classificazioni: da H1 a H5 per gli handbikers (tra i quali l’immensa Francesca Porcellato, alla sua undicesima partecipazione paralimpica, otto estive e quattro invernali, la prima fu a Seul 1988), T1 e T2 per i tricicli, da C1 a C5 per chi utilizza le normali biciclette.

L’unica disciplina equestre inclusa in agenda è il dressage, l’espressione dell’addestramento del cavallo, montato secondo le medesime regole della disciplina olimpica. Il judo è riservato solo ai disabili visivi, i quali prima che il match inizi afferrano manica e bavero del judogi dell’avversario e restano immobili. Nella pesistica il gesto prevede la distensione su panca piana da una posizione supina. Godetevi le gare e fatevi trasportare in una nuova dimensione dalle gesta di questi atleti valorosi. Nei prossimi dodici giorni più che lettere e numeri in copertina finiranno le storie dei medagliati.





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