martedì 18 marzo 2025
Una ricerca pubblicata sull'Oxford Journal of Archaeology ha gettato nuova luce su un aspetto sorprendentemente trascurato dell'arte antica: l'uso di profumi e sostanze aromatiche
Ricostruzione di una "kore" arcaica per la mostra Bunte Götter

Ricostruzione di una "kore" arcaica per la mostra Bunte Götter - WikiCommons

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Una ricerca, pubblicata sull'Oxford Journal of Archaeology, ha gettato nuova luce su un aspetto sorprendentemente trascurato dell'arte antica: l'uso di profumi e sostanze aromatiche per far risaltare le sculture greco-romane. Questa ricerca, condotta dall'archeologa Cecilie Brøns, sfida la visione tradizionale dell'arte classica come esperienza puramente visiva, rivelando una dimensione sensoriale olfattiva di straordinaria ricchezza. Per secoli, l'arte greco-romana è stata studiata prevalentemente attraverso la lente dell'analisi visiva, focalizzandosi su forma, colore e tecnica, ma la ricerca della Brøns dimostra che le sculture antiche erano concepite per stimolare molteplici sensi e non solo la vista. Le statue, non solo erano spesso policrome e adornate con tessuti e gioielli, ma venivano anche impregnate di profumi, trasformando l'esperienza di osservazione in un evento multisensoriale. La pratica di profumare le statue è ampiamente documentata in testi letterari ed epigrafici, ma finora non si avevano prove tangibili. Autori classici come Cicerone e Callimaco ad esempio, descrivono l'usanza di ungere con profumi le statue di divinità e personaggi illustri. In particolare Cicerone menziona l'uso di profumi per la statua di Artemide a Segesta, Callimaco in un epigramma, descrive come la statua della regina Berenice II d'Egitto fosse cosparsa di profumo e Pausania narra che la statua di Zeus a Olimpia veniva unta con olio d'oliva per proteggere l'avorio dall'umidità.

I profumi non avevano solo una funzione estetica, ma anche un profondo significato rituale. Nell'antica Grecia e a Roma, le fragranze esotiche e gli oli profumati erano offerti agli dei come segno di devozione. Nel santuario di Delo, iscrizioni epigrafiche forniscono dettagli sui costi e sulla composizione dei profumi utilizzati per la "kosmesis" (ornamento) delle statue di Artemide ed Era. I profumi utilizzati includevano olio d'oliva, cera d'api, natron (carbonato di sodio), profumi alla rosa e altre essenze di origine vegetale e animale. La tecnica di applicazione più diffusa era la "ganosis", che prevedeva l'uso di cere e oli per preservare e abbellire la superficie delle statue. Vitruvio e Plinio il Vecchio descrivono l'uso di cera pontica (un tipo di cera d’apio prodotta nella regione del Ponto) e oli speciali per proteggere le sculture dallo scolorimento e conferire loro lucentezza.

Una delle scoperte più significative della ricerca della Brøns è il ritrovamento di laboratori di profumeria a Delo, che conferma la produzione locale di fragranze per i rituali. Nonostante il tempo abbia cancellato la maggior parte delle fragranze, alcune tracce sono sopravvissute, come ad esempio tracce di cera d'api individuate sulla superficie del ritratto della regina Berenice II, suggerendo un trattamento con un bagno profumato. Questa ricerca aggiunge novità e conferme circa la nostra comprensione dell'arte greco-romana, dimostrando che le sculture erano concepite per un'esperienza multisensoriale. La ricerca inoltre ha messo in luce che i profumi – che erano spesso conservati in contenitori di alabastro – erano prodotti anche con ingredienti esotici, come cassia (una spezia aromatica derivata dalla corteccia dell'albero Cinnamomum cassia, originario della Cina meridionale e del sud-est asiatico), incenso, mirra, cannella e nardo (si ricava dalla Nardostachys jatamansi, una pianta erbacea che cresce sulle montagne dell'Himalaya).

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