Pioggia di nomination tra cui miglior film per “Chiamami col tuo nome”, delicata storia di un amore gay ispirata a Bertolucci Tredici candidature per Del Toro Per i siti stranieri non sono state certamente una sorpresa le quattro nomination agli Oscar per Call me by your name ( Chiamami con il tuo nome il titolo italiano) di Luca Guadagnino: le previsioni davano sei candidature. Sono arrivare quelle a miglior film, migliore attore, migliore sceneggiatura non originale e miglior canzone. Ma il regista non è la sola presenza italiana nelle nomination: gli fa compagnia Alessandra Querzola, candidata per le scenografie di Blade Runner 2049. Sul palco del Dolby Theatre il prossimo 4 marzo Guadagnino dovrà vedersela con La Forma dell’acqua, il film di Guillermo del Toro già vincitore del Leone d’oro a Venezia che guida il gruppo con tredici nomination. Gli altri candidati a miglior film sono Dunkirk di Christopher Nolan (otto nomination), Tre manifesti a Ebbing, Missouri (sette); Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson (sei); Scappa: Get Out di Jordan Peele; Lady Bird di Greta Gerwig.
Nomination politicamente corrette: una regista – Gerwig, quinta donna nella storia a entrare nella cinquina – diversi attori afroamericani: Octavia Spencer, Mary J Blige nella categoria migliori attrici non protagoniste, Denzel Washington e Daniel Kaluuya in quella dei migliori attori protagonisti. In gara tra le attrici una leggenda come Meryl Streep, giunta alla nomination numero 21, Frances McDormand, Saoirse Ronan, Margot Robbie e Sally Hawkins, Allison Janney, Lesley Manville, Laurie Metcalf tra le attrici e con Christopher Plummer, subentrato all’ormai caduto in disgrazia Kevin Spacey in Tutti i soldi del mondo, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Richard Jenkins e Willem Dafoe, tutti non protagonisti, e con pesi massimi del calibro di Daniel Day Lewis e Gary Oldman fra i protagonisti, insieme al giovane Timothée Chalamet, protagonista del film di Guadagnino.
Ha conquistato il pubblico dei maggiori festival internazionali come il Sundance, Berlino, Toronto, San Sebastian e Londra ancora prima ancora che il pubblico italiano sapesse della sua esistenza. Ora con quattro nomination all’Oscar come miglior film e per la sceneggiatura, l’attore protagonista è la canzone originale ( Mistery of Love, firmata da Sufjan Stevens), Chiamami col tuo nome arriverà anche nelle nostre sale domani, ma il ritardo dimostra quando il regista sia decisamente più conosciuto e apprezzato all’estero che nel nostro paese. Tratto dal romanzo di André Aciman, il film è il racconto dell’estate del diciassettenne Elio (interpretato da Timothée Chalamet, nonimanto agli Oscar) che nella casa di campagna dove nel 1983 trascorre le vacanze con la famiglia si abbandona al desiderio per l’americano Oliver (Armie Hammer), che sta lavorando al dottorato con suo padre, docente universitario. La sceneggiatura, scritta con James Ivory, era ambientata in Sicilia, ma il regista ha trasferito l’ambientazione nella città dove vive, Crema, e dove si respira anche l’aria della Pianura Padana raccontata da Bernardo Bertolucci in La luna, scegliendo come set una grande casa legata ad antiche tradizioni familiari. Così le nuotate del libro sono state sostituite dalle biciclettate, la salsedine dai pioppi, dalle mucche e dai fossi.
L’obiettivo era quello di rispettare l’essenza del romanzo senza però prenderlo alla lettera, concentrandosi soprattutto sul cambiamento del giovane protagonista che nel corso di qualche settimana prende coscienza della propria identità e di stravolgimenti emotivi destinati a cambiare il corso della sua vita. Guadagnino chiude così la sua ideale trilogia sul desiderio cominciata con Io sono l’amore (in quell’occasione la stampa straniera lo aveva definito il nuovo Luchino Visconti) e seguita con A Bigger Splash, presentato al Festival di Venezia. Ma questa volta il regista, che rivedremo sul grande schermo con il remake di Suspiria di Dario Argento, sembra ispirato da una compo-stezza, un’eleganza stilistica e un equilibrio narrativo mai raggiunti prima. Pur rendendo omaggio ai suoi maestri – tra cui figura il già citato Bertolucci – Guadagnino mette da parte la maniacale ricerca di un’estetica che nei film precedenti rischiava di raffreddare tutto e, dando prova di una raggiunta maturità, ci mette il cuore, la propria anima, con una serenità e una leggerezza mai riscontrate prima nel suo cinema. Alcune scene sono esplicite ma mai volgari, e la passione che cresce tra i due giovani si inserisce nel riuscitissimo affresco di una città di provincia dove la noia estiva si sposa al languore e dove le atmosfere, i tempi dilatati, le attese sono più importanti e suggestive della storia d’amore. Ben ritratta anche la famiglia di Elio, figlio di intellettuali aperti al mondo e ai suoi mutamenti, che in una scena del film discutono insieme agli amici di Craxi e Pentapartito, quasi a ricordarci che oggi, nonostante i protagonisti della politica italiana siano cambiati, a tavola si parla ancora delle stesse cose. Il Guadagnino di Chiamami col tuo nome, che sceglie un cast di attori poco noti invece delle grandi star con cui ha lavorato finora, è insomma un regista in stato di grazia, adorato ora più che mai dagli americani, conquistati dalla sua raffinatezza, e pronti a evocare le candidature agli Oscar con la convinzione che all’Italia è mancata. Ai Golden Globes non è andata bene, ma il prossimo 4 marzo potrebbe essere tutta un’altra storia.