Gli scaffali della Sala di Consultazione nella sede milanese della Cattolica in largo Gemelli.
Comincia dalla Facoltà di Lettere e Filosofia l’inchiesta dedicata all’Università Cattolica del Sacro Cuore nel centenario della sua fondazione, avvenuta il 7 dicembre 1921. Unica per capillarità sul territorio grazie ai campus di Milano, Roma, Brescia, Piacenza e Cremona, la Cattolica si conferma ancora oggi un laboratorio insostituibile per il dialogo fra discipline differenti, per la ricerca in ambito umanistico e scientifico, per la spinta progettuale che tante volte, in passato, ha sostenuto la crescita del Paese.
La Patrologia Latina è sempre lì, al suo posto. Più avanti ci sono le altre collezioni dei classici e da qualche parte, conservata ormai come un cimelio, c’è anche la prima edizione dell’Index Thomisticus : un caposaldo dell’integrazione fra studi umanisti e tecnologie digitali, allestito da padre Roberto Busa alla fine degli anni Settanta e oggi consultabile in rete. Per il resto, anche la Sala di Consultazione di largo Gemelli è e non è la stessa di una volta. Oggi intitolata a Giuseppe Billanovich (il grande filologo che nel dopoguerra diede un impulso fondamentale allo sviluppo della biblioteca della Cattolica, ancora oggi frequentata anche da studiosi di altre università), è stata di recente dotata di numerose postazioni informatiche, a riprova di un’integrazione sempre più stretta fra tradizione e innovazione. Insomma, la Sala di Consultazione è il posto giusto da cui partire per capire che cosa sia adesso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo fondato un secolo fa da padre Gemelli.
E per sfatare due luoghi comuni, entrambi deleteri. Il primo è che qui si studi solo il passato. Il secondo, ancora più insidioso, è che studiare il passato serva solo a comprendere il passato. «Dal prossimo anno – annuncia il preside Angelo Bianchi – attiveremo un nuovo insegnamento, dedicato ai cristianesimi d’Oriente. È una decisione che abbiamo preso dopo la visita di papa Francesco in Iraq, un evento la cui portata rivoluzionaria può essere apprezzata solo se si dispone di un’adeguata consapevolezza storica. Per noi è un investimento sul futuro, così come lo è l’attenzione che la Facoltà continua a dedicare alla formazione degli insegnanti, il cui ruolo, preziosissimo per l’intera società, non va mai dato per scontato, come abbiamo avuto modo di constatare durante quest’anno di pandemia».
Arrivato in Cattolica da studente, con l’intenzione di approfondire la conoscenza dell’antichità, proprio in queste aule Bianchi ha scoperto la sua vocazione di storico dell’età moderna: «Tutta colpa di Nicola Raponi, uno dei tanti maestri su cui poggia il prestigio della Facoltà – scherza –. Il suo corso sulla formazione dello Stato laico mi fece capire che nell’Ottocento era accaduto qualcosa che ancora ci riguarda. Ecco, questa capacità di suscitare interesse e di garantire la libertà nel coltivarlo rimane il tratto caratteristico degli studi umanistici, grazie al quale l’attuale varietà di proposte viene sempre ricondotta a unità».
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L’anno di costituzione della Facoltà di Lettere e Filosofia, che assume questa conformazione in seguito alla riforma Gentile del 1923 I corsi, in realtà, erano iniziati fin dal 1921
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Gli studenti attualmente iscritti nelle sedi di Milano e Brescia, presso le quali si svolgono le attività della Facoltà (dati aggiornati ad aprile 2021)
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La conferma viene dalla massmediologa Mariagrazia Fanchi, che dirige Almed, l’Alta scuola in Media comunicazione e spettacolo che, insieme con il Dipartimento guidato da Fausto Colombo, raccoglie i ricercatori e i docenti impegnati su questi temi. «Non è un caso che in Cattolica i corsi di comunicazione siano inizialmente nati a Lettere, secondo una modalità poi ripresa da altri atenei – sottolinea Fanchi –. L’obiettivo era quello di favorire uno sguardo interdisciplinare, che permettesse di dare applicazione alla riflessione sulle comunicazioni sociali espressa dal Vaticano II con il decreto conciliare Inter mirifica. Quella volontà, che risale a figure come Mario Apollonio, Gianfranco Bettetini e, in particolare, Virgilio Melchiorre, rivive adesso attraverso le cosiddette public humanities, che si concentrano sugli effetti dei media in ambito sociale, politico e civile». Lo studio della letteratura non è estraneo a questo processo.
