mercoledì 10 aprile 2019
Un album autobiografico tra rabbia e speranza. Guarda il video
Fabrizio Moro: mi ha salvato la fede e credere in me

«La fede mi ha salvato. La fede in me stesso nei momenti difficili e la fede verso Dio. Sì, io credo in Dio, sono fermamente convinto che una mano invisibile stia guidando il mio percorso». È il Fabrizio Moro che non t’aspetti quello che, occhiali scuri, tatuaggi e aria da duro, ti spiega con sincerità il motivo piu profondo da cui è nato Ho bisogno di credere, il primo singolo (ora in rotazione) del decimo album di inediti del cantautore romano, Figli di nessuno in uscita il 12 aprile.

Un album autobiografico, che esprime rabbia, fatica, dolore ma che apre a una rinnovata positività a due anni da Pace che raccontava già una ricerca. Serenità ritrovata anche grazie a due anni di successi, dalla vittoria di Sanremo nel 2018 accanto ad Ermal Meta con Non mi avete fatto niente e il quinto posto all’Eurovision Song Contest dello stesso anno. E, a proposito del Sanremo recente, in cui il suo amico ed “erede” Ultimo è arrivato secondo esternando contro i giornalisti, aggiunge: «Ha sbagliato e mi sono arrabbiato. Ma è un ragazzo sincero e l’unico talento giovane senza sovrastrutture che vedo in giro, altroché quella roba che è la trap».

Come dicevamo, il singolo di lancio ripete come un mantra la parola fede, anche se, canta, «per descrivere la fede non servono parole / la fede è un conduttore fra un dubbio e questo immenso». «Spesso mi capita di pregare credendo che qualcuno mi stia ascoltando – aggiunge Moro –. Anzi, quando mi sono affidato alla spiritualità, al posto di arrovellarmi su come riuscire quando mi andava male nella musica e nella vita, le cose si sono risolte». Non che non risenta anche questo disco delle amarezze e delle lotte per affermarsi nel panorama nazionale a 44 anni, dove Moro canta con la sfrontatezza dell’ex ragazzo di periferia l’orgoglio di avercela fatta, lui, uno dei tanti Figli di nessuno che hanno lavorato solo con le proprie forze e sono Quasi riusciti, come canta con grinta punk rock nei brani citati. Ricordando con simpatia anche gli inizi con la prima band in parrocchia, quando, canta in Non mi sta bene niente «suonavo il punk all’oratorio» e «non aveva torto il prete... / quando diceva che sarei finito in Purgatorio» come aggiunge nella “sincopata” ed energica Arresto cardiaco.

«Don Claudio, si chiamava il mio parroco – ricorda il cantante con un sorriso –. Io sono nato nel quartiere di San Basilio, ma sono cresciuto a Guidonia dove non c’era niente e l’oratorio era il centro di tutto. Noi ragazzi ci vedevamo lì, giocavamo, suonavamo...». E, a proposito di ragazzi, nell’album, come nella vita del cantante, hanno un ruolo centrale i figli. Fa tenerezza l’immagine di quel bambino che il padre sta portando a scuola e che vede «stanco silenzioso e spento / debole come un filo d’erba che attraversa il vento».

Filo d’erba è dedicata al figlio più piccolo, di sei anni, «in cui rivedo me da bambino – aggiunge –, introverso, fragile. Ho paura di non riuscire ad aiutarlo ad avere una corazza per difendersi dal mondo. Io fin da ora sto cercando di responsabilizzarlo, di fare in modo che sappia cavarsela da solo». Paure di un padre separato che trova risposta nell’amore e nell’abbraccio dei suoi figli, e che esprime in due dolci ballate, Come te e Quando ti stringo forte. «L’amore per i miei figli è la cosa più grande che ho. Sono separato da diversi anni, non sono innamorato e la donna di cui parlo è mia figlia che ha dieci anni. Grazie a lei sono cresciuto tanto».

Infine un canto d’amore per l’Italia, Me ’nnamoravo de te, un brano politico che attraversa gli anni ’70 di Berlinguer e Carosello, gli ’80 di Pertini e dell’alternanza in parlamento, i ’90 della caduta del muro di Berlino e dove «saltano in aria giudici e scorte». «L’Italia s’è desta fra santi e assassini / appare cattiva, ladra e fallita / ma è solo stuprata, confusa e impaurita» canta con una voce graffiata di dolore. Ma una speranza c’è, ci conferma Moro: «La via d’uscita siamo noi, impegnandoci tutti nel nostro piccolo possiamo fare molto». A ottobre intanto affronterà i suoi primi palasport: il 12 ad Acireale (Catania), il 18 e 19 a Roma, il 26 a Milano. Quattro date a cui ne seguiranno altre. «Per la prima volta in undici anni non suono d’estate: vado al mare con i bambini».

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