mercoledì 5 giugno 2024
Ad Abomey, in Benin, uno studio sui materiali da costruzione conferma come un edificio regale fu costruito con il liquido organico di 41 vittime di sacrifici voodoo
Le pareti rosso sangue delle capanne funerarie di re Ghezo

Le pareti rosso sangue delle capanne funerarie di re Ghezo - Proteomics 2024

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C’è una città in Benin, chiamata Abomey, che sta richiamando l’attenzione di archeologi per fatti che lasciano sgomenti. Si raccontava infatti, quasi fosse una leggenda, che un palazzo regale fosse stato costruito utilizzando il sangue di 41 vittime di sacrifici voodoo. Sembrava leggenda ed invece è realtà in base ai dati di una recente ricerca. Capitale dell’antico regno del Dahomey, Abomey fu sede di 12 re che si susseguirono l’un l’altro , i quali governarono dal XVIII all’inizio del XX secolo. Il nono re, Ghezo, salì al trono dal 1818 al 1858 ed era noto per la sua severità se soprattutto per la sua brutalità militare. Basti dire che il recente studio, pubblicato su Proteomics, conferma che “il vicolo che conduceva alla sua dimora era lastricato con teschi e mascelle dei nemici sconfitti”, mentre il suo trono era “appoggiato su teschi di quattro leader nemici”.

Le ricerche hanno anche dimostrato che all’interno del complesso del suo palazzo c’erano due capanne funerarie dove il legante delle pareti non è malta standar del periodo, bensì olio rosso e acqua mescolati con il sangue presumibilmente di 41 vittime sacrificali, un numero considerato sacro nel voodoo. Al momento non si è certi del numero di persone che versarono realmente il loro sangue per la costruzione di quell’edificio, ma è molto probabile – dicono i ricercatori – che il numero fosse quello, proprio per il valore simbolico di quel numero. Le vittime erano probabilmente schiavi o prigionieri di popolazioni nemiche come gli Yoruba, un gruppo contro i quali Ghezo combattè più volte. Per determinare l’esatta composizione della malta, gli autori dello studio hanno utilizzato la spettrometria di massa ad alta risoluzione, che ha permesso loro di caratterizzare le proteine presenti all’interno del rivestimento. I risultati proteomici infatti, hanno confermato la presenza di emoglobina e immunoglobuline provenienti sia dall'uomo che dai polli, dimostrando che il legante delle pareti è effettivamente costituito da sangue umano.

I palazzi regali di Abomey, dove governarono i re guerrieri

I palazzi regali di Abomey, dove governarono i re guerrieri - Homo Cosmicos

Lo studio ha permesso di ottenere anche ulteriori conoscenze circa i rapporti che il Benin aveva con il mondo europeo di allora. Con sorpresa dei ricercatori infatti, si è scoperto che nei ruderi delle capanne ci sono tracce di grano, che non veniva coltivato nell'Africa sub-sahariana, in quanto arrivò molto tempo dopo la morte di Ghezo. “Per spiegare tale presenza va ricordato – dicono i ricercatori - che Ghezo era un grande sostenitore dell'imperatore francese Napoleone III e spesso inviava doni diplomatici come tessuti, armi e cipree dal Benin alla Francia. È quindi possibile che il grano possa aver circolato nella direzione opposta, con baguette francesi e altri prodotti da forno presentati a Ghezo e successivamente incorporati nel mortaio del suo palazzo come parte di un'offerta sacrificale.

Oggi Abomey, la terza città più grande del Benin, è una delle maggiori attrazioni turistiche per via dei complessi e delle tombe dei palazzi regali. I palazzi furono costruiti fra il XVII e il XIX secolo. Sono un gruppo di costruzioni in terra e costituiscono uno dei siti storici più famosi e rilevanti dell'Africa occidentale. Durante il periodo dei re il complesso dei palazzi si arricchì di sculture, bassorilievi e murales. I bassorilievi, in particolare, hanno un valore storico unico in quanto, in un regno che non aveva una lingua scritta, erano una sorta di libro che documentava le vicende dei re, le vittorie militari, le usanze e i rituali dell'epoca. Dai bassorilievi, per esempio, sappiamo che l'esercito di Dahomey era composto anche da donne-guerriero. La bellezza e il valore dei palazzi hanno fatto sì che siano stati inseriti nella ista del patrimonio mondiale dell’Unesco nel 1985.

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