«A essersi aggiornata è principalmente la prospettiva nella quale si inquadrano i fenomeni – osserva l’italianista Giuseppe Langella, coordinatore tra l’altro della laurea magistrale in Filologia moderna –. In questa fase, per esempio, ci si interroga sul rapporto fra l’uomo e la natura più che sul paesaggio, sulla relazione con l’altro più che sull’identità, sui momenti di crisi più che sulla continuità storica. La convinzione di fondo rimane quella di essere chiamati a trasmettere un patrimonio vivo e fecondo di civiltà, dal quale può venire il vaccino indispensabile per combattere il virus di una barbarie fin troppo seducente nella sua rassicurante superficialità».
Procedendo a ritroso nel tempo, questa certezza non si affievolisce. Anzi, se possibile, si rafforza ulteriormente: «Il rigore del metodo, anche e specialmente nello studio delle lingue, è il punto di partenza irrinunciabile – ribadisce la grecista Antonietta Porro, direttrice del Dipartimento di Filologia classica –. Con il passare degli anni, però, sta prendendo sempre più spazio l’attitudine alla comparazione con il mondo classico, finalmente riconosciuto nel suo profilo di complessità, poliedricità e coesistenza tra culture differenti. Noi stessi siamo diversi dagli antichi, ed è su questo elemento che occorre fare leva per evitare di rinchiudere il passato in una visione monumentale. Per la nostra Facoltà tutto questo si traduce in un rinnovato impegno nella formazione degli insegnanti, oltre che in progetti di divulgazione spesso rivolti alle scuole». Anche in ambito artistico, l’attenzione al presente rappresenta una costante della Facoltà.
«Grazie all’iniziativa di Luciano Caramel, la Cattolica avviò già negli anni Ottanta il corso di storia dell’arte contemporanea », ricorda Francesco Tedeschi, oggi titolare del medesimo insegnamento, oltre che direttore del master in Arts Management realizzato in collaborazione con la Facoltà di Economia. «La complementarietà fra le discipline è sempre più importante – avverte – e permette di allargare il ventaglio degli sbocchi professionali, che vanno dall’organizzazione di mostre ed eventi al coinvolgimento in musei, istituzioni, progetti di ricerca. Nel suo complesso, il settore dei beni culturali si sta dimostrando molto ricettivo, senza che questo comporti un allentamento dei criteri di scientificità.
C’è molto da imparare, anche per noi docenti. Specie per quanto riguarda il linguaggio dei social, sono i giovani a fornirci gli stimoli e i modelli più efficaci». L’innovazione è un versante che sta molto a cuore al filosofo Massimo Marassi, a sua volta direttore di un apprezzato master (che dal prossimo anno prenderà la denominazione di Filosofia e Management) condiviso con la Facoltà di Economia: «Sempre più spesso le aziende puntano sulla duttilità di pensiero più che su competenze specifiche – afferma – e da questo punto di vista la mentalità del filosofo è particolarmente ricercata. In generale, non si tratta di trasmettere un sapere codificato, ma di favorire un processo individuale o, meglio, personale che nella tradizione della Cattolica comporta un costante riferimento alla trascendenza, intesa come eccedenza della realtà rispetto alla sua manifestazione esteriore. La metafisica è appunto la disponibilità a confrontarsi con qualcosa che non è oggetto di dimostrazione.
Detto altrimenti, è la forma più alta di apertura alla complessità». Una constatazione, questa, che trova pienamente d’accordo il preside della Facoltà: «Da noi – conclude Bianchi – si impara principalmente a farsi le domande giuste».